Tutto quello che sappiamo sull’AI art (finora)

Tutto quello che sappiamo sull’AI art (finora)

Anna Frattini · 2 settimane fa · Art

Che cos’è l’AI generated art? Come sta cambiando il mondo dell’arte contemporanea? Queste sono solo alcune delle domande che sorgono spontanee ogni volta che ci imbattiamo in opere generate attraverso l’Intelligenza Artificiale. Fra polemiche e opportunità per il futuro, questa nuova tecnologia rappresenta una delle rivoluzioni più significative degli ultimi anni in campo creativo. Questo carico di novità porta con sè anche un lato oscuro da non sottovalutare.

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Farming, l’opera di Federica Di Pietrantonio in mostra dal 24 maggio a Roma negli spazi di WEGIL | Courtesy Federica Di Pietrantonio

Partiamo dall’inizio. L’AI art consente di creare un’immagine originale partendo da un prompt – ovvero un’istruzione o un comando testuale. Tutto questo è possibile su piattaforme come Stable Diffusion o Midjourney, utilizzando la tecnologia delle reti neurali. Con i prompt si possono dare indicazioni di qualsiasi tipo, in grado di influenzare il risultato dell’immagine finale in modo significativo. In breve, gli AI generators vengono addestrati utilizzando un vastissimo numero di immagini, spesso prese da Internet, per generare nuove illustrazioni senza riferimenti pregressi.

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Artisti che lavorano con l’Intelligenza Artificiale

Il mondo dell’AI art è pieno di opportunità per l’arte contemporanea e sono moltissimi gli artisti che lavorano in questa direzione. Uno fra tutti è Refik Anadol, fra i primi a lavorare con questo tipo di tecnologia durante una residenza artistica da Google, sette anni fa. Le sue opere si trasformano, reagiscono ai movimenti dello spettatore o ad agenti esterni e non si ripetono mai. Unsupervised – l’opera di Anadol in mostra al MoMA – è una riflessione sulla tecnologia, sulla creatività e sull’arte moderna.

Un altro artista al lavoro in questo campo è Lawrence Lek, la cui ricerca si concentra sull’esplorazione delle opportunità legale all’Intelligenza Artificiale per come si manifesta sia nella pop culture che sul fronte della tecnologia in senso più ampio.

Black Cloud (2021), un’installazione di Lawrence Lek | Courtesy Lawrence Lek

In Italia, l’estate scorsa Roberto Fassone ha provato a nutrire idealmente un’Intelligenza Artificiale con dei funghi allucinogeni per ricevere output in grado di far trasparire un qualche tipo di coscienza inaspettata da Combo, a Torino. Mara Oscar Cassiani invece si cimenta in una speculazione sulla possibilità di innamorarsi con l’Intelligenza Artificiale. Ai Love, Ghosts and Uncanny Valleys <3. I broke up with my Ai and will never download them again è la sua opera inclusa in Spark and Frictions, la mostra collettiva dedicata al rapporto fra arte contemporanea e AI dal 24 maggio a Roma negli spazi di WEGIL, hub culturale della Regione Lazio. In questa occasione esporranno artisti italiani e internazionali fra cui Federica Di Pietrantonio, Alice Bucknell, Yue Huang e tanti altri.

Ai Love, Ghosts and Uncanny Valleys <3. I broke up with my Ai and will never download them again | Courtesy Mara Oscar Cassiani

Il lato oscuro dell’AI art

D’altro canto, l’esplorazione di nuove possibilità e le opportunità di incontro fra vari medium e artisti lasciano spazio a svariati problemi in campo etico. L’utilizzo di database così ampi porta in campo questioni di copyright da non sottovalutare. Uno dei casi più eclatanti è quello di un gruppo di artiste – Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz – che ha intrapreso una class-action contro alcune aziende dietro ad AI generators, dichiarando che i servizi violano le leggi sul copyright e la concorrenza sleale. Nello specifico, questa class-action, si schiera contro Midjourney Inc, DeviantArt Inc – dietro a DreamUp – e Stability A.I. Ltd, l’azienda che ha lanciato Stable Diffusion. Si aggiunge a ruota anche Getty Images, portando in tribunale Stability A.I., dichiarando di aver trovato oltre 15,000 fotografie appartenenti ai suoi archivi nel dataset di Stable Diffusion. Ancora non è chiaro se si creerà un precedente e quindi un possibile monopolio di tutte queste immagini o se si troverà un accordo, ma c’è una novità. Ascendant Art è la nuova piattaforma di AI generated art che promette di impegarsi a pagare le royalties a tutti gli artisti che inviano i propri lavori per addestrare l’algoritmo. Funzionerà?

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Courtesy Ascendant Art

Il lato scuro dell’AI art rimane legato a tutto quello che l’Intelligenza Artificiale è riuscita ad assorbire e che può applicare. Ora, senza essere ancora riusciti a delimitare i confini di questo tipo di tecnologia, non ci rimane che aspettare di vedere quali saranno le misure legislative da mettere in atto per tutelare artisti e spettatori.

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Il magico mondo di Joann

Il magico mondo di Joann

Anna Frattini · 1 settimana fa · Art

Di Joann si sa poco e niente. Sappiamo però che è un’AI artist e che risulta molto difficile staccare gli occhi dal suo feed di Instagram. Ci sono monumenti gonfiabili, ritratti stranianti e ambienti dai dettagli onirici insieme a collaborazioni con brand come Adidas, Nike e GCDS. Joann mette in scena ambienti surreali come nel caso di ‘Inflatable Wonders’, la serie che immagina monumenti iconici come grandi gonfiabili. Dalla Torre Eiffell fino alla Torre di Pisa passando per Stonhenge, le Piramidi e il Colosseo.

I post di Joann hanno conquistato un successo incredibile su Instagram riuscendo a mostrarci scenari e luoghi quasi magici. Il trucco di questa AI artist sta nell’intersecare l’arte generativa con monumenti iconici come in ‘Inflatable Wonders’ oppure giocare con la nostra immaginazione generando personaggi o situazioni difficili da replicare nella vita quotidiana.

Joann ai art

Di AI art ne abbiamo già parlato, ma cosa rende queste immagini così accattivanti? La risposta sta sicuramente nel fascino scaturito da questo nuovo filone dell’arte contemporanea. Pop culture, creatività e arte si amalgamo portando artisti come Joann a creare immagini d’impatto imperdibili.

Joann ai art
Joann ai art

Courtesy immagini Joann

Il magico mondo di Joann
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L’unicità visionaria di Satoshi Kon

L’unicità visionaria di Satoshi Kon

Andrea Tuzio · 1 settimana fa · Art

Quando la fantasia e la realtà si mescolano a tal punto da far sfumare quasi completamente il confine che le divide. 
Se si potesse racchiudere in una frase la poetica del visionario regista, sceneggiatore, illustratore e manga artist giapponese Satoshi Kon, questa è quella che – pur estremamente riduttiva per via del suo sconfinato talento ed estro creativo – più di altre si avvicina alla realtà. 
La sua capacità di plasmare i mondi che lui stesso creava in un modo così peculiare e riconoscibile, lo pone senza nessun dubbio tra i più grandi e decisivi registi di anime di sempre.

Satoshi Kon nasce a Sapporo, sull’isola di Hokkaido, il 12 ottobre del 1963. Studia nella sua città natale diventando compagno di classe e amico intimo del mangaka Seihō Takizawa e, mentre frequenta la Hokkaido Kushiro Koryo High School, Kon si rende conto che la sua aspirazione è quella di diventare un fumettista e di lavorare nel mondo dell’animazione.

Nel 1982 inizia a frequentare il corso di graphic design alla Musashino Art University di Tokyo e, mentre è ancora uno studente, debutta come manga artist con il breve racconto dal titolo Toriko, guadagnandosi le attenzioni di un altro gigante dell’animazione giapponese, Katsuhiro Ōtomo – il papà di Akira per intenderci, al quale Kon tra l’altro contribuirà – che lo vorrà come suo assistente. Questo legame segnerà in modo significativo l’inizio di carriera di Kon.

Terminerà gli studi nel 1987 e nel 1990 scrive il suo primo manga in volume unico, dal titolo Kaikisen, oltre a scrivere la sceneggiatura del live-action di Ōtomo, World Apartment Horror e, l’anno successivo sempre per Ōtomo, lavorerà per la prima volta come direttore artistico e animatore al film Roujin Z, scritto proprio dal leggendario mangaka. 

La svolta della sua carriera però arriva nel 1992, quando lavora scrivendone la sceneggiatura, a Magnetic Rose – il primo episodio dei tre che compongono il film d’animazione Memories, tratto dai manga di Ōtomo. Qui Kon si cimenta per la prima volta con quello che diventerà il tratto distintivo della sua narrazione e della poetica all’interno delle sue opere, la fusione tra realtà e fantasia.  

Alcuni dei suoi capolavori come Perfect Blue (1997), Tokyo Godfathers (2003) e Paprika – Sognando un sogno (2006), rappresentano un unicum nel panorama dell’animazione giapponese e una reference costante per il cinema contemporaneo, ispirando registi del calibro di Darren Aronofsky e Christopher Nolan

Un vero maestro del surrealismo, dell’erraticità del racconto, della fuggevolezza della memoria, della mutevolezza della realtà che mai sembra essere ciò che è, portando lo spettatore a intraprendere un viaggio i cui limiti sono assolutamente sconosciuti, sconfinando nell’onirico e nel fantastico nonostante il realismo sia però sempre molto presente. L’estrema sensibilità che traspare in modo evidente dalle opere di Kon e il suo stile fluido e instabile, compongono un puzzle fatto di genio e consapevolezza, di creatività senza compromessi e visione senza eguali. Si allontana dalla fantascienza estremizzata di Ōtomo per abbracciare tematiche più legate alla tradizione giapponese, come la natura e il mito. Futuro e misteri primordiali si mescolano alla perfezione anche grazie a un tratto pulito e realistico, in controtendenza con quello che l’animazione giapponese aveva espresso tra gli anni ’70 e ’80.

Purtroppo il viaggio terreno di Satoshi Kon è terminato prematuramente il 24 agosto del 2010, a soli 46 anni, per un tumore al pancreas. Queste sono le parole di commiato pubblicate poco di prima di morire sul suo sito, affidate a un post dal titolo eloquente, Sayonara, parlando della sua malattia e del lavoro, che mai porterà a termine, che stava dedicando a quello che sarebbe stato il suo ultimo lungometraggio, intitolato, Yumemiru Kikai
“Pieno di gratitudine per tutto ciò che di buono c’è nel mondo, poso la mia penna. Con permesso”.

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Le acque tormentate di ReA! Fair

Le acque tormentate di ReA! Fair

Giorgia Massari · 1 settimana fa · Art

Dall’autunno 2020, ogni anno la fiera d’arte indipendente ReA! propone una selezione di 100 artisti emergenti internazionali e di grande talento. Durante la terza edizione dell’anno scorso, svoltasi ad ottobre nei bellissimi spazi della Fabbrica del Vapore di Milano, una giuria di esperti ha selezionato dieci artisti per il premio ReA! Art Prize 2022. I vincitori sono oggi protagonisti della mostra collettiva “Troubled Waters”, aperta fino al 28 maggio da Lampo (all’interno del complesso riqualificato di Scalo Farini).

Troubled Waters ReA! Fair | Collater.al

La mostra, curata dal team curatoriale di ReA! (Maria Myasnikova, Rita Meschiari, Erica Massaccesi, Paola Shiamtani, Milena Zanetti e Vittoria Martinotti), pone in dialogo le opere dei giovani artisti Dario Filippis, Gabriel Cautain, Lea Colombier, Michele Bazzoli, Omar Gabr, Qikai Guo, Simla Iceli, Stefano Ferrari, Tarzan Kingofthejungle e Yingming Chen. Tutti con background diversi e pratiche artistiche eterogenee. 

Il tema scelto dalle curatrici celebra l’errore come possibilità, rifacendosi alla storia di Donna Haraway in cui le disavventure di dieci personaggi si intrecciano. Il titolo stesso – letteralmente “acque tormentate” – si riferisce a situazioni difficili, nelle quali è facile avere paura, agitarsi e cercare disperatamente un’uscita, ma dove invece dovremmo imparare a rilassarci, accettarle e accoglierle. Sguazzare quindi nelle acque torbide, senza cercare di schiarirle. Allo stesso modo, all’interno dello spazio espositivo, le opere dei dieci artisti coesistono tra loro, senza la pretesa di amalgamarsi ma mantenendo piuttosto una certa autonomia.
Immaginandosi dunque un luogo senza tempo, una Terra in decadenza, vuota e deserta, le curatrici allestiscono un ambiente cupo, illuminato dalla sola luce naturale e dalle lanterne di Tarzan Kingofthejungle, che contribuiscono nel creare un’atmosfera magica.
Le opere, uniche superstiti in questa dimensione onirica, popolano la sala come creature mistiche o come reperti del passato, di un’epoca dimenticata. Dei jeans fluttuano nell’aria (Tension, Gabriel Cautain), dei cani in ceramica sono cristallizzati nel tempo (Cosa succede alle cose che finisco?, Dario Filippis), un enorme insetto emerge al centro della stanza (Evolutionary Inspiration Monument, Stefano Ferrari). Sono le opere dei giovani artisti che in questo spazio acquistano un’identità ambigua. 

La raffinata selezione non fa altro che incuriosirci sugli artisti che il team ReA! presenterà durante la quarta edizione di quest’anno, che si terrà dal 12 al 15 ottobre sempre alla Fabbrica del Vapore di Milano.  

Ph Credits Ruben Gagliardini
Credits all the artists and ReA! Fair

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Le malinconiche illustrazioni di Quasirosso

Le malinconiche illustrazioni di Quasirosso

Anna Frattini · 1 settimana fa · Art

Quasirosso – al secolo Giovanni Esposito – è un illustratore e fumettista italiano fra i più seguiti sui social. I suoi disegni si contraddistinguono per il tratto, il colore e le atmosfere malinconiche.

quasirosso

Quasirosso inizia la sua carriera come illustratore professionista e solo successivamente – oltre cinque anni fa – decide di sbarcare su Facebook e pubblicare le sue strisce e i suoi disegni. Il successo arriva quasi subito e nei primi tre mesi di attività conquista diecimila followers. Il resto è storia e oggi Giovanni ha trovato il suo spazio su Instagram con 121.000 seguaci e una galleria di illustrazioni e collaborazioni creative importantissime. Fra queste ricordiamo le sessioni di Live portrait con Gucci e Prada.

 
 
 
 
 
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Un post condiviso da Giovanni Esposito / Quasirosso (@gio_quasirosso)

Indaco (2022) e Seitu (2021) sono le ultime pubblicazioni di Quasirosso che caratterizzate dal suo segno raffinato ed evocativo raccontano storie di quotidianità e comunicano emozioni – anche le più dolorose -andando oltre la superficie. In Indaco si intrecciano le storie di sei personaggi in cerca di Dio, in viaggio su un piccolo van, mentre in Seitu Quasirosso racconta la storia di un amore non pienamente vissuto. Esposito racchiude le sue storie in una dimensione parallela, giocando con realtà e fantasia, dando voce a sensazioni talvolta difficili da spiegare a voce.

La malinconia è una componente pervasiva, un elemento vitale nelle illustrazioni di Giovanni Esposito. Aggiunge una nota toccante ai disegni, infondendo profondità e introspezione nel suo lavoro. Esposito mette spesso e volentieri le sue esperienze personali a disposizione dello spettatore, le sue illustrazioni diventano espressione intima del suo mondo interiore, catturando le complessità e le sfumature dell’esperienza umana.

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