I due maestri della pittura Giacomo Balla (1871-1958) e Piero Dorazio (1927-2005) si incontrano a Lugano nella mostra Balla ’12 Dorazio ’60 Dove la luce negli spazi della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, aperta dal 24 settembre al 14 gennaio 2024. La mostra, con la sapiente cura di Gabriella Belli e con l’allestimento magistrale dell’architetto Mario Botta, nasce dal grande amore di Danna Olgiati per Dorazio che, inevitabilmente, la riporta a Balla. Il vero incontro tra i due artisti, il primo allievo del secondo, è da ricercare nella luce. Entrambi, in anni diversi, vivono un ristretto periodo di ricerca sulla luce. Più precisamente, Balla lo fa nel 1912 con le Compenetrazioni iridescenti mentre Dorazio nel 1960 con le sue famose Trame. «Se guardiamo le trame di Dorazio vediamo un lavoro di pittura straordinario, una sovrapposizione di colori. Balla invece va alla ricerca dell’essenza della luce.» – afferma Danna Olgiati durante la conferenza stampa del 22 settembre -, «I due artisti li vedevo combaciare, allora ho chiesto a Gabriella cosa ne pensasse di quest’idea e lei dopo ha fatto tutto. Lei ha immaginato la mostra e poi Mario Botta ha fatto l’allestimento.» La mostra Dove la luce è la storia di una straordinaria affinità elettiva tra questi due grandi maestri dell’arte italiana del Novecento e, come afferma la curatrice Gabriella Belli, serve a «mettere a fuoco dei punti importanti della ricerca artistica italiana.»
Il tema della luce
«La luce è stato il grande tema dell’Ottocento. Era una luce che voleva restituire la verità, la realtà. Per questi artisti del Novecento invece, a partire da Balla, la luce è un’esperienza scientifica. Quindi non è più necessaria per rappresentare il vero ma per rappresentare la verità. La verità attraverso la luce.» spiega la Belli. In questo senso, la mostra della Collezione Olgiati diventa fondamentale per indagare e dunque per riscoprire il grande lavoro fatto in primis da Giacomo Balla, che tutt’ora si riflette sulle ricerche contemporanee. «In qualche modo la mostra racconta di come, e di che cosa, l’eredità futurista è riuscita a portare nel secondo dopo guerra e ad alimentare ricerche di tanti altri artisti. Parliamo di artisti che hanno fatto ricerche diverse da Dorazio, ma anche Emilio Vedova e lo stesso Fontana hanno un debito con il Futurismo di questi anni e soprattutto con quello di Balla. Se pensiamo alle figure che ancora oggi continuano a dire qualcosa nella contemporaneità, sicuramente di tutti gli artisti forse Balla è quello che ancora oggi incide.» continua la Belli durante la conferenza, durante la quale ha tenuto una vera e propria lezione di storia dell’arte, raccontando di quel 1912 tanto cruciale per la ricerca di Balla. L’artista inizia a realizzare dei bozzetti nei quali riprende la forma geometrica del triangolo reinventandola, o meglio, utilizzandola in un’ottica scientifica e rendendola in un certo senso magica. Nelle sue opere di questo periodo, è come se l’artista avesse guardato al microscopio la rifrazione della luce e l’avesse sintetizzata in questa forma, dando vita a «un esercizio di astrattismo.»

La ricerca di Balla in questo campo si esaurisce rapidamente. Queste opere verranno nascoste dallo stesso artista e non verranno mai esposte. Sarà Dorazio intorno alla fine degli anni Cinquanta a riscoprirle. «Per Dorazio abbiamo scelto un’altra data topica, il 1960.» racconta Gabriella Belli, «Quell’anno Dorazio si presenta con una sala monografica alla Biennale e sceglie di esporre le trame luminose. Sceglie di esporre la pittura che dava senso alla continuità della linea dell’arte italiana. Fa un salto rispetto la ricognizione di Balla, amplifica e sviluppa una ricerca scientifica costruendo un ciclo meraviglioso di dipinti. In un certo senso è un omaggio e una conclusione della ricerca di Balla. Sono reticoli di luce e colore realizzati con una mano leggera, diagonali che si intrecciano. Una tessitura meravigliosa. É un tessuto di pittura pura, di colori primari, complementari e secondari che si intrecciano con un ritmo straordinario e che consumano tutta la loro energia dentro la cornice della tela.»

La mostra e l’allestimento
La Collezione Olgiati vanta la presenza di tante opere di Balla che però qui non sono presenti. La maggior parte delle Compenetrazioni iridescenti di Balla presenti in mostra provengono da collezioni private e museali, in particolare dalla Galleria d’arte Moderna di Torino e dal Mart di Rovereto. Sono oltre venti esemplari quelli esposti, tra cui la preziosissima cartolina indirizzata da Balla all’amico e allievo Gino Galli nel novembre del 1912 che attesta la prima notizia della nuova ricerca sulle Compenetrazioni. Anche le Trame di Dorazio sono più di venti. Molto significativi sono quei lavori in cui il reticolo si spezza e cambia di netto il registro cromatico, come in Time Blind (1963) e Tenera mano (1963).
L’allestimento di Mario Botta contribuisce a creare un dialogo dinamico tra le opere dei due maestri. La genialità del progetto sta nella scelta dei colori e delle forme. La maggior parte delle opere di Balla sono poste su uno sfondo bianco, all’interno di una nicchia e posizionate sospese. Ciò contribuisce a impreziosire e valorizzare queste opere che per dimensione sono inferiori a quelle di Dorazio. Quest’ultime invece sono posizionate su ampie superficie nere che contribuiscono a esaltarne le trame.


In occasione della mostra è stato realizzato un catalogo illustrato a cura di Mousse-Milano.
Maggiori informazioni sulla mostra le trovate qui.
Installation view photos © Studio Fotografico Enrico Cano Sagl