Ci sono luoghi affascinanti che anche sforzandoci non riusciremmo a immaginare. A volte, quegli stessi posti, dietro la loro bellezza, nascondono aspetti terrificanti, storie di cui non vorremmo mai sapere, ma che dobbiamo conoscere.

“What you see is snapshots
of what might be paradise:
silhouettes of earth, flesh and wood
framed eternally in the psyche.”
Uno di questi luoghi è senza ombra di dubbio il Lago Volta, in Ghana. Si tratta del più grande lago artificiale al mondo, che ha preso forma negli anni ’60 in seguito alla costruzione della diga di Akosombo, a circa due ore di macchina a nord di Accra. Dalla diga, risalendo verso l’interno del Paese, il Lago Volta si è sviluppato su una lunghezza di 550 chilometri – circa la distanza tra Milano e Roma, per intenderci -, attingendo acqua da diversi affluenti dai nomi meravigliosi come Tɔkɔ, Fra e Amutosisi e travolgendo ciò che si trovava sulla sua strada.
«Ma il lago Volta è nuovo e la sua nascita è stata – e lo è ancora – un grande cambiamento. Ci sono persone che ricordano di aver camminato fino alle fattorie che ora si trovano sul fondo del lago. È come se avessimo la mitica Atlantide proprio qui, all’interno dei nostri confini, e tutte le sue ricchezze sotto la superficie…» – Nii Ayikwei Parkes

Oggi per il Ghana, il Lago Volta rappresenta per molti aspetti il principale mezzo di sostentamento del Paese: è la principale fonte di irrigazione per le risaie che si sviluppano attorno ad esso; la sua acqua, che alimenta le turbine della diga, produce la maggior parte dell’energia necessaria a sostenere l’industria locale di alluminio; svolge un ruolo fondamentale per l’allevamento e, soprattutto, per la pesca.
Qui, sulle rive silenziose di questo lago dalla superficie immobile, Jeremy Snell ha realizzato il suo ultimo progetto fotografico dal titolo “Boys of Volta”. Da sempre, il fotografo americano utilizza la sua macchina fotografica per analizzare ed esplorare l’ambiente che lo circonda. Da piccolo, durante la sua infanzia, al centro dell’obiettivo c’erano i luoghi in cui viveva, col tempo poi la sua attenzione si è focalizzata su storie di popolazioni lontane, legate a culture diverse e poco conosciute.
Proprio questa voglia di scoprire, di raccontare attraverso le immagini, lo ha portato in Ghana, sulle sponde del Lago Volta dove ogni giorno i colori di cui si dipinge il cielo e la superficie dell’acqua nascondono una terribile realtà.

Gli scatti di “Boys of Volta” mostrano giovani bambini e ragazzi che all’apparenza sembrano tranquillamente trascorrere le loro giornate, ma che in realtà da anni vengono venduti e sfruttati per la pesca.
«Sono completamente inconsapevoli, mentre il sole illumina i loro volti, facendo loro riflettere le sfumature della terra, della carne e del legno, con scintille di luce accecante.» – Nii Ayikwei Parkes

I bambini, soprattutto i più piccoli, agili e veloci nei movimenti, vengono scelti dai pescatori perché gli unici in grado di muoversi tra i tronchi e i rami degli alberi che popolano il fondale del lago e tra cui si incastrano le reti per la pesca. Ogni giorno, dall’alba al tramonto, migliaia di bambini si immergono senza sosta cercando di salvare le reti e a volte, più di quante vorremmo ammettere, il lago se li prende per sempre.
Gli scatti cinematografici di Jeremy Snell riescono a raccontare la crudezza di questo luogo, in cui i ragazzini sembrano un tutt’uno con l’acqua scura, dove le loro sagome esili affrontano la forza del Lago di Volta, una cicatrice di 550 chilometri.


“Boys of Volta” è anche un libro, preordinabile qui, e il 10% del ricavato sarà devoluto all’ONG International Justice Mission.






