Collyrium – Jim Jarmusch e il cinema della New Wave

Andrea Jean Varraud · 4 anni fa
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Come abbiamo assistito durante le scorse settimane, il Festival del Cinema di Cannes ha annunciato le pellicole che verranno proiettate sia in concorso che fuori concorso. Tra queste spicca il film d’apertura, ovvero The Dead Don’t Die (che in italiano uscirà con il titolo I morti non muoiono), ultima fatica del regista Jim Jarmusch, baluardo del cinema indipendente americano. Riteniamo quindi giusto dedicare questo episodio di Collyrium a un nome forse non noto a tutti ma che è riuscito a fare breccia nel cuore dei più accaniti cinefili.

Il cinema di Jarmusch, nonostante la nomea che negli anni si è guadagnato, è un cinema tutto sommato molto semplice e scarno. Molti critici l’hanno definito minimalista, nonostante il regista si discosti da questa definizione sostenendo che il suo lavoro non si muova seguendo un sentiero estetico o concettuale, quanto più un sentiero istintivo ed emozionale. Questi presupposti fanno di Jarmusch un regista decisamente furi dagli schemi che negli anni ci ha regalato pellicole estremamente varie ma pur sempre molto personali e riconoscibili.

Quest’originale approccio professionale trova le sue radici nel movimento socio-culturale da cui il regista statunitense proviene: la scena New Wave. Con il termine New Wave però, non viene indicato un particolare approccio estetico o qualcosa di fortemente caratterizzante dal punto di vista formale, al contrario si intende un differente approccio metodologico e culturale. Jarmusch, infatti, si forma principalmente a New York, centro nevralgico della culturale mondiale post bellica, dove frequenta circoli di nicchia e si avvicina a quelle avanguardie che avranno poi caratterizzato il suo lavoro. Tra queste spiccavano sì cineasti, ma anche attori, scrittori, poeti e musicisti. Sono quelle avanguardie che durante gli anni ’70 ascoltavano i Talking Heads (dei quali Jarmusch girerà alcuni video musicali) e non Jimmy Hendrix, quelle avanguardie che rifiutavano i virtuosismi tecnici per accogliere a braccia aperte la spontaneità. 

Proprio da questi concetti parte il cinema di Jarmusch. A lui ed i suoi colleghi interessava esprimersi senza basarsi sulla tecnica, ma fare film in tutti i modi, cominciando con il Super8 e lavorando con amici. Ed è proprio in questi termini che il regista sviluppa i sui primi lavori, prima affiancando registi del calibro di Nicholas Ray e Wim Wenders, poi iniziando a sviluppare il suo personale gusto, tramite la realizzazione del suo primo film: Permanent Vacation (1980). Quest’opera non ha grandi trame ma racconta l’alienazione di un individuo nei confronti della società circostante. Allie, il protagonista, è pervaso da un vuoto interiore e bighellona in giro per una NewYork apparentemente fantasma, nella quale incontra svariati personaggi. In questa prima pellicola Jarmusch ci racconta una dimensione in bilico tra realtà ed illusione, in cui la società pare inesistente e gli essere umani sono obbligati a vagare senza una meta cercando però risposte esistenziali. Permanent Vacation può a tratti ricondurci a quell’universo alienante raccontato da Scorsese in Taxi Driver, ovviamente scardinato di tutte le velleità commerciali del caso. Il primo lavoro di Jarmusch è quindi un’opera che vale più come punto di partenza per un ragionamento filosofico piuttosto che per la ricerca dell’intrattenimento.

Bisogna però tenere in considerazione che questa pellicola è stata concepita come tesi di laurea ed è stata realizzata con poco meno di venti mila dollari. Di lì a poco Jarmusch prenderà il via e realizzerà una serie di film che sembrano essere il proseguo concettuale di Permanent Vacation, con i quali sembra trovare un sempre maggior riscontro di critica, specialmente in Europa. Tra i film di questi anni citiamo Stranger Than Paradise, Daunbailò (che annovera nel cast personalità come Roberto Benigni e Tom Waits) e lo splendido Coffee and Cigarettes, che altro non è che una serie di cortometraggi che ritraggono persone chiacchierare e fumare davanti a una calda tazza di caffè. Quest’ultimo titolo, nonostante possa sembrare un’opera per i più noiosa, è invece un qualcosa di più unico che raro, retto quasi solamente dalle abilità di scrittura del regista e dallo splendido cast tra i quali spiccano Steve Buscemi, Cate Blanchett, Iggy Pop, Tom Waits, Roberto Benigni e tanti altri ancora.

Duranti questi anni il cinema di Jarmusch perde quell’allure silenziosa ed esistenzialista che aveva caratterizzato i suoi primi lavori e ne acquista una più “tragicomica” dove i dialoghi fanno da padrone. Di questo filone registico è assolutamente il caso di citare anche Taxisti di notte, film anch’esso realizzato con poco budget che segue le vincende di quattro tassisti che vagano per quattro diverse capitali durante la notte.

In questi anni Jarmusch si è confermato come uno dei più grandi registi New Wave, ma soprattutto è diventata una vera e propria bandiera della città di NewYork: collabora con personalità culturali di diverse estrazioni e gusti come lo scrittore postmoderno Paul Auster ma anche il re dell’HipHop RZA (il leader dei Wu-Tang Klan), con il quale collaborerà nel film Ghost Dog (1999), per il quale RZA realizzerà la colonna sonora che ancora oggi, a distanza di anni, è ritenuta un vero e proprio gioiello di sperimentazione musicale.

Con l’arrivo del nuovo millennio, il regista newyorkese non arresta il suo genio creativo, ma anzi, lo incoraggia spaziando e sperimentando diversi generi, parlando dei più svariati personaggi ma senza mai perdere il suo elegante tocco registico, che facilmente sentiamo nelle strabilianti colonne sonore, nei dialoghi scritti alla perfezione per un cast altrettanto perfetto e soprattutto lo percepiamo nelle vicende spesso e volentieri tragicomiche. Tra questi film di incredibile bellezza ed originalità è il caso di citare Broken Flowers, nel quale vediamo un rubacuori ormai in disgrazia, interpretato da un incredibile Bill Murray, partire alla ricerca di un suo possibile figlio; Solo gli amanti sopravvivono, che altro non è che una storia d’amore tra due vampiri (Tilda Swinton e Tom Hiddleston) ambientata in una splendida Detroit degradata e in una onirica Tangeri; ed infine Paterson elegante e dolcissimo film che segue una settimana della vita di un autista di autobus (interpretato da Adam Driver) con la passione per la poesia.

Ma questo non è tutto. Come anticipato all’inizio, un nuovo film di Jarmusch sarà presto presentato al Festival di Cannes come pellicola d’apertura. Ma di cosa tratterà questo The Dead Dont’ Die? Come il titolo ci suggerisce, si tratta di una storia di Zombie ma con un cast eccezionale. Nella pellicola infatti figureranno personaggi come Adam Driver, Bill Murray, Tilda Swinton, Chloè Seigny, Steve Buscemi, Selena Gomez, Denny Glover ed altri ancora. Obiettivamente non è facile avere aspettative su uno zombie movie d’autore con un cast stellare, ma staremo a vedere. D’altra parte difficilmente Jarmusch delude.

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