È arrivato il momento di spendere qualche parola nei riguardi del cinema coreano e per farlo abbiamo deciso di parlare di Park Chan-Wook. Sicuramente non ne è il padre ne tanto meno l’emblema di questo grande cinema che negli anni ha saputo farsi amare in tutto il mondo. È sicuro però, che il regista in questione, è colui che meglio rappresenta il cinema coreano contemporaneo, colto ma allo stesso tempo di intrattenimento. Questo perché Park Chan Wook, al contrario di alcuni suoi colleghi, in particolare di Kim Ki-Duk che predilige una narrazione più scarna e intimista, riempe i suoi film di azione, colpi di scena ma soprattutto di tanta bellezza.
Ad alcuni sicuramente il nome del regista non suggerirà nulla, questo perchè la fama dei suoi film lo precede di gran lunga. Chan-Wook è infatti il regista di Lady Vendetta, ma soprattutto di Old Boy, film talmente impattante che si è aggiudicato il Gran premio della giuria al festival di Cannes ed è stato anche oggetto di un non necessario remake, da parte del noto regista americano Spike Lee.

Park Chan-Wook nasce in Sud Corea, più precisamente a Seul, nell’agosto del 1963. I suoi interessi si muovono verso il cinema sin dall’adolescenza, tanto che tenta di iscriversi alla facoltà di Estetica, ma venendo rifiutato si iscrive a Filosofia. È qui all’Università, che il regista decide di fare del grande schermo la propria passione e professione. Immediatamente fonda un cine-club, che battezza Film Gang, all’interno del quale inizia a scrivere di cinema attraverso brevi articoli di critica, saggi e recensioni, che qualche anno dopo inizierà a pubblicare su diverse testate del settore.
È solamente una volta ottenuta la laurea che realizza il suo primo lungometraggio, Moon Is…Sun’s Dream, che sfortunatamente è destinato a finire ben presto nel dimenticatoio. La batosta è tale per il neoregista, che decide di fermarsi per qualche anno, nei quali però continua a scrivere e nutrire il suo mondo esteriore. Sfortunatamente, anche a Trio, suo secondo lavoro, spetta la stessa sorte del primo.

Questa volta però il regista tiene duro e viene il tempo di Judgment, cortometraggio di Park Chan-Wook che questa volta viene accolta positivamente da critica e pubblico. È infatti dopo questo primo “successo” che il regista coreano inizierà ad avere budget più cospicui, che lo aiuteranno a mettere in piedi quei film, per cui verrà ricordato nella storia del cinema. A tal proposito, nel 2000, fa il suo ingresso nelle sale cinematografiche Joint Security Area, film che racconta il precario equilibrio sociale e militare tra le due coree. Il terzo lungometraggio del regista va incontro ad un successo straordinario, specialmente in patria, tanto che parteciperà anche ad alcuni festival europei, tra i quali il rinomato Festival di Berlino.

Park Chan-Wook è ormai senza dubbio un regista affermato e cavalcando l’onda del successo rimette mani ad una vecchia sceneggiatura: Sympathy for Mr Vengeance, che noi meglio conosciamo come Mr Vendetta. Quest’opera segna un punto di inizio per il regista: è infatti la pellicola d’apertura della famosa trilogia della vendetta. Questo tema, molto caro al regista sin dai suoi primi lavori, viene ripreso, svecchiato e rimpolpato da una buona dose d’azione che caratterizzerà tutto il suo cinema futuro.


Nonostante lo scarso successo che il film ebbe in patria, nel resto del mondo lasciò tutti a bocca aperta, mai però quanto Oldboy. Quest’ultimo, secondo capitolo della trilogia della Vendetta, è al giorno d’oggi considerabile un vero film di cult e infatti ne contiene tutti gli elementi. Troviamo un cast di attori straordinari, azione a non finire (decisamente ben fatta, al contrario di molti film hollywoodiani) ed una trama a dir poco sconvolgente. La storia parla di un uomo, che dopo essere stato rinchiuso in una stanza per quandici anni da un personaggio ignoto e senza alcun motivo, decide di cercare vendetta a colpi di martellate e brutalità. Anche dopo questa breve sinossi, ci rendiamo conto come Oldboy sia un film estremamente crudo e violento, come spesso solo l’arte asiatica sa essere, ma forse proprio per questa sua brutalità è riuscito a far parlare di sè in tutto il mondo, collezionando più di venti premi a festival internazionali e quasi quaranta nominations, tra le quali il Gran Premio della Giuria a Cannes, da una giuria presieduta da un entusiasta Quentin Tarantino.

Due anni dopo, nel 2005, vediamo concludersi la trilogia con il film Lady Vendetta, ultima pellicola sul tema della vendetta, ma questa volta con una protagonista femminile.

Questi ultimi suoi lavori, che oggi sono i suoi lavori forse più noti, hanno molti temi e stili comuni, ma la cosa forse più importante è che tutti questi film parlano di un tema sociale ben preciso: l’abuso dei potenti nei confronti dei deboli. Questa matrice fortemente umana ci rende infatti fortemente empatici con i protagonisti ed ogni crudeltà vendicativa da loro messa a punto è per lo spettatore un grandissimo piacere. D’altronde il regista stesso ha un idea ben precisa della vendetta:
“vivere senza odiare è quasi impossibile, non c’è niente di male nel fantasticare circa la vendetta, tutti abbiamo questi sentimenti, l’importante è non agire”
Concluso questo capitolo estremamente gratificante, Chan-Wook decide di aprirsi alla sperimentazione realizzando alcuni tra i film più originali e registicamente sorprendenti degli ultimi anni, tra i quali spicca I’m a Cybrg But That’s Ok. Questo lavoro del 2006 parla di una storia d’amore che arde tra le mura di un ospedale psichiatrico, il tutto filtrato dalle allucinazioni dei pazienti, tanto che lo spettatore, fino alla fine, non capisce dove finisca la realtà ed inizi la follia. Proprio da questo elemento notiamo le abilità del regista. Le emozioni dei protagonisti ci appaiono così distanti ma allo stesso tempo così nostre e vicine e scorgiamo la bellezza della vita anche attraverso le più rovinose e distruttive fantasie dei personaggi.


Da questo momento in poi, il regista si dedica a produzioni internazionali, più precisamente americane, grazie alle quali il suo gusto brilla e si consolida in tutto il mondo. Tra i suoi titoli di matrice a stelle e strisce è opportuno citare Stoker, che vanta un cast d’eccezione formato da Mia Wasikowska, Nicole Kidman e Matthew Goode, e la miniserie The Little Drummer Girl.

È importante però non dimenticare, che Park Chan Wook non ha deciso di abbondare la sua terra per dedicarsi esclusivamente al cinema hollywoodiano. Niente affatto. L’ultimo lungometraggio del regista, Madmoiselle, è infatti uno splendido film tutto coreano che grazie al suo splendore (anche estetico), si è guadagnato numerosi premi ed addirittura una candidatura per la Palma D’oro.

Park Chan-Wook non è sicuramente un regista per tutti, o meglio, molti dei suoi film risultano molto crudi per essere digeriti dagli stomaci più deboli. Questo però non fa di lui un regista più debole, anzi. Park Chan Wook è un artista che è riuscito ad imporre al mondo il suo linguaggio, spesso violento ed estremo, ma che grazie ad un attento sguardo sull’umanità contemporanea, si è fatto amare strada tra gli dei del cinema, riuscendo a guadagnarsi il suo spazio nell’Olimpo dei grandi.