Domenica si è conclusa la super organizzata e strutturata Milano Fashion Week, ma le sfilate di moda di per sé negli anni ’90, non rappresentavano proprio un fulgido esempio di organizzazione attenta e precisa, anzi, bastava scavare un po’ nel torbido per capire che c’era una certa qual improvvisazione, almeno nel backstage.
Quello a cui siamo abituati oggi – ogni dettaglio schedulato al secondo – è una buona abitudine figlia della contemporaneità. Negli anni ’90 le cose erano davvero differenti, soprattutto nei backstage delle sfilate.

Gavin Bond: Being There è il titolo di un meraviglioso libro che, attraverso le fotografie scattate dallo stesso Gavin Bond, ci raccontano il caos, l’atmosfera unica, il delirio e il divertimento che caratterizzavano le più importante sfilate dell’epoca.

Gavin Bond è il fotografo che le ha realizzate e che, durante i mesi più difficili della pandemia, essendo costretto come tutti a restare in casa, ha riscoperto i suoi vecchi scatti, quelli realizzati da giovane durante i suoi studi relativi alla moda presso la prestigiosa Central Saint Martins, dove si iscrisse nel 1988 insieme a personaggi come John Galliano, Alexander McQueen, Stella McCartney, etc.

Nel ’93 Bond, grazie anche all’aiuto di Jo Jones – oggi fashion editor per The Observer – all’epoca sua compagna di studi, riuscì a “intrufolarsi” nel backstage dello show “Anglomania” di Vivienne Westwood a Parigi, nel marzo di quell’anno.

Gli scatti realizzati quel giorno finirono, sia sulla rivista studentesca per la quale erano stati originariamente realizzati che sul Times. Bond si trovò semplicemente al posto giusto al momento giusto, ma ciò che rese quelle foto l’inizio di una carriera incredibile, fu senza dubbio la sua straordinaria capacità di catturare i momenti più naturali e veri dei backstage delle sfilate.


Negli anni a seguire divenne amico di tutti: parrucchieri, truccatori, modelle, cameraman, DJ, stilisti, assistenti, giornalisti e persino delle guardie di sicurezza, che gli permettevano di restare accanto alle super model del tempo (Naomi Campbell, Kate Moss, Cindy Crawford, Linda Evangelista, etc) quando tutti gli altri fotografi venivano allontanati.

L’accesso super esclusivo e la fiducia che era riuscito a costruirsi nell’ambiente hanno dato vita a immagini uniche, in uno stile sviluppato per necessità, utilizzando quella che era la luce disponibile al momento e una scelta di soli tre diaframmi, a seconda che stesse riprendendo il pieno, la figura o il volto. Questo approccio minimalista e immediato è stata la sua grande fortuna e la sua più grande intuizione.


Oltre al libro, è in corso anche una mostra dedicata ai suoi scatti, la sua prima personale in assoluto, presso la Hamilton Gallery di Londra e sarà aperta al pubblico fino al 29 ottobre.
Guardando i suoi lavori sembra quasi di essere lì, di essere il fotografo stesso, immerso in una bolla che non ci appartiene ma che non ci scaccia via ma anzi, ci ingloba in tutte le sue piccole ma importantissime e necessarie sfaccettature.
