Sembra quasi scivolare dalle mani l’opera di Hannah Rowan (1990), fragile e mutevole come l’acqua. È proprio questo l’elemento che l’artista inglese, laureata al Royal Collage of Art di Londra, analizza e indaga. La capacità di adattamento e di trasformazione dell’acqua, che si adegua all’esterno e alle sue variazioni, viene paragonata ad un corpo umano in balia degli avvenimenti e delle influenze esterne. “L’acqua come corpo; l’acqua come comunicatore tra corpi; l’acqua che dà vita ai corpi” scriveva Virginia Wolf.
La ricerca artistica di Hannah Rowan esplora le complessità dell’acqua che rappresentano un punto di incontro tra il corpo umano e i sistemi geologici ed ecologici. Le sue opere scultoree, installative e video-sonore sono realizzate con materiali incerti, fragili e mutevoli, a rispecchiare la natura della sua ricerca. Molto spesso al vetro soffiato viene associato il ghiaccio, destinato a sciogliersi, a cambiare forma e a scomparire. La fluidità è rappresentata dal bronzo fuso, che con la sua durezza entra in contrasto con gli altri elementi della composizione, come la ceramica, fragile e lucida. Questo contrasto è evidente nell’opera The Well (living waters) in mostra da C+N Gallery CANEPANERI di Milano, dal 7 marzo al 24 aprile 2023, nella sua prima personale italiana dal titolo Tides in the Body a cura di Tatiana Martyanova. La struttura rigida e geometrica accoglie ampolle trasparenti in vetro soffiato che ospitano tentacoli di ghiaccio, tentando una trascrizione in chiave scultorea di un elemento tangibile ma fugace come l’acqua.



L’interesse di Hannah Rowan per l’acqua e la sua conoscenza approfondita è supportata dalla ricerca sul campo che l’artista effettua durante la sua recente residenza artistica in Groenlandia. Lo scioglimento dei ghiacciai e la loro trasformazione, uniti al regno animale che li abita, come ostriche, molluschi, alghe, meduse e polpi, influenzano Hannah nelle forme e nelle consistenze, spesso lucide e curvilinee.
Un grande influsso che l’artista riceve dalla filosofia è la teoria idrofemminista della ricercatrice canadese Astrida Neimanis che mostra come una nuova concezione dei corpi possa cambiare il nostro atteggiamento verso le acque della Terra.




