Intervista con Berardo Carboni, il regista di Youtopia

Intervista con Berardo Carboni, il regista di Youtopia

Aurora Alma Bartiromo · 6 anni fa · Art

La primavera continua a portare, con il suo venticello caldo, tante cose nuove e – speriamo – belle.
Non solo all’aria aperta, come si potrebbe essere portati a pensare, ma anche in sala. Quale sala? Quella cinematografica, ovvio.

Oltre agli attesissimi mostri sacri, Sorrentino e Garrone, anche film minori, ma non per questo meno interessanti, come Youtopia del regista abruzzese Berardo Carboni. Una storia estremamente moderna con una Matilda De Angelis in stato di grazia. Una storia divisa e pronta a dividere.

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Abbiamo incontrato Berardo per una chiacchierata su questo e altro.

Com’è arrivata l’idea?

Avevo fatto un film su Second Life totalmente girato in Machinima che è un sistema per cui tu registri le immagini all’interno del videogioco, non le ricostruisci, in poche parole hackeri il videogioco e filmi stando dentro il videogioco. Nel nostro caso abbiamo costruito alcune scenografie ma come si farebbe nella realtà, ad esempio se ci serviva una specifica scenografia che non esisteva nel videogioco la creavamo. Ma tutti i personaggi e la maggior parte della scenografia erano pre-esistenti. Ho fatto un casting con tutti gli avatar! Questa cosa inizialmente doveva essere lo storyboard di un film che non ho mai realizzato.

Però nel fare questa esperienza mi sono molto avvicinato ai mondi virtuali in generale, all’etica hacker e alle esperienze sociologiche che si possono avere quando uno ha un rapporto immersivo con questi tipi di role-playing game in cui tu conosci delle persone e stabilisci con loro delle relazioni in un mondo virtuale. E tu queste persone non le vedi mai…e alla fine puoi anche provare dei sentimenti per questi “pupazzi”, cioè per la persona che c’è dietro, che ti parla, ti mette la musica, ti porta in giro per questo nuovo mondo…

È molto interessante perché forse è l’innamorarsi più puro che va oltre l’immagine esteriore…

Il paradosso surreale è che in realtà ti devia l’immagine perché poi se entri in questa dinamica può succedere che a te piaccia anche il pupazzo che è la rappresentazione di quella persona che ha scelto di mostrarsi così.

Però potrebbe avere qualunque sesso e qualunque età…

Qualunque sesso tendenzialmente no perché parlano quindi tu senti la voce anche… Però per esempio nell’esperienza che ho avuto io sono uscito di testa per un pupazzo che non parlava, mi piaceva proprio per questo! Lei scriveva e non parlava…

Bello, quindi è partito tutto da qui…

Sì, da qui mi è venuta voglia di raccontare l’esperienza virtuale che poi interagisce in qualche modo nel mondo reale. E volevo raccontare anche diversi aspetti della realtà: da un lato il mondo ultra cinico in cui viviamo che è poi la storia principale del film, dall’altro invece volevo che si potessero vedere delle possibilità nuove per il futuro. Non volevo che il messaggio fosse un mondo senza speranza e destinato al grigiore e al cinismo assoluto.

Youtopia cerca proprio di raccontare questi due diversi mondi ed è anche un romanzo di formazione perché il personaggio che interpreta Matilda parte completamente inserita nell’ideologia della mercificazione ancora dominante nel mondo contemporaneo però si riscatta perché scopre valori e desideri diversi e cambia… Non è un film drammatico, o meglio, è un film felicemente drammatico. La notizia del giorno che il film è stato vietato ai minori di 14 anni mi ha stupito: il film ha un tema scabroso se vuoi, però è anche vero che la sua caratteristica principale è una sorta di contenuto morale. Non guarda la realtà in modo distaccato, prende una posizione come una favola morale. In realtà secondo me è molto educativo. Ci tengo inoltre a dire che l’animazione è stata realizzata nello studio L&C con il software open source Blender.

La scelta di Matilda com’è avvenuta?

Io lavoravo con una serie di persone che in qualche modo mi ispiravano il personaggio, alcune delle quali mi sembravano anche adatte ad interpretare la parte però ho deciso comunque di fare un grande casting per quel ruolo. Mentre Donatella Finocchiaro e Haber erano già fissati da tempo.

Ho visto Matilda la prima volta perché un amico mi fece vedere un teaser di Veloce come il vento e mi piacque subito moltissimo…Ho chiamato l’agenzia per comunicare il nostro casting. Matilda è un’attrice stravolgente ma io non riuscivo a decidermi  perché sapevo quel che poi è avvenuto, che alla scelta di quel nome sarebbero stati legati i due anni successivi della mia vita, poi per fortuna l’ho scelta perché è stata davvero straordinaria…

All’inizio in realtà c’è stato un fatto particolare: lei si è rifiutata di spogliarsi.

E come avete risolto?

Donatella mi ha consigliato la sua coach americana, Doris Hicks. Abbiamo quindi deciso di provare a superare questo problema della nudità con il suo supporto…

È stato divertente?

È stato molto divertente. Ho mandato Matilda a Milano per raggiungere Doris. Arrivo tre giorni dopo, come deciso, era tutto chiuso, mi affaccio alla finestra e vedo Matilda che ballava in mutande. Citofono, entro e Doris fa spogliare anche me quindi iniziamo tutti a ballare nudi (ride). Da lì si è risolto il problema.

Poi oltre alla Donatella, Haber e Matilda c’è un altro attore a cui tengo molto, Federico Rosati. Il protagonista del mio Shooting Silvio che qui si cimenta in un ruolo molto ambiguo, il più ambiguo forse…che lui gestisce perfettamente ai limiti. Ci abbiamo lavorato molto.

Sì, anche il ruolo più viscido oltre a quello di Haber, anzi forse di più!

Sì, è vero. Perché almeno Haber ha la sua bellezza da disperato. Ma Rosati si è divertito a farlo, pensa che l’apparecchio che porta nel film l’ha proposto lui stesso ed autofinanziato con uno sponsor. È stato molto divertente (ride).

Come vivi il fatto che il film di Sorrentino esca in contemporanea a Youtopia con Loro, un film su Berlusconi come il tuo Shooting Silvio?

Male (ride). Mi aspetto che Loro sia molto bello visivamente ma con quel suo modo di raccontare le cose distaccato, cinico. E’ un regista post-moderno, pieno di citazioni raffinate e di movimenti di macchina mirabolanti, ma il reale per lui secondo me è un materiale culturale come le riviste pulp per Tarantino, non c’è nessuna volontà di provare a cambiarlo, è tipico di che si è formato nell’epoca della fine della storia, con quella visione li.

Anche se ha pochi anni più di me lo considero un maestro, il mio cinema nasce proprio da un rapporto dialettico rispetto a quell’attitudine, da una profonda stima ma anche dalla volontà di prendere fortemente le distanze, per me è indispensabile in questo tempo, che è un tempo in cui il sistema di valori che regge la società sta collassando e viviamo in un universo senza mondo, come dice Badieu e io ripeto sempre, costruire nuovi immaginari e nuovi significanti cognitivi. Cerco di fare film che siano attivatori di possibilità, di agire nel reale per cambiarlo.

Vogliamo parlare del tema Me Too?

Possiamo provare…Ha senso perché uno degli sceneggiatori del film è la Iena che ha fatto l’inchiesta proprio su questo, Dino Gianrusso.

Quello che ne penso io è che esiste una sorta di mal costume molto radicato e purtroppo quasi consustanziale a questo lavoro. E questo ovviamente va eliminato. Però penso anche che a volte sia difficile vedere la linea di confine…perché il rapporto che si istaura tra regista e attori principali spesso – ed è bene che sia così – non ha bordi. Non è un discorso legato al sesso, può anche essere una cosa platonica, può succedere anche al di fuori del proprio orientamento sessuale o anche, a me normalmente capita così, senza implicazioni sentimentali, ma certo nasce un’aura, un legame molto forte.

Molto diverso è imporre prestazioni sessuali per assegnare una parte, quella è una prassi raccapricciante, ma la bruttezza lasciamola ad altri.

Progetti futuri?

Sto preparando un film storico e una trilogia di documentari, il primo di questi realizzato anni fa: Euros. I temi sono Europa e Grundnorm, il centro del sistema di valori che la regge. Ad esempio nel sistema capitalistico la Grundnorm è che l’interesse privato nel mercato costruisce la migliore delle società possibili. Secondo me questa modalità è sbagliata, è un sistema che sta collassando. Ecco, questi documentari sono tutti alla ricerca di questo centro. Il primo è stato fatto nel periodo Occupy, in giro per l’Europa. Questo secondo è attorno all’idea che la solidarietà possa diventare la Grundnorm. E il terzo, che faremo nel 2019, dovrebbe essere il racconto dell’esplosione di questo sistema di valori nuovo.

Beh, non resta che andare in sala il 25 Aprile, una Liberazione.

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Moncler sposa il futurismo di Rick Owens

Moncler sposa il futurismo di Rick Owens

Anna Frattini · 3 giorni fa · Style

La collaborazione annunciata oggi fra Moncler e Rick Owens ci porta in una dimensione nuova, vestita di capi meticolosamente progettati per adattarsi all’ambiente ricreato da Owens. Uno scenario sicuramente innovativo e fuori dal comune, uno “Sleep Pod” che fa da sfondo a tutti i look della campagna di lancio. Dalle foto sembra di vedere una tenda dal carattere arrivata dal futuro, un backdrop confortante e straniante allo stesso tempo.

Moncler x Rick Owens: i dettagli della collezione

Un progetto intimo, fortemente introspettivo, che ritroviamo nel concetto di silent sleeping pod ricreato da Owens. «A metà fra un meat locker e una tomba egizia» si legge sul comunicato stampa rilasciato dal designer americano. Un concept sicuramente accattivante che arriva con outfit matchy-matchy da indossare all’interno di questa realtà isolata da tutto ma non solo. In più, sullo sfondo delle foto di campagna è possibile intravedere il logo co-branded che vedremo su tutti i capi.

Usciamo un attimo da questo Sleep Pod e parliamo della collezione: le silhouette sono allungate e le imbottiture presentano un motivo a raggera interessantissimo. La palette, chiaramente, gioca su toni scurissimi con l’aggiunta di denim in cotone tinto e jersey di cotone organico insieme a nylon e cashmere sfumati dal blu al giallo acido. La varietà dei capi rimane uno degli aspetti più interessanti: flight jacket, puffer e piumini insieme a cappotti extra lunghi accompagnano gonne, pantaloni corti e top. Il denim, invece, è tagliato per realizzare tuniche, abiti e gonne, sciarpe ad anello e stivali shaggy insieme a una coperta trapuntata. Insomma, c’é tutto quello che potevamo aspettarci da una collaborazione di questo calibro in questa collezione.

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Tutti vogliono le UGG Palace Tasman per Natale

Tutti vogliono le UGG Palace Tasman per Natale

Collater.al Contributors · 2 giorni fa · Style

Abbiamo già parlato tantissime volte di UGG negli ultimi tempi. Prima in occasione della collab con Collina Strada poi per raccontarvi la partnership con Seth Rogen e The Elder Statesman fornita di dettagli cozy luxury irresistibili. Torniamo quindi a parlarvi del brand per una buonissima ragione: il drop della seconda collaborazione con Palace lanciato proprio oggi. Da un primo sguardo alle immagini non si può che sognare di indossare le UGG Palace Tasman insieme ai Mitten e portarsi a casa il tappeto pensato con l’iniziale del brand di skateboard per eccellenza. Insomma, vogliamo tutto.

Le grafiche ricamate su tutte le componenti di questa collab sono tutte divertentissime, pop e ci fanno subito pensare a Palace. In occasione di questo lancio pre-natalizio, il brand londinese ha pensato a tutto, anche a un cortometraggio diretto da Adam Todhunter dove Alexis Taylor si cimenta in qualche canzone natalizia mentre attorno a lui i componenti dello skate team di Palace si scambiano regali di natale. Ci sono tutti: Lucien Clarke, Dino da Silva, Lloyd Hodgson e Cece Asembo.

La collab sarà disponibile nei negozi Palace e online su PalaceSkateboards.com.

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L’activewear di BEA studio si può indossare anche sulle piste

L’activewear di BEA studio si può indossare anche sulle piste

Anna Frattini · 2 giorni fa · Style

Beatrice Sammarco ha pensato a tutto: tute, body, top e biker da indossare in ogni occasione. Nelle nuove immagini di campagna anche sulle piste da sci. L’unicità di BEA studio non sta solo nella versatilità dell’every-wear ma anche nei pattern unici che si ispirano alla Natura toccando un tema incredibilmente attuale: gli animali appartenenti a specie protette o in via di estinzione. Ma non solo, scopriamo qualcosa in più sull’every-wear e su tutte le capsule di BEA studio, tutto Made in Italy.

Cosa significa every-wear?

Dalle tute ai leggings passando per body, top e biker tutte le collezioni pensate da Beatrice Sammarco sono state immaginate per essere trasversali: per ogni fisicità e ogni contesto. Sembra una missione difficile da compiere quella di BEA studio ma il team dietro a questo progetto sembra avercela fatta. Tutto nasce dal beachwear, il nucleo fondamentale del marchio che è alla base di tutti i capi pensati per ogni collezione.

 
 
 
 
 
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Ogni modello è realizzato da Yara De Freitas, una talentuosissima artista e graphic designer italo-brasiliana che vive e lavora a Roma, precisamente a Trastevere. Sono tantissime le fantasie immaginate da De Freitas sia per BEA-st mode che per Tokyo Nostalgia, due capsule collection speciali che ci proiettano subito nel mondo di BEA studio con vivacità e tenerezza.

Insomma, siamo pronti per indossare le tute (ma anche i body, i top e i leggings) di BEA studio sulle piste ma non solo. L’intera collezione di BEA studio é disponibile online sull’e-commerce bea-studio.com.

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Swatch rende omaggio al mondo dei Simpson

Swatch rende omaggio al mondo dei Simpson

Collater.al Contributors · 5 giorni fa · Style

I donut dei Simpson, i preferiti di Homer, sono entrati nel nostro immaginario come le ciambelle iconiche per eccellenza. Tanto da convincere Swatch a riprodurle su un orologio. SECONDS OF SWEETNESS é un omaggio al mondo dei Simpson e ai donut tipicamente americani amati da Homer. Insomma, questo Swatch ci fa subito venir voglia di fare il rewatch del diciannovesimo episodio dalla nona stagione dei Simpson dove Homer viene processato da Giant Donut.

Parliamo dell’orologio. Si tratta di un oggetto che gioca con il tema donut diventando immediatamente riconoscibile per gli amanti della serie tv. Il quadrante a forma di ciambella morsicata aggiunge un tocco divertente al modo in cui indossiamo Swatch, in questa occasione vestito di zuccherini. In più, l’orologio é disponibile anche con la funzionalità SwatchPAY!, utilissima nella vita di tutti i giorni.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è The_Simpsons_and_Swatch_Seconds_of_Sweetness_PR_2-1024x1024.jpg

Disponibile a partire dal 2 novembre, proprio in concomitanza con l’arrivo della 35esima stagione dei Simpson. Ma le sorprese non finiscono qui, i fan di Swatch e della serie animata saranno sorpresi da altri progetti che coinvolgeranno tutti i protagonisti della serie tv. Questo orologio arriva insieme al lancio di altri due prodotti sempre ispirati al mondo dei Simpson: WONDROUS WINTER WONDERLAND e TIDINGS OF JOY. Il primo riunisce i personaggi del cartone in versione pan di zenzero mentre danzano sul cinturino tempestato di neve, mentre il secondo immortala la famiglia Simpson mentre canta insieme in occasione della stagione natalizia. I due modelli sono già disponibili nei negozi Swatch e sul sito.

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