Quando parliamo dei designer Andrea Trimarchi e Simone Farresin pensiamo subito ad una di fuga di cervelli. Dopo la laurea alla Design Academy di Eindhoven, ormai consacrata incubatrice europea di talenti, decidono di aprire lo studio Formafantasma ad Amsterdam.
Il loro approccio è concettuale e tiene conto di implicazioni storiche e sociopolitiche ed i loro lavori finiscono in circuiti che poco hanno a che fare con la produzione industriale. Il consumo del prodotto non è lo scopo principale per il quale disegnano, anzi, a volte non esiste nemmeno un disegno. Molti dei loro oggetti infatti riescono ad ottenere una forma solo durante la lavorazione. La forma quindi viene meno rispetto alla ricerca, da qui il nome Formafantasma.
Tanti i lavori degni di nota ma quelli che ci hanno più colpito sono: gli oggetti dalla forma organica prodotti con la lava fusa dell’etna, gli sgabelli di pelle di pesce lupo o salmone, le caraffe e lampade di vescica bovina essiccata (tutti scarti dell’industria alimentare), vasi di plastica ecologica composta da fibre di legno e proteine animali (un tipo di plastificazione naturale derivante da un metodo di lavorazione di fine ‘700) ed i componenti di arredo frutto di rifiuti elettronici.
Atipici sui processi creativi e visionari per quanto riguarda il riutilizzo e l’innovazione, il duo è pronto a rilanciare il concetto di design nel mondo
Un veneto ed un Siciliano, il profondo nord ed il profondo sud che si incontrano. Dov’è successo e qual é il comune denominatore che vi ha tenuto legati?
Ci siamo incontrati durante la laurea triennale a Firenze. Abbiamo iniziato a lavorare insieme e fatto domanda di partecipazione per il master alla Design Academy di Eindhoven come duo. Era la prima volta che succedeva e il rettore Gijs Bakker è stato così di larghe vedute da capire che poteva funzionare. Ci siamo laureati con un progetto comune. Quando lavoriamo, tutto è davvero organico, talvolta ci sono molte discussioni ma questa è anche la parte bella. Pensiamo che lavorare in coppia ti dia la possibilità di guardare a quello che fai con più obiettività. Comunichiamo in una maniera tutta nostra, ci comprendiamo e ci fidiamo l’un l’altro ed i nostri progetti sono il risultato di un processo di distillazione di idee. Lavoriamo quasi come fossimo dei filtri, sappiamo da dove iniziamo ma mai dove finiremo
E il nome Formafantasma da dove deriva?
Avevamo questo nome in mente dagli inizi. In realtà serve a far notare come il nostro lavoro non sia guidato da una ricerca formale ma più da un approccio concettuale
Il vostro lavoro è 90% ricerca e 10% forma, immagino però che avete una vostra idea di estetica
In tutta onestà non ci preoccupiamo dell’estetica. Siamo consapevoli che i nostri oggetti condividono una comune sensibilità visiva, ma questo non è ciò che ci tiene impegnati in studio. L’aspetto formale del nostro lavoro è molto più intuitivo e può evolversi o cambiare a seconda delle idee che canalizziamo
Qual è il vostro scopo come designer?
Come designer ogni volta che iniziamo un nuovo progetto o investighiamo su un materiale la nostra prima intenzione è di porre l’attenzione su stereotipi e cliché. Spesso più di dare soluzioni proponiamo domande o alternative possibili. Per esempio, con il progetto Botanica abbiamo studiato i polimeri preindustriali e li abbiamo tradotti in una collezione di vasi fatti a mano. Se le materie plastiche ora vengono utilizzate per le loro superfici perfette, noi le abbiamo fabbricate a mano. Dove l’evoluzione industriale scarta a favore dei polimeri a base di petrolio noi rivisitiamo le potenzialità di questi materiali sottostimati. Più in generale, crediamo che il ruolo di un designer sia quello di rispondere alle necessità sociali e culturali di una società. Un designer dovrebbe essere critico e capace di aprire nuove possibilità e modi di intendere il design come disciplina.
Cosa ne pensate del design sostenibile?
La sostenibilità è una bella idea, tuttavia è la risposta rassicurante dell’economia alla crisi ecologica. In tutta onestà non c’è nulla di sostenibile nel capitalismo o nella produzione e nel consumo. Noi siamo più interessati all’idea di ecologia. Questo concetto è molto più complesso ed inclusivo. Nei prossimi anni ci piacerebbe vedere i designer ripensare la disciplina non più come uno strumento per migliorare solo la vita degli esseri umani ma in grado di guardare il pianeta terra nel suo insieme con tutta la sua complessità e la convivenza multi-specie. Recentemente abbiamo studiato l’industria del riciclaggio dell’elettronica per capire se potesse essere possibile il recupero di componenti o materiali sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Il nostro lavoro si sta evolvendo e sta assumendo maggiori responsabilità. Approfondiremo questo ed altri aspetti nella prossima mostra di Paola Antonelli Broken Nature.
Pensate sia troppo presto per chiedervi di spendere qualche parola riguardo la vostra mostra presso la Serpentine Galleries prevista per il 2020?
Si è troppo presto per parlarne. In ogni caso riguarderà l’ecologia e si occuperà di progettazione attraverso il design del mobile. Sarà anche una mostra collaborativa, presenteremo opere di altri professionisti in modo da creare collegamenti tra design e altre discipline.
Da vera Italiana non posso chiudere l’intervista senza chiedervi quale sia il vostro piatto preferito
Il nostro piatto preferito è la pasta aglio olio peperoncino. Quasi tutti possono permetterselo, è buono, semplice e senza ingredienti inutili. Ci piace riempirlo con muddica (briciole di pane tostato come vuole la tradizione siciliana)