Irripetibile, iconica, unica e straordinaria. Questi alcuni degli aggettivi per provare a descrivere la più leggendaria sfilata di sempre di Maison Margiela.

Mi riferisco allo show della Spring/Summer 1990 del 19 ottobre di quell’anno, che proiettò il designer belga tra nel gotha della moda internazionale, grazie a un concept che all’epoca sovvertì completamente quello che era il modus pensandi e operandi del fashion system ormai consolidato lungo tutti gli anni ’80.
Margiela capovolse il concetto di esclusività e autoreferenzialità, in luogo a una nuova ricerca incentrata sulla provocazione, sul capovolgimento dello status quo e che puntasse tutto sul concetto di “vero” volendo abbattere la perfezione simulata di ogni sfilata del tempo. A partire dalla location scelta per quello show immortale.

All’epoca, durante la fashion week di Parigi, venivano allestiti dei tendoni appositi di fronte al Musée du Louvre dove le maison sfilavano davanti al simbolo che più di altri rappresenta ciò che è elitario nella capitale francese. Margiela preferì scegliere qualcosa di diverso: un tendone fatiscente nella periferia parigina, complessa e difficile, dove chiese una mano a un gruppetto di ragazzi della zona per trovare la location adatta a ospitare l’evento. Il luogo venne scelto ma la maison non si fermò lì. Tirò dentro anche la scuola elementare del quartiere con un progetto basato sull’arte e sulla creatività, facendo realizzare gli inviti alla sfilata proprio dagli alunni di quella scuola: il risultato fù che vennero realizzati più di 500 inviti tutti diversi dagli altri, unici e realizzati a mano.


La sfilata fu del tutto surreale. L’affluenza, nonostante la location periferica, fu incredibile e le personalità attese (giornalisti, editor, etc., c’erano quelli del New York Times, di Vogue e di Elle) una volta arrivati sul posto, non trovarono nessuna delle cose a cui erano abituati, accoglienza, door selection, posti assegnati, niente di tutto questo.

Vigeva la regola, first come first served, cioè chi prima arriva prende il posto migliore. Il front row era dominato dai ragazzi e dai bambini della zona che lo stesso Martin Margiela gli aveva riservato, come segno di gratitudine per avergli “concesso” di sfilare lì. Ovviamente quei ragazzini fecero molto fatica a restarsene seduti, le modelle sfilarono – insieme a quei ragazzi – su una “non passerella” completamente sconnessa e un leggero delirio dominò l’intero show.

Lo show della Spring/Summer 1990 di Maison Martin Margiela fu un fulgido esempio di come la visione di un singolo possa mostrare a tutti che se si vuole, le cose posso essere diverse e non per questo perdere di efficacia ma anzi, spesso dietro a scelte apparentemente fuori dagli schemi prestabiliti, si nasconda la vera essenza delle cose.
