Ci sono esistenze che, in modo incontestabile e attraverso il loro lavoro e il loro approccio alla vita, definiscono l’epoca in un cui hanno operato.
Una di queste è Mary Quant, la visionaria e intraprendente stilista britannica che ha riscritto le regole e le tendenze di un’epoca di grandi cambiamenti socio-politici, economici e culturali e che hanno fortemente trasformato i valori della collettività, gli anni ’60.

La Quant si è spenta ieri all’età di 93 anni nella sua casa nel Surrey, una contea dell’Inghilterra del sud, lasciandoci in eredità l’invenzione della minigonna, anche se la questione è molto dibattuta.

“Né io né Courregès l’abbiamo inventata. Lo ha fatto la strada”, disse una volta la designer, provando a disinnescare la lunga e stucchevole querelle su cui avesse effettivamente “inventato” un capo che sconvolse lo status quo della moda del tempo.


Nacque da genitori gallesi nel 1930 e crebbe a Blackheath, nel sud di Londra. Da sempre mente creativa estremamente brillante, la Quant studiò illustrazione ed educazione artistica laureandosi alla Goldsmiths, University of London dove conobbe Alexander Plunket Greene, che diventerà poi suo marito e con il quale, nel 1955, aprì la sua prima boutique londinese, “Bazar”, in King’s Road a Chelsea.


Il negozio non era soltanto un semplice negozio, ma ben presto diventò a tutti gli effetti un centro culturale nevralgico della Londra del tempo – ci si poteva incontrare modelle, artisti, designer, intellettuali – e dove l’esperienza di acquisto era totalmente rivoluzionata: la musica ad alto volume, drink gratuiti agli avventori, le vetrine allestite in modo originale e divertente, l’apertura fino a notte inoltrata furono gli strumenti con i quali scalfì la formalità che dominava la società dell’epoca.

Fu anche la “mamma” degli hot pants, che abbinava spesso a collant coloratissimi e stivali alti . A quanto pare, a spingere la Quant ad “accorciare” le sue creazioni erano i clienti stessi che, spinti da quell’energia dirompete e innovativa, si rendevano protagonisti della storia che stava cambiando.
Ieri se n’è andata, per usare le parole della famiglia, “una delle stiliste più riconosciute del XX secolo a livello internazionale e una straordinaria innovatrice” e noi non possiamo che essere d’accordo.
