Qualche pomeriggio fa abbiamo fatto quattro chiacchiere con Andrea, in arte Memento, in occasione dell’uscita del suo primo EP “Memento Non Ha Paura Del Buio”.
Erano le 15 ed entrambi avevamo finito di pranzare da poco, così poco da non avere il tempo per godersi un caffè e una sigaretta in santa pace.
Ma poco importa, nonostante qualche problema audio di troppo, decidiamo di prenderlo insieme perché quando potrebbe ricapitare?!
Ma tocca fare presto perché il giovane artista di Asian Fake alle 16 ha le lezioni della patente, per cui dobbiamo darci una mossa.
Per chi non lo sapesse Memento è entrato a far parte del roster della casa discografica con “Hanami”, il nuovo progetto nato per dare visibilità a una nuova generazione di talenti della musica italiana. La parola è giapponese e indica la pratica di osservare la fioritura degli alberi in Primavera.
Già a quel tempo ci aveva dato una preview, per così dire, della sua magia con la sua “Non ti conosco”.
Sin dal primo ascolto della prima traccia siamo rimasti impressionati dal suo stile, dalle parole e dalla sua musica in generale.
In questo EP la musica traccia i confini di un mondo sognante, una via di fuga dall’oscurità della realtà dove la sensibilità fuori dal comune di Andrea trova il suo spazio e la sua massima espressione. Memento affronta con poesia le sue paure più nascoste ricercando la luce in ciò che lo circonda e nelle esperienze di vita che trasferisce all’interno dei suoi testi. Alle liriche del giovane artista si affianca un tappeto sonoro molto particolare che va dalla musica soul all’elettronica, e al lo-fi, creando un accostamento di suoni ricercato e diverso che sta alle fondamenta delle atmosfere del disco.
Un EP di sette tracce, 2 già conosciute che siamo sicuri vi conquisteranno già dal primo ascolto.
Come sempre, adesso lasciamo spazio alle sue parole, per farvi conoscere meglio questo talento classe 2002, dalle grandi aspettative.

Iniziamo dal principio, come mai hai scelto Memento come nome? É un nome che sentiamo spesso, sia per la famosa citazione latina, sia per quel colossale capolavoro di Nolan.
Memento è nato casualmente circa un anno e mezzo fa. Prima, in arte, mi chiamavo Young Swarthy, perché faccio di cognome Bruno e in inglese si dice swarthy. Era la sera del lancio del nuovo disco di Salmo che è stato fatto in Darsena e mi era venuto lo schizzo di voler cambiare nome. Ero lì con amici, ci siamo messi a buttare giù idee e Memento mi è piaciuto un sacco e alla fine ho deciso di chiamarmi così.
Cosa significa per te questo primo EP e come mai hai scelto questo nome ovvero “Memento non ha paura del buio”?
Sono molto contento, è quasi una liberazione far uscire questo progetto, anche se non è tantissimo tempo che ci lavoro. È stato concepito tra quest’estate e questi giorni. Ovviamente sono felicissimo e, per quanto riguarda il titolo, nella realtà Memento ha paura del buio, in senso metaforico come un po’ tutti, penso. Ad esempio, questo periodo è abbastanza buio, io non posso lamentarmi perché fortunatamente questa pandemia non ha toccato né me né i miei amici, ma è stato per tutti un periodo buio. “Memento non ha paura del buio” è una sorta di convincimento, è come dirsi da solo che è buio ma che poi tutto passa ed è un titolo che è venuto un po’ da sé.
Da ascoltatore e fan, mi sento di dire che Asian Fake riesce sempre a trovare una novità e a proporre cose inaspettate.
Che legame c’è tra te e Asian Fake e senti che quest’etichetta sia perfetta per te e per la tua musica?
Asian Fake è una manna dal cielo. Mi ricordo che tempo fa, prima di conoscere tutti loro, e parlavo con i miei amici di Asian Fake e dicevo che sarebbe stato un sogno lavorare con loro e incredibilmente è successo.
Io amo molto Asian Fake perché è un ambiente mega familiare, in cui tengono alla musica e a tutto ciò che ci sta intorno, i cambiamenti, un percorso discografico, un percorso di immagine e di visual. Si lavora davvero benissimo sotto tutti questi punti di vista.
Invece, tu sei entrato in Asian Fake mandando “Non ti conosco”. Quando l’hai realizzata pensavi che con questa canzone avresti potuto svoltare? Cosa pensavi quando hai prodotto questo pezzo?
Quando producevo “Non ti conosco” pensavo sostanzialmente a tutto quello a cui ho sempre pensato e che penso quando faccio musica.
Tra l’altro “Non ti conosco” l’ho concepita come qualsiasi altro pezzo che facevo in quel periodo. Poi ho deciso di partecipare ad “Hanami” e di inviare la fatidica mail, ed è incredibilmente successo.

La prima canzone che mi ha colpito leggendo i titoli delle tracce è stata “A volte mi perdo”. Hai una canzone, che è “Non ti conosco” il cui titolo è di fatto uguale a un pezzo di Venerus, poi c’è questa, ma anche la prima traccia. Anche a livello di sonorità e di sound. Però, se c’è un artista in futuro con cui collaborare, perché proprio Venerus?
Sarà Venerus, spero, perché all’interno di Asian Fake è da sempre l’artista che mi ha ispirato di più. Fa parte del mio passato in qualche modo.
Nel tuo disco c’è questo luogo ricorrente, presente sia come traccia ma lo citi spesso in altre varie parti del testo di altre tracce.
Val di Sogno è stata un po’ la tua musa, e quanto è stata importante nella fase di scrittura?
I luoghi in cui si scrive sono sempre il tramite, ma il luogo è sicuramente una delle cose più importanti. Val di Sogno è il mio posto magico, è il posto in cui io sono tranquillo, mi sento bene e riesco a staccare e appunto si trova sul Lago di Garda, vicino casa mia.
In “Memento non ha paura del buio” nella prima traccia esordisci perdendoti, nell’ultima, invece, non hai paura del buio.
C’è una connessione profonda tra le tracce dell’EP?
Come in tutte le cose, ho scoperto dopo di aver creato un viaggio. Nel senso che il viaggio l’ho vissuto in prima persona in questi mesi in cui ho scritto l’EP e poi ho scoperto di collegarsi concettualmente, anche se di base l’EP non è concept definito, l’idea era di concentrarsi sulla musica. Poi, ovviamente, scrivendo è venuto automatico che si delineasse questa sorta di percorso all’interno dell’EP.
Com’è nata la collaborazione con Rodrigo degli Afterhours? Perché tu sei giovanissimo, e quindi sei un po’ distante da quel mondo lì.
La collaborazione con Rodrigo è nata anche quella casualmente. Innanzi tutto, gli Afterhours fanno parte dei miei ascolti passivi, nel senso che fanno parte degli ascolti che ho “rubato” ai miei genitori perché li sentivano in macchina o a casa e solo ultimamente li ho ascoltati per scelta personale. Ovviamente sono stati una scoperta e il ft. con Rodrigo è nato grazie ad Orange che lo conosce e Rodrigo ha ascoltato il pezzo, gli è piaciuto molto è ha deciso di metterci il suo tocco magico.
Per chiudere, il più grande obiettivo non di Memento ma di Andrea?
Che Memento faccia sempre parte della sua vita, ossia che la musica faccia sempre parte della sua vita.