La neo-archeologia underground di Mosa87

La neo-archeologia underground di Mosa87

Tommaso Berra · 2 settimane fa · Art

Ancora fino all’11 marzo sarà possibile scoprire il lavoro dell’artista Mosa87 presentato nel nuovo negozio milanese di Spectrum. In occasione della mostra Collater.al ha chiesto all’artista cosa intenda per “neo-archeologia” e dell’apparente difficile rapporto tra graffiti art e street art, e della tendenza di quest’ultima ad essere diventata sempre più un fenomeno da galleria d’arte legandosi sempre meno alle strade.

1. La tua ricerca è strettamente legata alla scena underground e urban. Come ti sei avvicinato a questo mondo?
Ho iniziato a fare graffiti all’età di 13, 14 anni. Sono stato quindi affascinato molto presto da ambienti come la metropolitana, i luoghi abbandonati dalle grandi città. Per me la cultura urbana è la cultura dominante, è presente nella nostra vita e mi ispira quotidianamente. La tag è per definizione underground, perché realizzata da sconosciuti che non si preoccupano di fare soldi, in opposizione alla street art che vediamo ovunque oggi.

2. Qual è stato il tuo primo approccio all’arte? Ha iniziato subito con le bombolette spray sui muri della città come writer e street artist?
Il mio primo approccio è stato cercando di copiare ciò che vedevo per strada. A poco a poco ho capito le regole del gioco e ho iniziato a dipingere il nome Mosa sui muri.

3. La strada è il segno del nostro passaggio sulla Terra. La struttura stessa delle città riflette la nostra cultura, le nostre abitudini e il nostro progresso. Con la bomboletta spray lasci il tuo segno personale, cosa intende comunicare Mosa87 utilizzando questo stile?
Dipingere con la bomboletta spray è legato soprattutto al mio piacere personale. La linea, il corpo, il movimento sono gli interessi principali della mia pratica. Sono un tagger. Ciò che mi interessa è soprattutto il movimento, ed è per questo che ho voluto sviluppare un sistema coreografico intorno alla pratica del tag. Per molto tempo il mio interesse è stato quello di scioccare e di andare sempre oltre nei modi di scrivere il mio nome in ogni città del mondo. Ora ciò che mi interessa sono le tag politiche di natura sociale, che si distinguono dalla qualità estetica ma hanno un messaggio profondo, questa è una nuova apertura del mio lavoro.

4. Sappiamo che sei un artista eclettico. Oltre alle opere su muro, realizzi anche sculture, dipinti e video. Come scegli i diversi tipi di medium?
Viviamo in un’epoca in cui è facile trovare il mezzo di comunicazione più adatto a noi. Con questo intendo dire che le tecnologie ci aiutano a liberare la nostra creatività e io provo a utilizzare gli strumenti più in linea con le mie idee. Ci sono così tanti modi per trascrivere la nostra sensibilità che non voglio imprigionarla in una scatola.
Penso che sia importante che gli artisti della cultura underground siano in grado di liberarsi dai codici e di offrire al pubblico, soprattutto a quello dell’arte contemporanea, una visione più ampia, aperta e sensibile del mondo urban. Essere un tagger è una filosofia, è un modo di vivere molto completo e quindi quando entra nel campo dell’arte contemporanea deve riportare tutte le sfaccettature di questo ambiente poco conosciuto e per certi aspetti anche ostile. Gli street artist vorrebbero farci credere che fare street art sia divertente e cool, in realtà è l’opposto. Vagare per le strade di notte attraversare spazi abbandonati, incontrare tossicodipendenti, prostitute che bevono alcolici per scaldarsi non è cool.Voglio che la mia arte rifletta questa realtà e per farlo uso tutti i mezzi a mia disposizione per trascrivere questo modo di vivere e questa energia. Questo è ciò che voglio dare al pubblico, la visione di un adulto di 35 anni che vive nel 2023.

5. Cosa ne pensi del crescente fenomeno della street art che si sposta in luoghi più istituzionali come le gallerie?
Per me la street art è un cesto in cui mettiamo gli artisti che fanno graffiti, i pochoir, i muralisti… È un mosaico di diverse attività urbane. Molto spesso è utilizzata dalle istituzioni per descrivere un movimento mainstream. A causa della mia pratica di tagger, mi trovo in opposizione con certi valori, anche se ci sono molti punti in comune, come per esempio l’utilizzo degli stessi materiali e l’uso del corpo per dipingere su grandi pareti. Da parte mia ho cercato di evitare il più possibile di entrare in questo movimento. Quello che manca nella street art è il pensiero concettuale, la messa in discussione del movimento stesso e troppo spesso la mancanza di proposta estetica quando si passa dalla strada alla galleria. A mio avviso, troppi street artist e graffitari pensano che il loro passato di graffitari sia sufficiente a legittimare il loro status di artisti da galleria ma bisogna rinnovarsi mantenendo la propria etica, come tagger, per me la sfida è lì. 

6. Che cosa intendi per neo-archeologia? Il titolo della serie di opere presentata a Milano nello store di SPECTRUM.

Neo-archeologia è una serie di sculture. L’idea è quella di trovare frammenti di oggetti nei luoghi abbandonati che attraverso mentre vado a taggare. Questi oggetti vengono poi riportati in laboratorio e trasformati per dare loro una nuova vita. Questa forma di archeologia contemporanea mi permette quindi di creare opere di fantascienza intorno agli oggetti e di poter così creare scenari che vengono ad alimentare il mio lavoro artistico. Storia, archeologia, fantascienza sono i temi centrali di questa serie di Neo-archéologia, a Milano presento la versione 3.0.
Neo-archéologia vuole essere un ciclo di lavoro, un metodo, un modo per rendere visibili e vivi i luoghi abbandonati soprattutto a causa della gentrificazione delle nostre città. È un modo per me di parlare di tag, patrimonio e, in ultima analisi, del rapporto con gli spazi delle nostre grandi città, nonché del rapporto con gli oggetti. È un processo di lavoro che mi permette di camminare per le strade di diverse città e di restituire la loro unicità, il mio modo di lavorare mi permette di adattarmi a ogni geografia, scoprire la cultura e l’eredità del nostro passato.

7. Puoi rivelarci qualcosa sul tuo prossimo progetto? Quale città vorresti “segnare” con una tua opera e perché?
Il mio prossimo grande progetto è una mostra personale a Parigi. Mi piacerebbe viaggiare in Sud America. Da quello che vedo, da quello che so, in questo continente ci sono una cultura e un’identità nazionale molto forte. È una regione del mondo che mi piacerebbe conoscere. Spero molto presto.

Mosa87 | Collater.al
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Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Giorgia Massari · 4 giorni fa · Photography

Stati come il Perù, la Thailandia, l’India e la Giordania sono spesso sinonimo di vacanza per gli occidentali, Paesi in cui fare viaggi mozzafiato e di cui si conoscono solo due o tre località “da sogno”. Ma ogni nazione conserva la propria identità storica e culturale così come risvolti crudi e drammatici, spesso ignorati. È il caso della Giordania, meta turistica molto in voga negli ultimi anni e associata in primis a Petra, la suggestiva città scavata nella roccia. Ma cos’altro si conosce di questo stato arabo? Come vive il suo popolo? Ce lo racconta in esclusiva il fotografo italiano Federico Feliciotti attraverso una serie di scatti inediti realizzati in Giordania nel febbraio 2023. 

Il viaggio di Feliciotti in Giordania inizia proprio con intenzioni turistiche. Immediatamente però decide di uscire dalle zone più frequentate e scoprire le tradizioni, le abitudini e le condizioni attuali del popolo giordano.
La Giordania è stato il primo paese del medio Oriente che ho visitato. Paesaggi mozzafiato, deserto e città ferme nel tempo. Questo era quello che mi ero sempre immaginato tra una foto e l’altra nel web. Non immaginavo che fosse molto, ma molto di più.” – ci racconta il fotografo – “ad esempio, non sapevo che la Giordania ospitasse rifugiati da circa 20 anni. Parliamo di una popolazione totale composta da dieci milioni di persone, fra cui mezzo milione di siriani rifugiati.

Federico Feliciotti mette il luce gli effetti che la crisi economica e il cambiamento climatico hanno avuto sulla vita del popolo giordano. I suoi scatti racchiudono l’essenza delle persone che ogni giorno si sforzano di sopravvivere, in mancanza di acqua, di cibo e di una casa confortevole in cui abitare. Il velo di nebbia che avvolge alcune fotografie concorre nel creare un’atmosfera drammatica, in altre invece il cielo azzurro e la luce gialla del sole illuminano la composizione, evidenziando la capacità delle persone di apprezzare la vita nonostante le difficoltà. La felicità e la spensieratezza si vede sui volti dei bambini ritratti da Federico: alcuni giocano a pallone in strada, altri lo guardano divertiti.
L’alternanza emotiva che i suoi scatti propongono crea una sensazione pesante, che stringe il cuore dello spettatore, ora perso con la mente nelle lande aride e desolate della Giordania.
Federico Feliciotti è stato ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas

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La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

Tommaso Berra · 3 giorni fa · Photography

C’è qualcosa nelle foto di Tom Johnson che porta i soggetti ad essere sempre protagonisti fieri del momento immortalato. Che si tratti di progetti commerciali o di produzioni personali, il soggetti rappresentati dall’artista inglese sono sempre celebrati nella loro quotidianità e unicità.
Partito come fotografo per l’agenzia Magnum, ora Tom Johnson è un apprezzato fotografo con pubblicazioni e progetti internazionali, nei quali porta la sua predilezione per ambienti isolati come nuclei unici per i quali vale la pena raccontare storie al singolare.
Questa ricerca di imprimere storie autentiche si trasmette anche attraverso la narrazione dei momenti davanti ai quali si trova l’autore. Sul suo profilo Instagram con qualche riga ti testo è spiegato il momento in cui si è trovato davanti un buffo ragazzino con una cuffia da nuoto in testa, lo sguardo in camera di un signore che tiene in braccio un’oca finta o i passatempi di due gemelle vestite interamente di rosa.
Il movimento è senza dubbio un altro degli aspetti che non manca mai nelle fotografie di Johnson. Di questo prende l’espressività imprevista che crea nei soggetti e il momento, ancora una volta, unico, che non si ripeterà con la stessa esattezza o inesattezza, ma resterà una storia autentica.

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
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Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Giorgia Massari · 1 secondo fa · Photography

Tra meno di un mese, il 14 aprile 2023, a Londra inaugurerà l’annuale mostra di fotografia Sony World Photography Awards, giunta alla sua 16° edizione. Il progetto nasce da una collaborazione tra Sony e World Photography Organisation con l’obiettivo di celebrare i migliori fotografi provenienti da tutto il mondo, dagli emergenti ai professionisti. In attesa dell’inaugurazione che si terrà da Somerset House, SWPA annuncia i vincitori della categoria Open Competition, che concorreranno per aggiudicarsi il premio di Open Photographer of the Year 2023 e i cinque mila dollari in palio.
I giudici del concorso Open hanno ricevuto più di 200 mila immagini, il più alto numero di iscrizioni ricevute in sedici anni. Tra i numerosi scatti ne sono stati selezionati dieci, uno per ogni categoria stabilita. Natura e fauna selvatica, Ritrattistica, Street photography, Travel, Architettura, Lifestyle, Motion, Object, Natura morta, Paesaggio e Creatività sono i temi affrontati quest’anno.
Non dev’essere stata una scelta facile per i giudici e in particolare per Eric Scholsser, direttore artistica della Tbilisi Art Fair, giudice della competizione Open. Il risultato delle difficili scelte prese è la presenza di una varietà di stili, di luoghi e di colori che caratterizza ogni fotografia.

Tra i nomi internazionali in concorso c’è Giorgos Rousopoulous, che vince il premio per il miglior paesaggio, trasportando lo spettatore in Grecia, più esattamente nel Parco Nazionale di Pindus. Il miglior scatto Lifestyle di Azim Khan Ronnie mostra invece dei bambini di un villaggio in Bangladesh, ritratti in un momento di spensieratezza. Il premio per la categoria Architettura è vinto invece dal fotografo inglese Mark Benham con lo scatto The Silos, dai colori caldi e l’atmosfera metafisica.
Sono quattro gli scatti in bianco e nero che si aggiudicano i premi di categoria: Max Vere-Hodge con Ghosts (Viaggi), Dinorah Graue Obscura con Mighty Pair (Natura e fauna selvatica), Boris Eldagsen con Pseudomnesia (Creatività) e Andreas Mikonauschke con lo scatto Exhausted per la categoria Street Photography. Il bianco e nero si riconferma autentico e ribadisce che “una buona immagine non ha bisogno di colore”.
Sono invece preponderanti e brillanti i colori dello scatto vincitore della categoria Motion, aggiudicatosi da Zhenhuan Zhou, in cui il fotografo ritrae una cowgirl in sella a un cavallo in corsa, intento a frenare bruscamente per affrontare la curva. Dall’armonia cromatica sulla scala dei marroni è il ritratto di Charlie realizzato da Sughi Hullait (Ritratti) che racconta la storia di un gruppo di ragazzi inglesi che durante la pandemia costruirono uno skate park fai da te.
Il tema del riciclo e del rispetto ambientale è affrontato da Mieke Douglas nello scatto Recycled, vincitore della categoria Oggetto. Il suo scatto fluttuante ed etereo raffigura dei fiori fatti di carta e nastri che probabilmente galleggiano negli abissi, mettendo in luce una tematica delicata e attuale.
Il vincitore assoluto di questo concorso verrà annunciato il 13 aprile 2023 e darà il via alla mostra fotografica dell’anno, visitabile fino al primo maggio. 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
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10 foto da vedere in attesa del Fotografia Calabria Festival

10 foto da vedere in attesa del Fotografia Calabria Festival

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Sta tornando Fiumefreddo Photo Festival, che per il 2023 propone il tema del cambiamento, così come a cambiare è anche il Festival stesso, che sceglie come nuovo nome Fotografia Calabria Festival. Dal 21 luglio al 20 agosto 2023 infatti non sarà solo il comune di Fiumefreddo Bruzio (CS) ad ospitare le mostre fotografiche, ma anche il comune di San Lucido (CS) si unirà all’iniziativa.
I due borghi del basso Tirreno accoglieranno mostre, eventi, talk e workshop dedicati alla fotografia, ospitando fotografi italiani e internazionali che affronteranno il tema osservando l’epoca contemporanea e le sue trasformazioni. Ogni fotografo coinvolto proporrà la propria visione di cambiamento, secondo sfumature differenti. Per scoprire meglio il primo festival dedicato alla fotografia in Calabria Collater.al ha selezionato 10 fotografie che saranno presenti all’evento.

Il cambiamento viene inteso dalla fotografa argentina Gabo Caruso come trasformazione del corpo, affrontando il tema dell’identità di genere attraverso la storia di transizione della piccola Cora. Anche Arianne Clément, fotografa inglese, approfondisce il concetto di cambiamento legato al corpo, fotografando corpi nudi femminili di diverse generazioni, concentrandosi in particolare sulle figure anziane.

Calabria Photo Festival | Collater.al
Gabo Caruso – Cora’s Courage
Calabria Photo Festival | Collater.al
Arienne Clément – The Art of Aging (2)

Klaus Pichler mette in luce gli effetti devastanti che gli interessi economici e gli interventi di ingegneria genetica stanno provocando alla biodiversità. Sulla stessa scia, il collettivo Climate Visuals evidenzia le conseguenze del cambiamento climatico attraverso il progetto Ocean Visuals, una raccolta di immagini su oceani e coste.
Dal punto di vista sociale, il cambiamento è evidenziato dalle nuove generazioni e dalle tecnologie che ne modificano le strutture. Ne parlano il fotografo tibetano Xiangyu Long, concentrato sulla globalizzazione provocata dai social media, e la fotografa inglese Laura Pammack che invece evidenzia i parallelismi tra i giovani che vivono in luoghi opposti del mondo.

Legato al territorio è invece il progetto Far South di Michele Martinelli, così come il progetto site-specific del collettivo Vaste Programme di Giulia Vigna e Leonardo Magrelli.
In questa seconda edizione del Fotografia Calabria Festival parteciperà anche l’Archivio Luce – Cinecittà, con la sua prima mostra in Calabria dal titolo Anni Interessanti, per raccontare gli anni di cambiamento sociale, economico e culturale del nostro paese dal 1960 al 1975.

Calabria Photo Festival | Collater.al
Xiangyu Long – TikTok in Kham
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Laura Pannack – Island symmetries
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