La playlist per prepararsi al Primavera Sound 2018

La playlist per prepararsi al Primavera Sound 2018

Aurora Alma Bartiromo · 6 anni fa · Art

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Le temperature si sono alzate e – come ogni anno – arriva il Festival più desiderato che porta il nome della stagione più desiderata. Ovviamente stiamo parlando del Primavera Sound 2018.

E qual è il modo migliore per ingannare l’attesa e allo stesso tempo farsi trovare preparati?

Una playlist, what else?

1. Spiritualized / Ladies and Gentlemen we are floating in space

Per partire alla grande con un volo pindarico nello spazio.

Baby, I love you today
I guess that’s what you want
And I don’t know where we are all going to

2. Belle and Sebastian / Another sunny day

Torniamo con un ritmo preso benissimo sulla terra. Perché dovremmo esserne felici? Beh, c’è un gran bel sole quaggiù.

Another sunny day
I met you up in the garden
You were digging plants
I dug you, beg your pardon

3. Björk / It’s Oh so quiet

È tutto così tranquillo, almeno fino ad un attimo prima di innamorarsi. La canzone perfetta per chi si sente battere il cuore con l’arrivo della primavera.

“You blow a fuse
Zing boom
The devil cuts loose
Zing boom
So what’s the use
Wow bam
Of falling in love?”

4. Nick Cave / Into my arms

Ma l’amore è forse solo un casino pazzesco? No. E con questa canzone diventa tutto dolcissimo, anche piangere disperatamente.

“Oh, not to touch a hair on your head
Leave you as you are
If he felt he had to direct you
Then direct you into my arms”

5. The War On Drugs / Up all night

Una luce alla fine del tunnel di una notte insonne con il cuore a pezzi e la mente contemporaneamente così vuota e così piena.

“But it just stopped raining
I’m stepping out into the world
I’m stepping out into the light, yeah”

6. Floating Points / Nespole

Hai presente quando sei da solo in camera e hai voglia di ballare? Ecco.

7. Nils Frahm / Momentum

La contemplazione estatica della vita in un pomeriggio assolato qualsiasi. La risoluzione improvvisa che ci spinge a prendere una decisione.

8. Four Tet / L.A. Trance

I risvegli lenti e assonnati ma con il ritmo giusto. E gli uccellini che cinguettano.

9. Warpaint / Love is to die

Eros e Thanatos.

But
Love is to die
Love is to not die
Love is to dance

10. Unknown Mortal Orchestra / Multi-love

Cos’è l’amor? Una gran confusione che va oltre qualsiasi regola sociale.

Fearing new kinds of mind control and just blaming each other
She don’t want to be your man or woman
She wants to be your love

11. Kelela / Jupiter

Bassi e una voce suadente. Per accarezzare le orecchie prima che arrivi il temporale.

It’s hard to hear
You’re in and out
I can tell you’re running

12. Mount Kimbie / Marilyn

Quando ti giri a guardare chi vorresti guardare e ti accorgi che anche lui ti stava guardando.

I’m looking up at you, yeah
Are you looking up at me, yeah?

13. Marcel Dettmann / Bad boy

Iu uuu c’è all’ascolto qualche ragazzo cattivo con tanta voglia di ballare?

14. The National / Walk it back

Un discone, un pezzone. Un ritmo che ti entra nella testa e ti culla nella tristezza.

I’m Forget it, nothing I change changes anything
I won’t let it, I won’t let it ruin my hair

15. Tyler, The Creator / I ain’t got time!

Per sopravvivere alle incazzature quotidiane o per un’estenuante sessione in palestra.

“Who the fuck you talking to, motherfucker?
Boy, I ain’t got time”

16. Charlotte Gainsbourg / Deadly valentine

Per ballare un po’ anche con il mal di cuore.

“Damn! Can’t even remember my name
You are my thing, I’m my own shadow”

17. Arca / Child

Quel carico di suspense/ansia che non fa mai male per prepararsi. A cosa? A tutto.

18. Mogwai / Take me somewhere nice

Nella tua stanza a fissare il soffitto aspettando che qualcuno passi a salvarti.

“What would you do
If you saw spaceships
Over Glasgow?
Would you fear them?”

19. Cigarettes After Sex / K.

Stile a palate, da ascoltare mentre ti prepari ad uscire e – perché no? – ad innamorarti.

“I remember when I first noticed that you liked me back
We were sitting down in a restaurant waiting for the check”

20. Rhye / Blood knows

Il perfetto sottofondo per fare l’amore, quello vero.

“It’s coming down for me this way
I’ll be calm for you and fearless”

21. Ty Segall / The last waltz

Un valzer moderno e disperatissimo in contrasto con una musichetta quasi da ridere.

“Yes, I remember now, my wedding wine
I’ll drink some now, stop wasting my time”

22. Thundercat / Walk on by

Il giusto flow per convincere qualcuno, o – perché no? – se stessi, a restare.

“At the end of it all
No one wants to drink alone
Baby that’s how it goes
Don’t walk away from me”

23. The Black Madonna / He is the voice I hear

Senti le voci? Va benissimo così, non ci pensare e continua a ballare.

24. Yellow Days / Your hand holding mine

Quell’atmosfera da piano-bar in chiusura quando stai tenendo in mano l’ultimo bicchiere pensando all’amore della tua vita.

“A bruised soul, purple and blue
But I think I’ve found something in you
You hold my hand so close between yours
All of this time I always thought it would be your hand”

25. Sevdaliza / Soul Syncable

Per rimettere in sync l’anima.

“I’m on codeine
Suffer to dream
In the most caring way”

26. Arctic Monkeys / Cornerstone

Le allucinazioni date dall’amore e altre droghe in questa ballad dal sound senza tempo.

“She was close, and she held me very tightly
’Til I asked awfully politely
<<Please, can I call you her name?>>”

27. Lorde / Sober

Alla fine un po’ di Pop piace a tutti e anche sentirsi in un chiosco sul lungomare col drink in mano. Insomma, quando sei tutto tranne che sobrio.

“But my hips have missed your hips
So, let’s get to know the kicks
Will you sway with me?
Go astray with me?”

28. Beach House / Dive

Un bellissimo daydream da ascoltare alla guida al ritorno dal mare con un tramonto di quelli illuminanti, in tutti i sensi.

“Tell her something
Tell her nothing
Tell her that you’re
Fading”

29. Slowdive / No longer making time

Ma quant’è bello lo shoegaze?

“You come around and I don’t know why
Just lovers and life
Common ground, Yeah there’s no surprise”

30. The Blaze / Virile

Un “fomento” di quelli che o picchi qualcuno o cominci a ballare come un matto con tutti i tuoi amici, anche quelli che non sono lì con te.

“Oh come with me we’re gonna burn sunset
Just take your lighter, sky will be better in red”

31. Jon Hopkins / Emerald Rush

Sempre una garanzia e questo nuovo pezzo promette bene, anzi benissimo. Un viaggio interstellare pur rimanendo ore ed ore on the dance floor.

32. Deerhunter / Agoraphobia

A volte le richieste d’aiuto funzionano meglio se canticchiate allegramente.

“I had a dream no longer to be free
I want only to see four walls made of concrete
6 by 6 enclosed
Soon we’re on video oh oh oh”

33. Ariel Pink / Another weekend

Da ascoltare a scelta o il venerdì prima di cominciare o la domenica pomeriggio con l’hangover.

“Another weekend out of my life
I’m either too shy or humble
Another weekend I can’t rewind
Is gonna get me into trouble”

34. John Talabot / Destiny

Tutti pronti per le feste infinite in riva al mare?

“Its a destiny, I don’t believe in destiny
Yes you do, you just don’t know it yet”

35. Populous / Azulejos

I ritmi esotici con il caldo piacciono a tutti, diciamocelo.

36. Donato Dozzy / Aurora

L’Aurora è arrivata e sicuramente tu stai ancora ballando vero?

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©2017 Graham MacIndoe

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La playlist per prepararsi al Primavera Sound 2018 | Collater.al
Marcel Dettmann by Sven Marquardt, 2017

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30 MAG - 3 GIU
WHERE:
BARCELLONA
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Dsquared2 torna agli anni ’30 con Betty Boop

Dsquared2 torna agli anni ’30 con Betty Boop

Collater.al Contributors · 5 giorni fa · Art, Style

Chi meglio di Betty Boop incarna lo spirito della femminilità anni ’30? Iconica, divertente e magnetica é apparsa per la prima volta in Dizzy Dishes, un prodotto di Fleischer Studios. Indimenticabile il suo incedere, ispirato dalle flappers della Jazz Age. Dsquared2 ha coinvolto proprio lei, Betty Boop in una capsule estiva sia per uomo che per donna. L’idea é quella di trasformare il personaggio in una vera e propria super eroina munita di mantello rosso in volo sopra un panorama metropolitano mentre elogia i due founder del brand. Il tutto completo di loghi co-branded divertentissimi.

Qualche curiosità su Betty Boop

Forse non tutti sanno che Betty Boop, inizialmente, nasce come cane per poi trasformarsi nell’unico personaggio animato femminile al mondo nel 1932. Una vera e propria icona che anima i pezzi della collezione con applicazioni patchwork, talvolta sovrapposte l’una sull’altra. Anche la voce, doppiata da Mae Questel, è entrata nell’immaginario comune che ha accompagnato la serie originale dedicata al Betty fino al 1939. Dall’inizio degli anni ’40 in poi diventa quindi punto di riferimento nel mondo dei cartoni animati facendo capolino in moltissimi film, speciali tv e pubblicità.

La collezione per la Primavera/Estate 2024

La collezione verrà lanciata il mese prossimo e prevede giacche e jeans in due lavaggi, una felpa nera e t-shirt da uomo mentre da donna vedremo gli stessi pezzi ma per il pantalone due fit diversi, uno più morbido e l’altro più dritto. Non mancano anche gli accessori, fra cui un cappellino e un bucket hat in denim insieme a sneakers in tela rialzate da suole bianche che presentano sulla linguetta il logo co-branded.

Dsquared2 torna agli anni ’30 con Betty Boop
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Dsquared2 torna agli anni ’30 con Betty Boop
Dsquared2 torna agli anni ’30 con Betty Boop
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IN STUDIO con Giglio Tigrato – ep. 3

IN STUDIO con Giglio Tigrato – ep. 3

Anna Frattini · 7 giorni fa · Style

Per questo terzo appuntamento di IN STUDIO, siamo andati nello studio di Carlotta Orlando, founder e designer dietro a Giglio Tigrato, progetto che nasce dalla passione per l’upcycling e per la pittura. Quando Carlotta apre il profilo Instagram @gigliotigrrrato, un po’ per gioco, l’idea era quella di personalizzare capi e mostrarne una selezione vintage. A ottobre 2020 nasce quindi ufficialmente Giglio Tigrato, dapprima focalizzato sull’upcycling e da qualche tempo con l’aggiunta di vere e proprie collezioni sartoriali Made in Italy. Tutte realizzate con tessuti di scarto, i cosiddetti deadstock, nel caso di Giglio provenienti da grandi aziende della moda e del lusso. Il riutilizzo del materiale non si limita solo al capo, magari da rivitalizzare, ma anche al tessuto vero e proprio. Il team di Giglio si sta ampliando e il progetto, pian piano, sta crescendo in modo organico. La volontà è quella di non lasciare indietro i valori che contraddistinguono l’idea iniziale di Carlotta. La collaborazione con Guerrillab per le grafiche e con altre piccole realtà avvalora la mission di Giglio Tigrato di discostarsi dalla massa e non seguire trend e micro-trend. Andiamo a scoprire lo studio – o meglio, atelier – dove Carlotta e il suo team tutto al femminile lavorano sulle collezioni, ma non solo.

Chi è Carlotta Orlando?

Classe ’98, Carlotta Orlando, detta Ciotti, è la founder, Designer and Creative Director di Giglio Tigrato. Dopo aver terminato il corso di Design della Moda al Politecnico di Milano e qualche esperienza in maison italiane decide di dar vita alla sua isola che non c’è. Giglio Tigrato, un chiaro omaggio alla Principessa Giglio Tigrato di Peter Pan. Carlotta è la mente dietro a questo progetto che guarda alla sostenibiltà e che, infatti, vede una moda più sostenibile nel suo futuro. Senza compromessi.

Lo studio

Ci troviamo in zona Parco Sempione, a Milano, all’ultimo piano di un condominio signorile. Carlotta ci accoglie in una mansarda, il suo studio, ma anche casa. Fra i pezzi della collezione su relle ordinate e cowboy hats in giro per lo spazio ci sediamo a conversare con lei. Intorno a noi tutti i suoi ricordi e tantissimi bozzetti, fili di ogni colore e anche una termopressa. Tutto quello che serve per dar vita a una collezione. In un angolo c’è qualche scarto, pronto per essere trasformato in qualcosa di nuovo. Carlotta ci racconta di quanto sia importante la condivisione degli spazi con altri, amici e collaboratrici. Attenzione però, la divisione fra casa e studio é ben delineata, il suo studio é volutamente concepito come un vero e proprio atelier, un laboratorio, nettamente separato dalla quotidianità e dal privato. 

Parlaci un po’ di te. Chi sei e come si sviluppa la tua ricerca come Creative Director, Founder e Designer di Giglio Tigrato?

La mia passione per il fashion design è nata quasi per caso al Politecnico di Milano. Per un errore. All’università ho iniziato a sentir parlare di sostenbilità, un approccio che ho continuato a seguire anche dopo gli studi. Infatti a ottobre 2020 nasce Giglio Tigrato, dapprima focalizzato sull’upcycling e oggi completo di vere e proprie collezioni sartoriali Made in Italy. Tutte realizzate con tessuti di scarto, i cosiddetti deadstock. Sostenibilità quindi non si riflette solo nell’anima di Giglio Tigrato ma è anche come mi vesto, come viaggio e come mangio. La mia ricerca si focalizza su pezzi unici, su capi basic ma sopratutto sui layer da combinare con altri abiti che già abbiamo nell’armadio. Insieme al mio team, cerco di lasciare indietro trend e micro-trend per realizzare collezioni seasonless che non seguano i sistemi della moda per come la conosciamo.

Quali sono i materiali e le texture che prediligi?

Non prediligo nessun materiale in particolare. Solitamente, parto da quello che trovo quando disegno le collezioni di Giglio. Disegno e progetto, successivamente, su quello che mi capita di aver fra le mani. Al netto di questa modalità, prediligo le fibre naturali, riciclabili che sono anche più durevoli nel tempo. Usando deadstock di grandi aziende ci ritroviamo anche ad avere la garanzia di una qualità superiore. In generale, amo l’animalier e tutte le fantasie che mi rendono possibili combinazioni giocose e fuori dal comune. 

Quale oggetto non può mancare nel tuo studio?

La musica. Il sottofondo giusto che accompagna il nostro lavoro in studio rimane una delle cose più importanti. Sia che io rimanga da sola in atelier o no. Alternativamente, ascoltiamo anche podcast.

Come ti relazioni allo studio? Come lo vivi/percepisci? Come un luogo esclusivsmente di lavoro o anche come spazio conviviale per incontrare amici o altri designer o artisti?

Fin dall’inizio, il mio modo di vedere lo studio rispecchia quello dell’isola che non c’è. Non solo perché Giglio Tigrato è una dei personaggi di Peter Pan ma anche perché al momento della sua nascita, durante la pandemia, era un vero e proprio modo per evadere e fare ciò che più mi fa stare bene. Ad oggi, l’atelier diventa anche un luogo dove amo riunire tante persone. Ci sono occasioni facciamo dei veri e propri open-atelier: invitiamo chi è interessato alle nuove collezioni trasformando questo spazio in luogo di condivisione.

Da quanto tempo sei in questo studio? Sei affezionata o hai una concezione più nomade del luogo di lavoro? Te ne andresti domani?

In questo ambito é molto difficile lavorare in viaggio o fuori dal proprio studio. La macchina da cucire é troppo difficile da trasportare e per questo, da quando è iniziata l’avventura di Giglio Tigrato mi sono sentita più legata a Milano. Questo è il mio spazio di lavoro e nonostante io passi tante giornate fuori è fondamentale riunirsi in uno spazio per rimanere focalizzati

Come costruisci una collezione? Da dove parti? Vuoi parlarci del tuo processo creativo?

Parto dal materiale. Per Giglio Tigrato e per me come designer upcycling significa riutilizzare qualcosa che è stato messo da parte. La ricerca dei tessuti o la ricerca dei capi vintage è l’inizio del mio processo creativo. Successivamente, si passa al disegno e alla ricerca. In questo senso gli strati sono fondamentali nel mio modo di vedere le collezioni. Si passa poi alla prototipia. Collaboriamo con una modellista su Milano che si occupa dei primi prototipi mentre della collezione se ne occupa una sartoria fuori città a conduzione familiare. Si tratta di un’ottantina di pezzi, quindi una collezione molto piccola ancora, ma che punta a crescere.

A cosa stai lavorando attualmente? Quali sono i tuoi progetti futuri?

La volontà, per ora, è quella di far crescere ancora di più Giglio Tigrato. Sto valutando l’apertura di un negozio su strada, ma insieme al mio team vorrei anche iniziare a lavorare al nostro primo fashion show da presentare a inizio 2025. Legato a questo, vorrei passare da due collezioni all’anno a una. Chiaramente seasonless.

ph Credits Andrés Juan Suarez

IN STUDIO con Giglio Tigrato – ep. 3
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IN STUDIO con Giglio Tigrato – ep. 3
IN STUDIO con Giglio Tigrato – ep. 3
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HOKA e SATISFY ripensano la Clifton LS

HOKA e SATISFY ripensano la Clifton LS

Anna Frattini · 1 settimana fa · Style

Abbiamo già parlato di HOKA e della collaborazione con Nicole McLaughlin. Ieri il brand parte di Deckers Brands ha presentato una nuova partnership con SATISFY. Il modello HOKA coinvolto in questa collab è la Clifton LS che é poi diventata la HOKA x SATISFY Clifton LS. Una combinazione che fa emergere l’affidabilità e il design performante di entrambi i brand.

SATISFY è un brand votato alla performance con sede a Parigi con la mission di supportare i runner nel raggiungimento di risultato sempre più elevati. La scarpa nata dalla collab con HOKA si contraddistingue per il mesh tecnico che prende spunto dalle mappe topografiche e garantisce una traspirabilità perfetta insieme a uno stile ben delineato. Insomma, una scarpa perfetta per la corsa naturale e la reattività, sia per la corsa su strada che su trail. Questo anche grazie al doppio tirante posizionato sul tallone che, unito al sistema di allacciatura rapida intelligente, propone una calzata comoda che ci ricorda le scarpe a arrampicata. In più, la punta riflettente tutela anche il runner nel caso di corse notturne e la suola in gomma Durabrasion è pronta ad affrontare ogni tipo di terreno con agilità.

Disponibile al prezzo di 225€, la Clifton LS di HOKA x Satisfy è disponibile per l’acquisto su SatisfyRunning.com e su HOKA.com e presso rivenditori selezionati in tutto il mondo.

HOKA e SATISFY ripensano la Clifton LS
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HOKA e SATISFY ripensano la Clifton LS
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Il gilet disegnato da Bruno Munari

Il gilet disegnato da Bruno Munari

Andrea Tuzio · 2 settimane fa · Style

Una delle menti più brillanti e creative del nostro paese, “uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo”, è stato Bruno Munari. Poliedrico, geniale e capace di contributi in svariati campi dell’espressione, Munari ha costantemente spiazzato e preso in contropiede l’intero mondo creativo italiano e non soltanto. Ma tra le tante idee realizzate dalla figura leonardesca milanese, ce n’è una che a differenza delle altre è stata poco raccontata. La storia di questo progetto in realtà è molto breve e allo stesso molto semplice.

Correva l’anno 1992, e al tempo la casa editrice Corraini e Bruno Munari stavano lavorando insieme alla presentazione di alcuni volumi della collana “Block Notes”, una sorta di raccolta di idee e progetti ma in formato tascabile, quindi facilmente trasportabili senza bisogno di borse o altro. A quel punto arrivò la richiesta di Corraini a Munari: “ci servebbe un espositore per questa nuova collana”. L’artista e designer allora pensò bene di disorientare tutti per l’ennesima volta nella sua carriera, e di manifestare in maniera tangibile la sua incredibile capacità di pensare totalmente fuori dagli schemi con la creazione di un gilet multi pocket, sì, un gilet. 

“Abbiamo chiesto a Munari di pensare a un espositore che potesse far vedere tutti i libri… e lui ci ha disegnato un gilet. È un oggetto che mostra bene l’importanza che aveva per lui imparare e conoscere attraverso tutti e cinque i sensi, dalla vista al tatto. Il gilet era infatti progettato con tessuti di tanti tipi che creano una texture e anche una sensazione tattile interessante”, questo il ricordo di Maurizio Corraini a proposito di quella stravagante quanto fantasiosa idea. In una contemporaneità fatta di omologazione, dove i processi culturali vanno pian piano perdendo le loro peculiarità a vantaggio di un’uniformità dominante, Bruno Munari resta un faro ancora molto luminoso per tutti. 

Il gilet disegnato da Bruno Munari
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