Quali saranno i 9 progetti che daranno vita al Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia? Finalmente sono stati svelati i nomi e gli studi italiani che animeranno gli spazi delle Tese delle Vergini all’Arsenale dal 20 maggio al 26 novembre 2023. Quest’anno il Padiglione è a cura del giovane studio Fosbury Architecture che, a poco a poco, ha svelato tramite la pagina Instagram Spaziale.presenta tutti i gruppi selezionati e i relativi interventi previsti.
I gruppi non sono formati da soli architetti ma anche da designer, performer e fotografi, costituendo dei team work eterogenei che propongono temi di ricerca improntati alla salvaguardia del nostro futuro e delle generazioni a venire. I progetti spaziano dalla riqualificazione di luoghi in rovina all’introduzione di nuove tecnologie, oltre alla progettazione di nuovi dispositivi architettonici e a ragionare su concetti urbani fondamentali, lavorando alla loro rielaborazione.

I progetti selezionati operano in maniera sparsa sul territorio della penisola, in particolare toccando le regioni della Puglia, della Campania, del Friuli Venezia Giulia, dell’Abruzzo, della Toscana, del Veneto, della Calabria e delle due isole, Sardegna e Sicilia.
La Puglia è sede dell’intervento proposto dallo studio Post Disaster e dalle docenti dello IUAV di Venezia Silvia Calderoni e Ilenia Caleo. Il progetto PostDisaster Rooftops EP04 si concentra sui tetti della Città Vecchia di Taranto e sulla loro condizione di “limbo” che oscilla tra il pubblico e il privato. In questa dimensione, il progetto prevede l’intervento di artisti e ricercatori che occuperanno in maniera temporanea i tetti della città, trasformandoli in palcoscenici artistici-culturali. Sempre rimanendo al sud, gli architetti Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio (B+B) insieme al festival musicale Terraforma, progettano un’intervento nella Baia di Ieranto che lavorerà alla definizione di un dispositivo architettonico.

Nell’estremo nord-est della penisola, a Trieste, Giuditta Vendrame e Ana Shamataj, lavorano ad una installazione che riattiverà i tunnel sotterranei del rifugio antiaereo Kleine Berlin (costruito durante la Seconda Guerra Mondiale). Rimanendo in ottica di riattivazione, il progetto Uccellaccio di HPO e Claudia Durastanti, prevede invece la rigenerazione dell’ecomostro di Ripa Teatina (Abruzzo), una residenza per anziani iniziata negli anni ’70 e rimasta incompiuta. Spostandoci in Sicilia, più precisamente nel territorio catanese, lo Studio Ossidiana e l’artista visiva Adelita Husni-Bey lavorano alla riqualifica del parco “fantasma” progettato da Kenzo Tange negli anni ’60 (nell’ottica dell’allora in voga concetto di città satellite). Il progetto si chiama “Casa Tappeto” e prevede la costruzione di un padiglione mobile realizzato con materiale tessile, conchiglie e pietra pozzolana del vulcano Etna.
Anche il progetto “Tracce di BelMondo” del collettivo Orizzontale e del ricercatore Bruno Zamborlin, auspica ad una riattivazione di uno spazio abbandonato, quello del castello di Belmonte Calabro.
Alcuni progetti pongono l’attenzione sul rapporto che l’uomo sviluppa con l’ambiente che lo circonda, in relazione all’attività che andrà a svolgere o alle sue abitudini. Un esempio è il progetto sviluppato da Parasite 2.0 e Elia Fornari, che si focalizzano sul concetto di città inteso come una Concrete Jungle, concentrandosi sull’analisi del rapporto burrascoso tra urbano e naturale, con un focus particolare sul tempo libero e sui luoghi del suo svolgimento. Allo stesso modo, la piattaforma Lemonot e il progettista Roberto Flore esplorano le relazioni intrinseche tra i prodotti tradizionali locali e le filiere contemporanee con l’obiettivo di riconoscere la rilevanza culturale delle abitudini alimentari, scegliendo come territorio quello sardo, in cui le tradizioni sono fortemente ancorate.
Infine, in territorio toscano intervengono l’artista Emilio Vavarella, lo studio di architettura Captcha Architecture e lo studio di progettazione e agenzia creativa (AB)Normal con il progetto “Belvedere” con l’obiettivo di deostruire l’immagine ampiamente diffusa della Toscana da sogno e dunque diffondere piuttosto un’immagine reale della regione, promuovendo consapevolezza.