“Credo nel rosa” afferma la diva Audrey Hepburn in una delle sue più famose citazioni. Ma cosa significa credere nel rosa? Ovviamente, non si parla di un colore in sè, né della sua essenza o della sua mera estetica, quanto piuttosto del concetto di rosa. In realtà, tutti i colori non sono semplici colori. Ogni tonalità racchiude in sé un potere comunicativo, emozionale e semantico. Ma su tutti, il rosa è quello più controverso e divisivo. Dalla storia travagliata, portatore di ideologie e di dissensi. Capace di creare imbarazzo e capace di esaltare la sensualità. Condannato e amato. Delicato ma audace. Infantile ma anche sensuale.

Come sempre, l’arte, la musica e la moda sono generatori di tendenze e di movimenti, portatori e divulgatori di significati che si impregnano nella cultura popolare. Mai nessun altro colore venne veicolato e sfruttato come il rosa. Per secoli asessuato, utilizzato da maschi e femmine nell’abbigliamento, usato nell’arte come colore delicato e scelto dai più grandi come protagonista, vedi Pablo Picasso nel suo “periodo rosa“. Ma poi, nello scorso secolo, ci fu un’inversione di rotta che condusse il rosa a diventare rappresentante del genere femminile e, di conseguenza, a essere un colore implicitamente “vietato” a quello maschile.

Il consumismo e in particolare le strategie di marketing, portarono a un divisionismo cromatico: per le femmine il rosa, per il maschi l’azzurro. Su tutti gli eventi, fu il lancio della bambola Barbie (verso la fine degli anni ’50) a stabilire in modo ancor più assertivo questa assegnazione con il suo rosa pantone 219. La famosa bambola dai capelli biondi diventa un modello femminile fin dall’infanzia, capace ancora oggi di influenzare le scelte commerciali. Basti pensare al nuovo film di Barbie diretto da Greta Gerwig che è stato in grado di provocare una carenza mondiale della vernice rosa.

Qualche anno prima del lancio di Barbie, fu grazie alla stilista Elsa Schiaparelli e all’invenzione delle tinture chimiche che si affermò il rosa shocking, più acceso e più audace rispetto al rosa “incarnato” utilizzato fino ad allora. Da Barbie in poi, il rosa dilagò. Le donne se ne impossessarono, fino a diventare il colore simbolo delle manifestazioni femministe. Dalla fine del XX secolo però, giungendo fino ad oggi, è in atto un tentativo di slegare il rosa dal genere femminile. Il rosa quindi continua la sua storia travagliata, avviandosi verso una strada più asessuata. Complice numero uno è la moda, che lo utilizza sempre più spesso come un colore no gender. Il più grande esempio è Valentino con la sua Pink PP Collection donna e uomo Autunno Inverno 2022-23. “Non vedi i generi, ma l’autenticità delle persone” dice il direttore creativo Pierpaolo Piccioli.

Anche l’architettura impazzisce per il rosa, contribuendo a una trasposizione semantica del colore. Un esempio è la Muralla Roja (1973) dell’archistar Ricardo Bofill, famosa per essere parte del set di The Hunger Games. Concepito per essere un edificio residenziale con vista mare e situato ad Alicante, la Muralla Roja ha una chiara ispirazione araba e sembra essere uscita dal mondo surrealista. Contrariamente però, il rosa continua ad essere usato in un’ottica femminile e, talvolta, quasi come un desiderio di affermazione femminista. Un esempio è costituito dall’architetta e designer India Mahdavi che nel 2014 realizza gli interni in rosa Hollywood del ristorante londinese Sketch. “Il mio primo desiderio è stato quello di dipingere tutto di rosa” dice Mahdavi, “In quest’atmosfera maschile, ho scelto di affermarmi in questa stanza cubica, introducendo la mia visione: quella del colore e della gentilezza.”


In campo artistico, riportiamo due esempi. Uno più recente mentre l’altro di qualche decennio fa. Nei primi anni duemila fu proprio Franz West a utilizzare il rosa in maniera frequente nelle sue sculture di cartapesta e, oltretutto, in contesti inusuali, considerando il rosa come un “grido alla natura“. Ad esempio, nell’opera “Les Pommes d’Adam” accosta il rosa ad un elemento del tutto maschile come il pomo d’Adamo, spesso scambiato anche per un fallo, creando associazioni ambigue nella mente degli spettatori. Più recentemente invece, uno degli artisti contemporanei che si è più distinto in termini di creatività e di utilizzo di questo colore è Giacomo Cossio con le sue piante interamente ricoperte di vernice rosa.


Cossio concepisce i colori in maniera totalmente agender, senza attribuire un genere al rosa né tanto meno all’azzurro, che utilizza spesso. Quanto piuttosto sceglie i colori che possano contrastare con il verde naturale delle piante, che riemergerà al momento della loro crescita. “La mia più che altro è una fascinazione pop americana, credo che ormai il concetto di associare un colore ad un genere sia uno stereotipo da superare” ci racconta.

Il discorso del rosa necessiterebbe di ulteriori approfondimenti, forse varrebbe la pena analizzare anche il suo lato più oscuro, legato alla morte e agli psicofarmaci. Ma per ora ci fermiamo qui, lasciandovi nel mondo pink molto instagrammabile, che senza dubbio contribuisce a portare il rosa verso un’anima unisex e privo di ogni divisione.
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