Leandro Colantoni nasce ad Agrigento nel 1991 ed è proprio la sua terra, la Sicilia, ad essere al centro della sua ricerca artistica. A testimoniarlo è la sua serie fotografica “Ultimo Paesaggio Siciliano”, attraverso la quale fa un’attenta analisi della cultura e del paesaggio. Oggetti legati alla tradizione, agli usi e ai costumi, alle abitudini alimentari ci accompagnano in un viaggio alla scoperta di un luogo fortemente legato al suo passato e alla sua storia, ma che, nonostante ciò, sta cambiando.
Affascianti dal suo lavoro, abbiamo fatto qualche domanda a Leandro che ci ha parlato di come è nata la sua passione, del suo stile e molto altro.
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Raccontaci come ti sei avvicinato alla fotografia. C’è un momento in particolare che ti ricordi?
Non riesco a focalizzare un momento esatto, ma credo che se oggi sono ossessionato dalla fotografia è grazie al lavoro di Luigi Ghirri, forse inconsciamente ho deciso di diventare un fotografo dopo avere scoperto le sue immagini. È stato tutto graduale, circa 5 anni fa. Ho iniziato a studiare fotografia da autodidatta da una enciclopedia della Kodak degli anni ’80-’90 che mi ritrovavo a casa, mesi prima di acquistare una macchina fotografica. Forse anche questo ha influenzato il mio modo di fotografare, le prime fotografie le ho solo immaginate. Con i primi risparmi ho comprato la mia prima macchina fotografica, da lì ho iniziato a fotografare sul serio.
Cos’è per te la fotografia e cosa cerchi di raccontare attraverso i tuoi scatti?
È una domanda complicata, per me la fotografia è tante cose: è linguaggio, è ricerca, è intuito. La uso per esprimermi, ma anche per indagare su me stesso e su tutto quello che mi circonda. È inevitabile attribuire ai miei scatti un valore documentaristico rispetto alla Sicilia, luogo in cui sono nato e vivo, in parte è quello che racconto. Ma mi piace pensare che ognuno possa trovare dentro quelle immagini quello che sente, voglio sempre lasciare a chi osserva la completa interpretazione dell’immagine.

Ci sono artisti che segui o ai quali ti ispiri?
Certo, ci sono tanti artisti che seguo e che mi ispirano. Come ho già citato prima, Ghirri, ma anche altri come William Eggleston, Stephen Shore, Guido Guidi, Jason Fulford o fotografi più contemporanei come Sam Youkilis, Piero Percoco, Pat Martin, Sam Gregg e tanti altri. Un’altra disciplina che per me è una fortissima fonte d’ispirazione è il cinema, posso citare i primi autori che mi vengono in mente come Wes Anderson, David Lynch, Michelangelo Antonioni, Win Wenders e tanti altri, da appassionato di cinema la mia lista potrebbe diventare lunghissima.
La tua ultima serie fotografica da titolo “Ultimo Paesaggio Siciliano” è interamente realizzata con un iPhone. Cosa ti ha portato a preferire la fotocamera del telefono a una macchina fotografica?
Lavorando non potevo dedicare tutto il mio tempo alla fotografia, per fare combaciare le due cose avevo bisogno di uno strumento fotografico che fosse sempre con me in ogni situazione, così ho capito che la fotocamera dell’iPhone era perfetta per quello che volevo fare. È stata una scelta di comodità. Oggi uso principalmente quello per fotografare, mi piace la sua estetica e penso che rappresenti il nostro tempo, ma non nego che posso cambiare idea, ho iniziato con una reflex digitale, ho fotografato anche a pellicola, oggi uso un iPhone, domani non lo so, sono molto propenso ai cambiamenti. L’importante è fare fotografia, lo strumento passa sempre in secondo piano.

C’è uno scatto a cui sei più legato? Puoi raccontarcelo?
È difficile sceglierne uno, anzi molte volte si crea una specie di distacco dalle singole foto, non è semplice da spiegare. Ma posso dirvi che sono legato alla serie “Ultimo Paesaggio Siciliano”, per me è come un testamento visivo sull’ultima Sicilia, che mi ha aiutato ad apprezzare di più i luoghi in cui vivo, con le sue persone e la sua cultura.
Quale consiglio daresti a chi vuole approcciarsi alla fotografia?
Prima di tutto avere passione e credere in quello che si fa senza fermarsi mai, per nessuno motivo. Studiare, in accademia se si ha la possibilità, se non si può va bene anche a casa, ma studiare è importante, oggi si trovano risorse ovunque. Non avere paura d’esporsi, e anche se arrivano delle critiche bisogna avere la capacità di trasformarle in insegnamenti.
Infine fotografare, fotografare e fotografare con ogni mezzo.







