Il nostro viaggio tra i venti borghi italiani, scelti da Una Boccata d’Arte come tappe d’arte di quest’anno, continua a sud della penisola. Il progetto di Fondazione Elpis – di cui vi abbiamo parlato qui – nasce con l’intenzione di sviluppare un rapporto tra la storia, la conformazione del luogo e la pratica creativa di ogni artista selezionato, promuovendo al tempo stesso la valorizzazione di bellissimi borghi pressoché sconosciuti.
Se la settimana scorsa ci siamo concentrati sulle tappe nordiche dell’Italia, fermandoci in Umbria, oggi proseguiremo, partendo dal Lazio fino ad arrivare in Sicilia. Vi ricordiamo che i borghi – con i loro relativi progetti – sono visitabili per tutta l’estate, fino al 24 settembre.
#11 Laetitia KY, Follow the Braid (Lazio)
Il piccolo borgo di Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti, viene “affidato” all’artista e attivista ivoriana Laetitia KY (1996). La ricerca di Laetitia si sviluppa intorno al concetto di metamorfosi, per questo, in questo senso, Rocca Sinibalda si rivela interessante per l’artista che si ritrova ad indagare la storia e le simbologie del Castello delle Metamorfosi presente nel borgo. Il nome deriva dagli affreschi interni che raffigurano scene tratte dal poema epico di Ovidio – Le metamorfosi per l’appunto – riprese qui da KY in chiave femminista. L’artista realizza la scultura di una donna a dimensioni reali e la posiziona al centro della piazza. L’opera, dal titolo “Follow the Braid”, si pone “al servizio della lotta femminista” rappresentando tutti i modi in cui le donne si “trasformano” per adattarsi al luogo in cui si trovano. L’opera è composta dalla scultura centrale e da una serie di fotografie situate nei luoghi più nascosti del borgo, a quali si giunge seguendo le trecce che si snodano dalla figura della donna.

#12 Margherita Raso, Eight Types of Whistle (Marche)
A Petritoli, in provincia di Fermo, nelle Marche – Una Boccata d’Arte presenta “Eight Types of Whistle” di Margherita Raso, un’installazione sonora multicanale in una composizione corale di fischi umani. In questo sistema si riflette il delicato sistema di lavoro collettivo del teatro, le sue regole e il dietro le quinte. Ci si concentra sul ruolo semantico del suono-fischio, ricco di significati eterogenei. A cura di Riccardo Tonti Bandini, l’intervento si collega all’esterno del teatro a che attraverso una serie di immagini che riprendono la forma del manifesto, affissi per le vie del borgo costrundo la rappresentazione dell’azione sonora.

#13 Simone Carraro, Sagra della Lucertola (Abruzzo)
In Abruzzo ci ritroviamo a Pietracamela, in provincia di Teramo, con “Sagra della Lucertola” di Simone Carraro. A cura di Andrea Croce, il lavoro dell’artista è fortemente condizionato dai luoghi e dai contesti con il quale entra in relazione. I medium sono la performance musicale e le arti visive evocando una scena carnevalesca che ha come scenario il borgo semi abbandonato, brulicante di muschi e piccoli rettili. Al momento dell’inaugurazione, il pubblico è stato accompagnato per tutto il percorso da performer e musicisti che suonano strumenti dalle sembianze di lucertole. Queste sculture sonanti realizzate dall’artista sono poi state riallestite nel borgo per tutta la durata del progetto.

#14 Diego Miguel Mirabella, Il buffone (Molise)
Agnone, in Molise, è il punto di riposo de “Il buffone”, l’opera di Diego Miguel Mirabella (1988). L’opera, che ha l’aspetto di un arbusto senza foglie, rappresenta un cantastorie che vaga da paese a paese raccontando le vicende romanzate accadutegli. Paradossale è la forma scelta dall’artista – un arbusto saldo al terreno – impossibilitato dunque a muoversi. La malinconia che la scultura in bronzo scaturisce, porta lo spettatore a domandarsi come un personaggio avventuroso possa essersi tramutato in un essere tanto statico. L’artista, che lavora intrecciando scultura e poesia, racchiude in un unico elemento una moltitudine di storie e di culture toccando passato, presente e futuro.
L’artista, per la realizzazione, ha lavorato con la Pontificia Fonderia Marinelli, situata proprio ad Agnone, confrontandosi con le tradizioni millenarie del luogo. In particolare, la Fonderia Marinelli, realizza dal 1040 le campane dei Papi, oltre a raffinatissimi strumenti musicali.

#15 Serena Vestrucci, Abbronzatissimi Pallidissimi (Campania)
Nel borgo di Cetara, in provincia di Salerno, spuntano dei pupazzi di neve. Si tratta dell’opera dell’artista Serena Vestrucci, che si inserisce nel luogo con l’intenzione di creare un forte contrasto visivo e sensoriale. Con queste sculture “perturbanti”, Vestrucci vuole invitare i visitatori a riflettere sul tema dell’accoglienza e sull’effimero. Le opere sono infatti realizzate con il sale marino, rivelando in un certo senso, attraverso i materiali, la vicinanza al luogo, ma allo stesso tempo la loro fugacità. I tre pupazzi di neve si stima che dureranno una sola estate, sciogliendosi e scomparendo sul terreno.

#16 Evita Vasiļjeva, Barely Invisible Cities (Puglia)
Il titolo dell’opera – “Barely Invisible Cities” – scelto dall’artista lettone Evita Vasiljeva per la sua opera situata a Maruggio, si rifà a “Le Città Invisibili” di Italo Calvino. Proprio come Calvino restituisce il racconto intimo di ogni città attraverso i racconti degli abitanti, anche Evita si immerge nel territorio, rapportandosi con i maruggesi durante l’inverno, ascoltando le loro storie. L’artista nota una costante, un elemento ricorrente sia visivamente che oralmente: quello della recinzione. In questo senso, per scardinare la semantica dell’oggetto, che inevitabilmente rimanda ad un ostacolo o ad un impedimento, Vasiljeva realizza tre portali in corten dal tipico aspetto arrugginito delle inferriate ma che diventano qui prive della loro funzione. I portali non separano ma anzi, invitano alla sosta grazie alla presenza di elementi sui quali è possibile sedersi. L’opera è promuove l’unione e lo scambio, sottolineando l’importanza di incontrarsi e ritrovarsi.

#17 Arianna Pace, Me ne andrei nella roccia della Lieta (Basilicata)
“Me ne andrei nella roccia della Lieta” è l’opera realizzata da Arianna Pace per la tappa lucana a Rivello, in provincia di Potenza. La “Lieta” è un luogo indecifrabile, rigugio immaginario per ritrovare una pace perduta al fine di allontanarsi dalla vita sociali, isolati nella natura. Per questo, nell’uso dialettale il nome dell’opera si può tradurre in italiano con “me ne andrei in un luogo di calma”. La Valle del Noce, dove si affaccia Rovello e i comuni vicini, è continua creazione del fiume Noce. Qui l’opera si sviluppa che si interroga sul paesaggio assumendo la forma di un landscape archive.

#18 Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, d’io, bio (Calabria)
La ricerca di Mohsen Baghernejad Moghanjooghi (1988) ruota intorno al rapporto tra l’uomo e il tempo, che nel borgo calabrese di Santa Severina si traduce in tre opere nelle quali la parola acquista tangibilità. Le tre opere – costituite da lastre di marmo – nascono a seguito di uno scambio epistolare con l’artista Lawrence Weiner, uno dei pionieri del movimento concettuale degli anni ’60 e ’70, che fu in grado di cambiare completamente la percezione del tempo di Mohsen, influenzandolo in maniera determinante.

#19 Ella Littwitz, Axis Mundi (Sicilia)
Passando alla Sicilia, Una Boccata d’arte presenta “Axis Mundi” di Ella Littwitz a Pollina, in provincia di Palermo. L’artista israeliana ha realizzato uno studio del territorio nato dall’incontro con Giulio Gelardi – storico, botanico militante e coltivatore di manna, antica coltura del territorio madonita. L’opera non è altro che un obelisco da collocare nel luogo più alto del borgo, dove in passato sorgeva il punto trigonometrico utilizzato per la mappatura dell’intera area. “Axis Mundi” (che tradotto in italiano significa “Asse del mondo”) riafferma l’interdipendenza ontologica fra il regno vegetale e animale, i fenomeni celesti e gli esseri umani.

#20 Raffaela Naldi Rossano, SERPENTINA. Per un mūsēum senza tempo (Sardegna)
La comunità di Belvì, in provincia di Nuoro, è posta a confronto con la sacralità della natura dall’artista Raffaela Naldi Rossano attraverso una serie di opere diffuse sul territorio. L’opera è concepita dall’artista, partendo dall’osservazione della collezione del futuro Museo di Scienze Naturali del borgo e dalla lettura di una lettera del carcere di Gramsci nella quale esplora l’archetipo del serpente in chiave a-temporale. Dunque, scienza e credenze popolari si incontrano in un’installazione video, in una performance con le donne del coro del paese e nelle ceramiche che prendono la forma del Gongilo, l’animale descritto da Gramsci.

Per più informazioni consultare il sito di Una Boccata d’Arte.