Da Videocittà, l’opera immersiva di None Collective

Da Videocittà, l’opera immersiva di None Collective

Giorgia Massari · 2 mesi fa · Art

Con la sua VI edizione, torna Videocittà, il festival dedicato alla visione e alla cultura digitale. Ideato da Francesco Rutelli, con la direzione di Francesco Dobrovich, Videocittà animerà – dal 13 al 16 luglio – la più grande area archeologica industriale d’Europa, il Gazometro di Roma. Gli eventi in programma sono svariati ed eterogenei: talk, eventi musicali, mostre collettive e opere site-specific affronteranno il tema della Transizione, scelta quest’anno come argomento di discussione. Il festival esplorerà, come ogni anno, le forme più avanzate dell’audiovisivo e dei linguaggi digitali nel contesto culturale nazionale e internazionale.

Gazometro Ostiense, Roma – Ph Credits Ufficio Stampa GDG PRESS

A dare il via all’edizione di quest’anno sono due opere audio-visive monumentali, realizzate appositamente per la location da due collettivi artistici. La prima è Mater Terrae firmata dallo studio Sila Sveta, che proietterà sul cilindro metallico del Gazometro un visionario vortice digitale posto in dialogo con le musiche del produttore Mace. La seconda opera invece – GIGA – è realizzata da None Collective, pronta a valorizzare l’Altoforno e a fare da quinta immateriale ai Live e ai DJ set di grandi artisti come il duo francese The Blaze, il pioniere della musica house Dixon, l’americana Lyra Pramuk e gli artisti italiani Bawrut, Ginevra Nervi, Bnkr44, Ginevra ed Elasi.

Per l’occasione, abbiamo deciso di incontrare i tre membri di None CollectiveGregorio Comandini, Saverio Villirillo e Mauro Pace – per approfondire la loro esperienza da Videocittà e fargli qualche domanda sulla loro pratica artistica.

Innanzitutto, è interessante per noi capire il rapporto tra l’arte video-installativa e i vari contesti in cui viene inserita. Secondo voi, come cambia la percezione delle vostre opere all’interno di un festival rispetto a un contesto più istituzionale, come quello di una galleria?

In generale, la restituzione del nostro lavoro è un momento fondamentale per la nostra ricerca. Fino a che non confronti le tue idee con le reazioni delle persone, non hai mai un riferimento del tuo “mondo interno” con il pubblico. Soprattutto per i contenuti audio-visivi come i nostri che, estranei a questi contesti, possono essere fruiti solo in modo frontale e individuale. Qui invece, come a Videocittà, acquistano una cornice determinante. Lo spettatore si trova immerso in una massa di corpi con una percezione multidimensionale dello spazio, che comprende anche i suoni e le luci scelte. Rispetto all’esposizione in galleria o in altri spazi espositivi, il festival custodisce senza dubbio l’effetto wow, o a sorpresa. I visitatori spesso sono attratti dalla musica o da altre attrazioni e per questo non si aspettano di vedere le nostre opere. Anche il fatto di non essere un’esperienza replicabile o visitabile durante un periodo prolungato, rende questi contesti il contenuto perfetto per vivere vere e proprie esperienze uniche, effimere, del “qui e ora”.

Le opere che avete pensato per Videocittà – la video-installazione GIGA e la performance Against Nature, parlano di qualcosa in particolare o hanno una funzione prettamente estetica?

Senza dubbio le nostre opere vogliono comunicare un messaggio. Il fatto di essere riprodotte in loop durante le varie serate, permette allo spettatore di vederle più volte e quindi assimilare il contenuto, accorgendosi dei dettagli più nascosti. Oltre all’effetto iniziale, che può essere quello dello stupore, le nostre opere sono estremamente critiche e riflessive. Possono anche essere considerate disturbanti. La nostra performance è sicuramente disturbante. L’installazione GIGA esplicita al meglio questo termine. Il video mostra infatti un futuro catastrofico, con le rovine industriali di una civiltà in decadenza. La Terra è invasa da organismi sconosciuti, creature meravigliose, esseri troppo grandi per essere compresi. Sono giganti, proprio da qui il titolo GIGA.

Osservando le vostre opere, emerge quanto sia importante per voi il contesto nel quale vengono inserite ma, soprattutto, spiccano l’allestimento, il percorso espositivo e l’aspetto scenografico. Considerate questi fattori come parte integrante dell’opera o invece possono essere tranquillamente separati da essa?

Lo spazio per noi è fondamentale. Disegnamo le installazioni per quello spazio nello specifico. Ad esempio, la luce non proviene solo dal video ma usiamo tantissime fonti di luci. Le condizioni e gli eventi che si creano all’interno di un luogo, che viene vissuto dallo spettatore da diversi punti di vista, come ad esempio da sdraiato, creano un’alterazione dello spazio, sia a livello visivo che sonoro. Il fatto di utilizzare diversi media e di approcciarci in modo transdisciplinare alla nostra ricerca è il tratto caratterizzante del nostro operato e dunque della nostra restituzione. È l’esperienza che viene messa al centro della nostra pratica. Non realizziamo meramente file da inserire in uno schermo, ma l’opera è un vero e proprio organismo, fatto di diversi elementi che si intrecciano dinamicamente tra loro. In questo modo manteniamo l’attenzione, giocando con i confini percettivi. Ad esempio, usiamo molto spesso l’elemento dell’oscurità affiancati a flash, effetti strobo o comunque abbaglianti, creando un’altalenanza emotiva nello spettatore che aumenta la percezione degli eventi che vogliamo trasmettere.

Ma ora, vorremmo sapere qualcosa in più sul vostro percorso. Da dove viene il nome del vostro collettivo? Come mai avete sentito la necessità di lavorare insieme?

In generale, quando si fanno installazioni, è quasi necessario riunirsi in gruppo. Ci siamo conosciuti lavorando e, trovandoci subito bene, abbiamo portato avanti una ricerca univoca. Il nostro nome nasce in realtà da tanti motivi. Quello più didascalico e immediato è il fatto che “none” è la scritta di default che appare sempre in tutti i menù a tendina di tutti i software. Mentre quello che ci piace più raccontare è legato al nostro attaccamento nei confronti della cultura greco-romana, in particolare alla sfera mitologica. Ci rifacciamo infatti alla storia di Polifemo quando, trovandosi accecato, chiede “chi è stato?” e gli viene risposto “nessuno”, che è per l’appunto la traduzione italiana di “none”. Questo ci piace come ossimoro: siamo un collettivo fatto di tante persone e da nessuno.

Qui un’anteprima delle opere di None Collective presenti durante Videocittà.

Per più informazioni sui ticket e sugli orari del festival, consultare il sito o la pagina Instagram.

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Chi è la Malafemmina di Marco Rambaldi?

Chi è la Malafemmina di Marco Rambaldi?

Anna Frattini · 1 giorno fa · Style

Marco Rambaldi fa sfilare la sua idea di Malafemmina, supported by Zalando. In una Milano Fashion Week fitta di eventi, la libertà e la consapevolezza che si respirano da Rambaldi sono una sicurezza. Fra la flora di Floricoltura Radaelli a Dergano inizia una sfilata a piedi nudi, con le scarpe in mano. Ma chi è la Malafemmina secondo Marco Rambaldi e cosa vuole comunicarci?

marco rambaldi

La Malafemmina portata in passerella da Rambaldi è libera, sincera, consapevole e forte nei suoi cosiddetti difetti. Libertà, sembra questa la parola chiave per capire chi è la donna che il brand bolognese ha voluto portare in passerella. Una donna che veste uncinetti, trasparenze e frange che la rendono felicemente maledetta. Fiera di quello che è. Questo concept vuole ricordare tutte le donne che sono state additate come meretrici, malafemmine appunto.

Nell’ultima collezione – Supernova – Rambaldi si è concentrato sulla notte, su chi siamo di notte e ora affronta la penombra. Un luogo dove i confini non sono più tanto chiari e che grazie a questo ci rende liberi. La donna immaginata da Marco Rambaldi indosserà zoccoli altissimi, slingback affilate e frange che incoraggiano la spontaneità del movimento. Insomma, la donna di Marco Rambaldi ci ricorda tutte le donne che – addidate come meretrici – ci hanno condotto sulla via della libertà. Da Bettina, la giovane bolognese arrestata dall’inquisizione nel 1662 fino Modesta, protagonista di L’arte della gioia di Goliarda Speranza, e pronta a fare qualsiasi cosa in nome della libertà. Sfrontatissima ed eroica.

A volte i sortilegi della mente non bastano, bisogna aggiungere l’ardore del cuore, tu trina Ecate
sussurrami le lettere della ragione. Le imprecazioni delle negromanti sembrano profetizzare e rispondere
alle domande. Perché fermarci? Non è il momento.

Recita così la nota di sfilata, un pensiero che va a tutte le donne liberate dagli stereotipi e dai sensi di colpa. A chiudere la sfilata, non poteva mancare Minuetto di Mia Martini. Un omaggio alla cantautrice italiana nata il 20 settembre 1947.

Chi è la Malafemmina di Marco Rambaldi?
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La prima collaborazione di Nike con Feng Chen Wang

La prima collaborazione di Nike con Feng Chen Wang

Anna Frattini · 15 ore fa · Style

Nike è un brand con alle spalle tantissime collaborazioni. Ma chi è la designer dietro all’ultima partnership? Parliamo di Feng Chen Wang, una delle designer cinesi emergenti più interessanti in circolazione. Ma scopriamo qualcosa di più sulla Nike x Feng Chen Wang collection, pronta a rompere le regole dello sportswear reinterpretando i grandi classici del brand.

Una collab che guarda al futuro dello sportswear per come lo conosciamo, pensando agli atleti del futuro. Il tutto con una buona dose di sperimentazione e know-how nell’impiego di metodi innovativi che incontrano i gusti di tutti. Senza pensare al gender o all’età. Insomma, la ricetta perfetta per una partnership destinata a spopolare fra gli innovatori dello sportswear.

La protagonista di questa collezione è sicuramente la Transform Jacket: un pezzo che rispecchia in pieno il motto della designer cinese. Fend Chen Wang crede infatti che possedere di meno significhi possedere di più. La versatilità diventa quindi centrale per un capo come la Transform Jacket che si può indossare in molte occasioni diverse.

Sostenibilità e attenzione alla questione ambientale sono due aspetti fondamentali per Wang che pensa anche a cosiddette engineered knits, crop top e reggiseni sportivi e calze ad hoc per un look versatile. Ci troviamo quindi davanti a una collezione che mette insieme innovazione e il tocco personale della designer, senza lasciare indietro lo sportswear tradizionale.

Il lancio di questa collezione avverrà il 28 settembre sia su fengchenwang.com, SNKRS e in alcuni store Nike selezionati.

La prima collaborazione di Nike con Feng Chen Wang
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La Forum Mod reinventa un’icona

La Forum Mod reinventa un’icona

Anna Frattini · 3 giorni fa · Style

La Forum Mod è una scarpa che nasce dal desiderio di reinventare un’icona, quella della Forum, una scarpa simbolo degli anni ‘80 che ha conquistato anche sportivi del calibro di Micheal Jordan. La sua silhouette rispecchia la capacità di adattarsi a molti stili tra cui il Norm core e lo Skate core come vedremo in alcuni scatti che abbiamo selezionato per raccontare la scarpa a Milano.

Un design che rinnovandosi continua a stupirci e si sposa con fit puliti dalle linee semplici. Basta una canotta e un pantalone beige per valorizzare la sneaker ed elevare il look. Tutto questo grazie ai dettagli che rendono la silhouette della scarpa al passo coi tempi, fra cui le Three Stripes seghettate – questa volta su uno sfondo a rete – e un heel allungato che, insieme alla midsole alta, rendono la Forum Mod unica nel suo genere. 

Negli scatti di Andrés Juan Suarez – intrise di suggestioni tipicamente legate alla skate culture – la scarpa si adatta alla perfezione al look indossato da Davide Maestrutti a suo agio anche sulla BMX o pronto a prendere in mano la tavola in ogni momento come nel caso delle immagini che coinvolgono Antonio Rinaldi. Praticità e un effortless coolness uniche accompagnano la Forum Mod negli scatti di Walter Coppola, raccontando uno stile pulito vicino al Norm core su Matteo Andreini e Antony Nano.

Ph. courtesy Andrés Juan Suarez e Walter Coppola.

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Stories on Zalando ci ispira a comprare consapevolmente

Stories on Zalando ci ispira a comprare consapevolmente

Collater.al Contributors · 3 giorni fa · Style

Siamo volati a Berlino per il lancio di Stories, una nuova sezione di Zalando in collaborazione con Highsnobiety. Il progetto punta a diventare un nuovo hub di contenuti ispirazionali, concepito per intrigare e coinvolgere i clienti catturando la loro attenzione. Il target, infatti, è ben definito e i prodotti valorizzati nel contesto di questa sezione.

In occasione del lancio, Zalando ha coinvolto anche Charli XCX, Sega Bodega, cantante e produttore musicale, Taiga Sato – hair stylist visionario – e di Misha Todirascu, floral designer. Quattro creatività molto diverse che si sono intrecciate alle performance e al Dj set di DJ Aya e Saint Cabocio.

L’intenzione di questo lancio si ripromette di ispirare con storie di moda coinvolgenti e ricche di spunti per chi vuole elevare il proprio modo di comprare su Zalando. Ogni settimana, il feed proporrà contenuti creati in collaborazione con voci giovani, emergenti ma anche affermate che stanno plasmando la nuova generazione di creativi al lavoro nel mondo del fashion.

Stories on Zalando ci ispira a comprare consapevolmente
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