ATTENZIONE: la lettura di questo articolo è fortemente sconsigliata agli animalisti. I vegani che indossano scarpe di pelle invece possono stare tranquilli. Giovedì 26 Luglio parto per Mariano Comense insieme ad un gruppetto di giornalisti.
La giornata comincia con un giornalista che chiacchierando afferma Questi ragazzi che scrivono sui blog di oggi, hanno proprio rovinato il nostro mestiere. Così, legittimata nel mio ruolo di blogger che per di più lavora nel marketing (altra qualifica che nel corso della giornata scopro essere spregevolissima) mi reco alla volta della sede di Matteograssi.
La storia della Matteograssi comincia nel 1880, quando a Mariano Comense, in Brianza, il capostipite della dinastia apre una bottega per la lavorazione del cuoio per la produzione di tutto larmamentario utile ai cavalli: selle, briglie, redini, ecc.
Alla fine della seconda guerra mondiale, lattività della famiglia si trasforma. Fra gli anni Cinquanta e Settanta, grazie allesperienza artigiana accumulata nella selleria, si dedicano alla produzione di componenti in cuoio. Fra i numerosi clienti ci sono i nomi più celebri dellarredamento. Da questo contatto quotidiano con designer e architetti, si formano quella competenza e quello stile che, nel 1978, portano la famiglia alla decisione di creare la Matteograssi e una linea propria di arredamento.
Nel corso di questa visita presso la loro splendida sede, ho scoperto numerosissime cose sulla pelle. Ho scoperto che ci sono ancora persone che credono nel lavoro dei loro padri e che imparano ad amarlo, come Stefano Grassi che con gli occhi luccicanti, la voce tremolante e le mani sicure ci ha spiegato la differenza tra pelle e cuoio, tra pelle di prima e di seconda scelta, e ci ha raccontato che una cicatrice, un difetto nella pelle, racconta la storia di un animale, e che questo ha qualcosa di profondamente poetico.
Da Matteograssi ho scoperto anche che il Made in Italy è un valore e che essere puntigliosi non è roba da rompi palle, ma da gente che tiene profondamente alla qualità di ciò che sta producendo. Per questo metà della pelle che la Matteograssi compra, viene gettata: se non è perfetta, non è Matteograssi.
Tra lavorazioni particolarissime, arredi stupendi, odore di pelle e gadget da giornalisti, torno a casa con due consapevolezze: sono disprezzata dai giornalisti e un giorno a casa mia ci saranno dei mobili Matteograssi.