La capacità di unire vecchio e nuovo e la solidità del workwear americano con le tradizioni dell’artigianato giapponese, accompagnato da un gusto della ricerca unico, quasi paradossale, e legato a doppio filo all’ispirazione. Il brand giapponese visvim è tutte queste cose e molto di più.
“Quando ho iniziato a collezionare vestiti/oggetti mi sono accorto che alcuni avevano più forza rispetto ad altri e non ne capivo il motivo. Mi trasmettevano qualcosa in più e la volontà di capire cosa fosse questa è stata la spinta primigenia, l’incipit della ricerca in tutte le sue forme” ha dichiarato Hiroki Nakamura, fondatore del brand.

Con queste parole Nakamura racconta l’inizio di tutto e noi le prendiamo in prestito per iniziare a raccontare la storia e la filosofia dietro a visvim, punto di riferimento assoluto per gli appassionati e addetti ai lavori di tutto il mondo.
La storia visvim è legata intrinsecamente a quella del suo fondatore Hiroki Nakamura: nato a Kofu, in Giappone e cresciuto a Tokyo negli anni ’80 dove ha trascorso la maggior parte della sua adolescenza. La moda giapponese del dopoguerra, soprattutto quella di Tokyo e del suo quartiere più cool Shibuya, era influenzata in modo molto forte dall’abbigliamento casual americano – come abbiamo avuto modo di raccontare qui – e il giovane Nakamura ne subì inevitabilmente il fascino.
I suoi genitori lo spinsero ad uscire dai confini del Sol Levante e Hiroki iniziò un lungo peregrinare che lo portò negli Stati Uniti, ma non nelle grandi città come New York, Los Angeles, San Francisco, bensì in Alaska esplorando l’America rurale dormendo in tenda e facendo snowboard.
Nakamura viaggiò per molto tempo, addentrandosi nel nord dell’Alaska, fermandosi e conoscendo le comunità indigene e comprendendo il loro stile di vita, le loro abitudini, studiando il loro abbigliamento e rimanendone folgorato – svilupperà una passione smodata per i mocassini degli autoctoni tanto da riproporli in chiave contemporanea nelle sue collezioni.
Con un bagaglio di esperienze così peculiare, tornò in Giappone dove iniziò a lavorare per la divisione giapponese di Burton Snowboards. Lavorò per Burton per 8 anni, durante i quali l’ossessione per la ricerca e per il collezionismo di abbigliamento (workwear su tutto) e calzature vintage americane raggiunse picchi di rilievo, grazie anche ai continui viaggi negli States.
Dopo la sua esperienza in Burton, nel 2000 iniziò il suo personale percorso nella produzione di abbigliamento e scarpe chiamandolo visvim. Il nome venne fuori per puro caso, Nakamura stava cercando ispirazione sfogliando un dizionario latino e si imbatté nel vocabolo vis/viri, che in latino vuol dire forza.

Per descrivere la filosofia di visvim Nakamura parla dei Kata – nelle arti marziali giapponesi, una serie di movimenti codificati che rappresentano varie tecniche di combattimento in modo da evidenziarne i principi fondanti e le opportunità di esecuzione ottimali (spazio, tempo e velocità), ma anche in tutte quelle forme d’arte che abbiano come fine il Dō (道, la “via”).
Hiroki ha declinato la filosofia dei Kata al processo di ricerca e produzione dei suoi capi: “quando ho iniziato a fare denim ho iniziato dal filato, quindi da vecchi tessuti per poi costruire il prodotto finale come se fosse un edificio, partendo dall’elemento base per arrivare alla fine. Questo comporta tante questioni, in primis la ricerca per il gusto della ricerca, il paradosso del cercare e del non trovare perché se trovi, si esaurisce l’ispirazione, non c’è più niente da cercare”.
L’approccio metodologico della cultura giapponese e di quella orientale in genere è sintetizzata proprio dai Kata.

Partendo da un pezzo di tessuto di 400 anni fa e volendone capire la forza intrinseca, il fascino di quel tessuto, il motivo per il quale piace di più rispetto a un altro. Quel determinato fascino non potrà mai essere riprodotto ma proprio questo “fallimento cosciente” fa scaturire la voglia e la ricerca per dare al prodotto finale realizzato da visvim una forza tutta sua, che ovviamente non sarà mai quella dell’oggetto/tessuto originale, bensì una sua declinazione che avrà un suo nuovo fascino proprio perché sono state messe in campo la ricerca e la volontà di riprodurlo seguendo pedissequamente i passaggi dell’epoca.
Sí, perché i procedimenti di produzione di visvim sono ancora quelli della tradizione giapponese, unica nel suo genere.
“La speranza è che qualcuno tra 400 anni prenderà un mio tessuto e proverà a capire sia stato realizzato quel determinato prodotto perché ne sarà attratto così come lo fui io, e proverà a capire, attraverso altra ricerca, come poterlo realizzare, ecco il Kata, il ciclo che si ripete”.
Obbedienza, ribellione, ricostruzione: obbedienza alle fasi di produzione della tradizione, ribellione nel volere reinterpretare qualcosa che esiste già e ricostruirle adattandole alla contemporaneità.
visvim produce item che erano propri dei minatori, degli operai, dei militari, di chi viveva nelle tribù indigene dell’Alaska, ma che oggi rappresentano un tipo di prodotto elitario sia per reperibilità che per fascia di prezzo.
Come scriveva Leopardi, la nobiltà si appropria delle consuetudini, delle usanze di quelli che una volta venivano erroneamente considerati barbari e che invece hanno ancora moltissimo da insegnare alla nostra società, intrappolata dalla velocità con la quale siamo costretti a vivere, a lavorare, a reagire, una società con scarsissima memoria.