Antonio Dikele Distefano racconta il suo progetto per Timberland

Antonio Dikele Distefano racconta il suo progetto per Timberland

Giulia Guido · 2 anni fa · Style

Timberland ha lanciato la campagna “My Community Our Nature” coinvolgendo quattro ambassador di quattro paesi europei differenti con l’obiettivo finale di sostenere delle realtà locali. Se per il Regno Unito, la Germania e la Francia sono stati coinvolti rispettivamente Joy Crookes, Aisha Vibes e Jeny Bsg, per l’Italia la scelta è ricaduta su Antonio Dikele Distefano

Ciascuno dei 4 changemaker ha proposto un progetto legato ai valori di comunità e natura. Gli stessi valori che Timberland ha racchiuso nella nuova silhouette GreenStride che grazie a nuovi materiali di origine vegetale possono essere definite una delle esperienze più ecoresponabili che Timberland abbia mai fatto, senza ovviamente rinunciare al comfort.

Antonio, insieme a Timberland, ha scelto di supportare il St. Ambroeus FC, presso la “Fair Play Arena” Centro Sportivo Cameroni. Da anni la squadra si impegna a coinvolgere ragazi di origine straniera richiedenti asilo e col tempo il campo da gioco si è trasformato in un luogo in cui crescere e imparare insieme.
Nonostante le potenzialità e l’entusiasmo dei ragazzi che ne fanno parte, il centro sportivo vive una situazione di degrado e le migliorie che si potrebbero fare sono innumerevoli. 

Fino al 20 novembre, sul sito di Timberland è possibile sostenere uno dei progetti votando il proprio preferito. Successivamente il brand si impegnerà a far diventare realtà quello più votato, donando anche 5€ per ogni paio di Ray City e Originals Ultra venduto. 

Noi abbiamo deciso di conoscere meglio e più a fondo l’idea di Antonio Dikele Distefano, lasciando a lui la possibilità di far luce sugli aspetti più importanti del suo progetto. Continuate a leggere per scoprire cosa ci ha raccontato e andate sul sito di Timberland per votarlo

Presentati brevemente a chi non ti conosce.

Mi chiamo Antonio Dikele Distefano, ho 29 anni e nella vita faccio lo scrittore. Scrivo in continuazione cose che non sono solo libri ma idee, format e sono spesso agitato, amo i cartoni giapponesi e vivo a Milano. 

Cos’è il St. Ambroeus FC di Milano?

Il St. Ambroeus FC è un luogo di aggregazione che nasce come una squadra di calcio, ma è molto di più. Non è solo una squadra di calcio di terza categoria, ma un luogo dove delle persone hanno un posto dove trovarsi e dove poter essere loro stesse. Io l’ho conosciuto un paio di anni fa e la cosa che mi ha colpito di più è che è nei fatti quello che molti dicono in parole: riesce a dare un luogo alle persone dove sentirsi integrate e mai escluse. 

Come hai conosciuto questa realtà?

L’ho conosciuta perché dovevo organizzare un documentario su di loro e me ne aveva parlato un ragazzo che fa il regista. Sono andato subito al loro capo e sono rimasto immediatamente colpito perché come realtà è proprio figa e formata da ragazzi giovanissimi. 

Cosa rappresenta per te il Centro Sportivo Cameroni?

Credo che il certo sportivo sia un luogo che non debba essere abbandonato perché l’errore che si fa è quello di lasciare soli quei luoghi che lanciano un segnale alla città. Per me rappresenta un luogo che deve continuare ad avere un faro sopra per far sì che molte altre persone si rendano conto che alcune cose sono realmente possibili da realizzare. 

Cosa rappresenta per i ragazzi che lo frequentano?

È un posto dove puoi alleggerirti, togliere tutte le maschere, le resistenze. La cosa che mi fa molto ridere quando sono lì è che quei ragazzi tra di loro scherzando si prendono in giro, parlando un italiano assurdo, senza che nessuno sfotta l’altro per come parla. E questa cosa mi fa super ridere perché quando io ero piccolo e magari c’era qualche amico che era appena arrivato a vivere in Italia capitava che avessero paura di esprimersi e di parlare. Questa cosa lì non succede.

Quali sono i valori su cui si basa?

Amicizia, semplicità e impegno.

Che importanza hanno luoghi come il Centro Sportivo Cameroni e realtà come il St. Ambroeus FC in un contesto come Milano?

Hanno molta importanza perché sono spazi dove le cose accadono e avvengono. Oggi pensiamo che il mondo stia cambiando, pensiamo di far parte di un cambiamento, ma quando poi nel concreto non facciamo nulla, al massimo postiamo una foto su Instagram, però far accadere le cose è tutt’altra cosa. A mio parere questi sono luoghi dove le cose accadono nel quotidiano, ma a partire dalle cose più semplici e per me questa cosa ha una grande importanza su Milano perché dimostra che le cose sono possibili. Spesso uno nelle cose non ci crede perché pensa che siano impossibili e invece non è così. 

Cosa significa per te essere uno dei quattro changemaker scelti da Timberland?

Direi che l’aspetto che mi interessa di più è il fatto che oggi Timberland abbia voglia di investire su realtà come queste. Quindi più che essere una cosa che riguarda me, riguarda la comunità. Quello che Timberland sta facendo oggi è un bellissimo segnale che si può allargare ad altri brand e poi a tutti. Poi la cosa che fa la differenza, a mio parere, non è tanto quanto uno investe, ma in cosa uno investe e per me questo è un gran segnale. 

In che modo insieme a Timberland potrai aiutare il centro sportivo?

In due modi. Uno è già stato fatto perché ha messo a disposizione una parte dei proventi che riceverà dalla vendita di una scarpa che è stata lanciata ultimamente e che verranno usati per sostenere il Centro Sportivo. Inoltre, quest’estete alcuni ragazzi e volontari hanno sistemato un campetto.
Poi, nel caso dovessimo vincere il concorso saremmo in una condizione che ci permetterebbe di mettere mano per esempio alle luci del campo che oggi consumano tantissimo e investire su dei pannelli solari. Inoltre, insieme a Timberland vogliamo trasformarlo in un luogo di aggregazione inclusivo, progettando un’area verde esterna dedicata agli eventi e un orto urbano per il quartiere.

Perché le persone dovrebbero sostenere il tuo progetto e votarlo sul sito di Timberland?

La vera domanda è “perché non dovrebbero farlo?”, anche perché una cosa che spesso ci dimentichiamo è che quando c’è una possibilità per l’altro c’è una possibilità anche per noi. Votare vorrebbe dire avere uno spazio in più dove poter fare delle cose e stare insieme. 

Antonio Dikele Distefano racconta il suo progetto per Timberland
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Corpi in libertà, la fotografia di Lucas Cerri

Corpi in libertà, la fotografia di Lucas Cerri

Giulia Guido · 2 giorni fa · Photography

Lucas Cerri è un fotografo francese, nato a Cannes, che spazia dalle fotografie di viaggio ai ritratti, ma la vocazione per quest’arte è arrivata quasi per caso. 

Infatti, Lucas nasce come musicista, poi col tempo, oltre a esprimere emozioni, pensieri e sentimenti attraverso note e melodie, ha cominciato a fare anche attraverso le immagini. 

Da allora, che fosse analogica o digitale, la macchina fotografica ha sempre fatto parte delle sue giornate. 

Scorrendo il suo sito e addentrandoci nel suo portfolio possiamo notare fin da subito come Lucas Cerri riesca a spaziare dalla fotografia di viaggio, con cui ci porta in ogni angolo del mondo, dall’Islanda agli Stati Uniti, dal caldo Portogallo alla fredda Norvegia, a ritratti intimi e delicati. 

Tra i suoi lavori il nudo ha un ruolo preponderante e il corpo, con le sue forme e le sue linee, diventa quasi una scultura da catturare in tutta la sua naturalezza. Spesso, i corpi che scatta si trovano immersi nella natura, quasi sovrastati da essa e guardando le fotografie di Lucas Cerri sentiamo quel senso di libertà che proviamo quando ci immergiamo nelle profonde acque del mare, o quando corriamo lungo campi desolati. 

Qui sotto trovi una selezione di scatti, ma per scoprire tutti i lavori di Lucas Cerri visitate il suo sito e seguitelo su Instagram

Corpi in libertà, la fotografia di Lucas Cerri
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Corpi in libertà, la fotografia di Lucas Cerri
Corpi in libertà, la fotografia di Lucas Cerri
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Le donne della notte negli scatti di Carolina Lopez 

Le donne della notte negli scatti di Carolina Lopez 

Giulia Guido · 5 giorni fa · Photography

Ai margini della società globalizzata – quella della sindrome da workaholism – e ai margini del giorno ha sempre vissuto una società che non si è mai posta confini o limiti di alcun tipo. È qui, tra le gente della notte, che dal 2018 al 2021 la fotografa Carolina Lopez ha vagato munita della sua macchina fotografica. 

Carolina Lopez è una giovane fotografa di origini latinoamericane che lavora tra gli Stati Uniti e l’Europa, dove ha preso vita il suo ultimo progetto fotografico “Les Nuits Fauves”. Le donne che popolano la vita notturna di città come Berlino, Praga, Londra, Las Vegas, Parigi e Milano sono le protagoniste dei suoi scatti. 

Con un’estetica super satura e un taglio quasi documentaristico il lavoro di Carolina è un’analisi sulla società consumistica, superficiale ed evidentemente ossessionata dalla moda e dall’estetica. Il flash accecante sella macchina fa luce su alcuni elementi, lasciandone altri totalmente al buio e restituendo quell’aspetto fugace e misterioso della notte. 

Grazie a una campagna di crowdfunding “Les Nuits Fauves” è diventato un libro ed è stato pubblicato dalla casa editrice italiana Selfself Books. Qui sotto potete trovare alcuni scatti del progetto, ma scopritelo per interno sul sito di Carolina Lopez e sul suo profilo Instagram

Le donne della notte negli scatti di Carolina Lopez 
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Le donne della notte negli scatti di Carolina Lopez 
Le donne della notte negli scatti di Carolina Lopez 
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Tutto quello che abbiamo visto al Linecheck

Tutto quello che abbiamo visto al Linecheck

Anna Frattini · 5 giorni fa · Photography

Abbiamo già parlato di Linecheck, l’evento dedicato all’ecosistema musicale italiano e internazionale. Ci siamo andati anche noi e – attraverso la lente di Andrés Juan Suarez – questo è quello che abbiamo visto. Abbiamo respirato aria di novità in un’occasione di incontro e confronto che ci ha permesso di scoprire i nuovi talenti e molte delle nuove tendenze musicali. Insomma, un evento imperdibile nella cornice della Milano Music Week. Le nostre esibizioni preferite sono state quelle di Daniela Pes, 72-HOUR POST FIGHT e Post Nebbia. Quest’anno il tema era #ManyKisses, con la volontà di vedere la musica come un’ecosistema: una comunità poliamorosa che cresce attraverso il dialogo continuo tra i suoi membri, la circolazione di energia ispiratrice e creativa insieme allo scambio fra personalità affermate sulla scena e artistə emergenti. 

ph. Andrés Juan Suarez

Tutto quello che abbiamo visto al Linecheck
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Gender Theory, il progetto fotografico di Rossella Agostini

Gender Theory, il progetto fotografico di Rossella Agostini

Claudia Fuggetti · 1 settimana fa · Photography

“Come vivremmo se non avessimo dei modelli di genere già precostituiti?

È questo il quesito che si pone il progetto Gender Theory della fotografa e filmmaker Rossella Agostini. Dopo essersi laureata in direzione della fotografia presso il Columbia College di Chicago, l’artista ha deciso di focalizzare la sua ricerca sulla celebrazione dell’individuo in quanto tale e il suo rapporto con il mondo circostante.

L’esplorazione delle relazioni interpersonali sono evidenziate da un tipo di estetica che predilige soggetti visibili da lontano collocati in spazi vuoti: insieme alla valorizzazione di bellezze fuori dal comune Rossella crea così una coerenza narrativa. L’artista ha descritto la sua serie fotografica così:

“Gender Theory è una serie fotografica che rifiuta l’idea del binarismo di genere e ne esplora una realtà dove questa non sia una costruzione sociale. Accenna a temi come l’identità e la sessualità e dimostra come il sesso biologico, l’identità di genere e l’espressione di genere non sempre combacino”.

Attraverso un elegante gioco di ruoli, le immagini di Rossella raccontano una storia capace di arrivare immediatamente al pubblico, non è un caso che Gender Theory abbia vinto il London Photo Festival nel 2018.

Visita il sito dell’artista qui.

Gender Theory, il progetto fotografico di Rossella Agostini | Collater.al
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