Perché il 2023 è l’anno del collectible design?

Perché il 2023 è l’anno del collectible design?

Giorgia Massari · 2 mesi fa · Design

Il Fuorisalone, fratello (forse più popolare) del Salone del Mobile, anche quest’anno è accolto con grande entusiasmo dalla città di Milano, che si anima di eventi ed esposizioni dedicati al design. Se si visitano le gallerie, le istituzioni, gli spazi espositivi e i vari show-room è impossibile non notare i trend che stanno caratterizzando quest’edizione. Tra questi la prevalenza di elementi di arredo “singolari”, termine che qui va inteso in tutte le sue accezioni e che quest’anno ha portato più che mai il collectible design ad essere centrale nella Design Week. Il pezzo unico, artigianale e hand-made, caricato di una forte personalità e dai tratti innovativi, sembra provocare un assottigliamento della linea invisibile che separa il design dall’arte. L’oggetto diventa opera, il designer diventa artista, ed anche anche il linguaggio stesso subisce variazioni. 
Questo cambiamento è in parte trainato dallo spazio che l’evento riserva ai designer emergenti, portatori di innovazione in termini di sperimentazione e di ricerca di nuove soluzioni. A modificarsi è quindi anche quell’idea di “design” più legato alla produzione in serie e al concetto di “design industriale”, ora portato sempre meno verso le fabbriche e sempre di più verso gli atelier e le gallerie d’arte.

collectible design | Collater.al

Vista dalla prospettiva dei giovani designer, i motivi che li spingono a scegliere il collectible design sono da individuare nella disponibilità economica più limitata e, in generale, nella poca reperibilità dei materiali, che li portano a preferire quelli biologici auto-prodotti o quelli recuperati e poi riciclati. L’autoproduzione dei materiali e dell’oggetto stesso implica una svolta artigianale: il designer non progetta più solo il bozzetto (poi consegnato all’azienda per la produzione) ma lavora direttamente sul pezzo, producendolo dalla A alla Z, ottenendo così un esemplare unico.

Con questo non significa che il design industriale non sia ancora il focus centrale della manifestazione. Il Salone del Mobile, così come i grandi brand e le case di moda, propongono principalmente design prodotto su grande scala. Se questi brand hanno ancora la responsabilità di guardare ad una fascia più ampia di pubblico, questa edizione della Design Week ha sottolineato un’attenzione nei confronti dei prodotti unici. Sono soprattutto i cultori del settore, ma anche il pubblico più giovane, ad apprezzare il design artigianale e hand-made, su cui è possibile scommettere, proprio come accade per le opere d’arte degli artisti emergenti. Ecco allora che subentra la questione della riduzione del confine arte-design. Questo argomento divide nettamente gli addetti ai lavori in due fazioni: chi, come Antonella Adriani (vice-preseidente dell’ADI) crede che il design non potrà mai essere considerato un’opera d’arte, perché il design è democratico, inclusivo ed è qualcosa che “non si deve capire ma che dev’essere usato” come afferma Lisa Rosso a Spigola Podcast; mentre c’è chi lo considera sempre di più un’espressione artistica al pari della scultura. Questa seconda fazione non è del tutto da condannare anzi, la sua tesi trova conferma nel linguaggio utilizzato all’interno degli eventi di design di questa settimana. Facendo attenzione, si può notare come la parola “designer” o “progettista” venga spesso sostituita con “artista” o “creatore”, così come il termine “opera” sia preferito a “oggetto” o a “prodotto”. Le esposizioni diventano vere e proprie mostre, paragonabili a quelle d’arte.

Le ragioni che hanno portato il collectible design ad emergere in modo preponderante sono sicuramente tecniche e ambientali, come detto in precedenza, ma è anche preferito dai designer in quanto modo per potersi esprimere artisticamente. Il contatto con il pubblico è più immediato, soprattutto con quello giovane, e l’io creativo ha più spazio per affiorare. Il prodotto realizzato a mano crea più empatia con lo spettatore perché colpisce le sensazioni, piuttosto di quello industriale più freddo e meccanico.

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Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie

Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie

Andrea Tuzio · 2 giorni fa · Photography

Dopo la sua performance al Coachella 2023 non priva di polemiche, si torna a parlare di Frank Ocean ma per questioni completamente diverse.

Homer, il brand indipendente di lusso lanciato due anni fa dallo stesso artista di Long Beach e che si occupa principalmente di realizzare e vendere gioielli come ciondoli, anelli, collane, orecchini diamantati, bracciali in argento riciclato e oro 18 carati, tutti prodotti artigianalmente in Italia e caratterizzati da forme divertenti e colori vivaci, ha pubblicato un libro fotografico.

Da pochi giorni infatti è possibile ordinare sul sito di Homer, al prezzo di 90€, Mutations, un libro fotografico di 48 pagine che rappresenta una retrospettiva di opere realizzate tra il 19 ottobre e il 22 dicembre 2022, per lo più foto scattate dallo stesso Ocean. 
Una serie di scatti che ci mostrano un lato del cantante statunitense nuovo, unico e che mostrano, ancora una volta, quanto sia raffinata e ricercata la sua estetica.

Se volete portarvi a casa una vera chicca da collezione come Mutations, il libro fotografico di Frank Ocean, vi basta cliccare qui.

Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie
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I paesaggi malinconici di Alana Celii

I paesaggi malinconici di Alana Celii

Anna Frattini · 18 ore fa · Photography

Alana Celii è una fotografa americana che ridefinisce tempo e significati scattando paesaggi e soggetti dall’aura malinconica e senza tempo. Ora photo editor del New York Times, precedentemente ha lavorato sia per il Wall Street Journal che per il TIME parallelamente alla sua carriera nella fotografia. La sua prima monografia, Paradise Falling, è una serie di fotografie che ridefinisce la sensazione di perdita mostrando cosa significa sentirsi persi attraverso metafore che guardano all’astrologia, al mito e al simbolismo.

Per Celii il punto di partenza è la natura, immortalata talvolta scattando senza soluzione di continuità e improvvisando. Dopo Paradise Falling, la fotografa americana ha iniziato un progetto nuovo alla scoperta dei paesaggi della West Coast dopo il suo trasferimento in California. In queste immagini è chiara la matrice californiana nelle textures e nei colori intensi riconoscibilissimi nei paesaggi sconfinati immortalati dalla fotografa.

Per scoprire altri scatti di Alana Celii qui il suo profilo Instagram.

Ph. courtesy Alana Celii

I paesaggi malinconici di Alana Celii
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I paesaggi malinconici di Alana Celii
I paesaggi malinconici di Alana Celii
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La fotografia eterea di Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

“Ci sono ipotesi diverse su come siamo venuti al mondo, c’è chi dice dagli animali come conseguenza dell’evoluzione della specie e c’è chi dice per mano di Dio, ma di certo sappiamo che quando lasceremo questo pianeta, ciò che resterà di noi sarà solo polvere.” con queste parole il fotografo italiano Matteo Zanin (1986) riflette sul nostro destino attraverso una serie di scatti di nudo artistico. La polvere, le briciole, i detriti, le ceneri sono il punto di partenza del suo progetto fotografico POLVERE in cui la materia naturale e il corpo umano diventano una cosa sola.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

In un’ambiente arido, privo di vegetazione, una donna nuda, dall’aspetto candido e leggero vaga nel desertico paesaggio, mimetizzandosi e amalgamandosi ad esso. “La donna è l’essere vivente che più si avvicina alla natura, perché come lei è l’unica che può creare un’altra vita.” riflette Zanin.

Gli scatti appartengono ad una sfera eterea, che rimanda lo spettatore ad uno scenario quasi apocalittico. L’ultima donna sul pianeta, una ninfa solitaria, in cerca di acqua, di una fonte di vita. Con il tempo il suo corpo si congiunge alla natura, fino a diventare parte della stessa. Contorcendosi imita le sue forme, abbracciandola le dimostra il suo amore.

La passione per la Street photography e il suo approccio cinematografico, oltre alla sua esperienza nel campo della moda, emergono particolarmente nella serie POLVERE, capace di riassumere l’identità artistica di Matteo Zanin e di restituire una serie di sentimenti contrastanti. La natura può dare ma può anche togliere.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

Courtesy and credits Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin
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Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Anna Frattini · 7 giorni fa · Photography

Classe 1980, J. Jason Chambers è un fotografo americano che racconta l’America attraverso i suoi scatti, viaggiando di stato in stato e ispirandosi al New Topographics Movement. Scorrendo fra gli scatti del fotografo sembra di vedere un’America molto diversa da quella che ci immaginiamo. Insegne al neon luminose, stazioni di servizio e vecchie automobili sospese in un’atmosfera quasi cinematografica. Chambers sembra essere in continuo movimento, dalla California fino a Wall Street passando per il deserto. Le fotografie scattate a New York fanno da contraltare alle suggestioni desertiche del New Mexico e ai panorami texani di Marfa.

La riflessione di J. Jason Chambers su una nuova topografia influenzata dall’uomo si ispira a una mostra risalente al 1975 a Rochester, New Topographics. In questa occasione furono esposti 10 fotografi alle prese con l’arrivo del Concettualismo e del Minimalismo nella fotografia degli anni ’70. Il SFMoMA, nel 2010, ha deciso di riportare in vita questa mostra rivelando il ponte pre-esistente fra il mondo dell’arte contemporanea e quello della fotografia.

Il punto di incontro fra la fotografia di J. Jason Chambers e New Topographics sta nel rapporto fra l’uomo e l’ambiente. Stazioni di servizio, motel o parcheggi fanno ormai parte del nostro immaginario quando si parla di paesaggistica così oggi come negli anni ’70.

J. Jason Chambers

Per scoprire altri scatti di J. Jason Chambers qui il suo profilo Instagram.

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
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