Quando siamo scesi dal treno a Varedo, domenica mattina, sapevamo che ci sarebbero stati tutti a vedere la settima edizione di Alcova, la piattaforma internazionale per il design contemporaneo. Dopo qualche minuto di cammino, dalla stazione raggiungiamo Villa Bagatti Valsecchi. Qui veniamo subito rapiti dalla maestosa umiltà di un luogo che sembra vivere ancora nel passato, un barocco lombardo dormiente, in questa occasione abitato dagli oggetti del futuro del design. Se l’anno scorso è toccato all’Ex Macello di Porta Vittoria, in questa nuova edizione l’approccio site-specific è stimolato dai contesti fortemente caratterizzati sia della prima location che della seconda, Villa Borsani – ma qui ci arriviamo dopo.
Il primo atto di Alcova a Villa Bagatti Valsecchi
Di primissimo impatto, appena entrati, l’installazione di Objects of Common Interest ci chiama verso l’inizio di questa visita. Nella miriade di stanze di Villa Bagatti Valsecchi – un tempo isola felice per le battute di caccia dei nobili padroni – fra stanze della servitù, sale da ballo e un giardino inglese ampissimo, sono due le cose che ci hanno colpito di più: la ghiacciaia pensata dall’architetto giapponese Junya Ishigami e – forte di un approccio pop diametralmente opposto – il Minigolf Extravaganza di Diego Faivre, Pierre Castignola e Hugo Béhérégaray, tre ragazzi che non si prendono troppo sul serio aspettando che qualcuno giochi una partita insieme a loro.
Nella loro installazione i pezzi di design che hanno realizzato non sono altro che gli ostacoli per la palla da golf. Ci sono anche le sedie e sgabelli di Pierre, di cui abbiamo già parlato qui l’anno scorso. Il mondo in cui si raccontano – in apparenza dissonante dal modus operandi di Alcova – mette in chiaro una versatilità e una modalità di comunicare che fa sorridere di gusto di fronte alla serietà di questa Design Week, ma soprattutto incuriosire. I colori sgargianti e gli oggetti son tutti da scoprire lungo il percorso di questo Minigolf che ho sentito chiamare playground da chi indicava in lontananza – verso il parco – la zona dove Pierre, Diego e Hugo si riparavano dal sole sotto un ombrello da spiaggia.
La cucina e il bagno del secondo piano di Villa Borsani
Valentina Ciuffi e Joseph Grima, quest’anno, non si sono fermati a una sola location. Dopo aver scandagliato ogni angolo di Villa Bagatti Valsecchi ci siamo quindi diretti – attraversando la piccola e tranquilla Varedo – verso Villa Borsani, la villa progettata da Osvaldo Borsani e terminata nel 1943. Un luogo dove le suggestioni architettoniche novecentesce la fanno da padrone. Nello stabile sono conservati pezzi di Gio Ponti, Lucio Fontana e Fausto Melotti, pronti a dialogare con il mondo del design emergente messo in risalto da Alcova, come sempre il medium giusto per questo tipo di operazioni.
In molti, nel corso di questa visita, si sono soffermati ad ammirare i dettagli del tableware di Natalia Criado, un designer colombiana che si ispira ai manufatti precolombiani. L’allestimento – secondo noi geniale – metteva in scena un post-serata a casa, fra bicchieri nel lavandino e caffettiere per il caffè del giorno dopo. Il gioco surrealista e un pò Bauhaus di questi oggetti ci ha incuriositi moltissimo, facendoci rimanere un pò più a lungo ad osservare i dettagli di pietre naturali e gli svariati oggetti in ottone sabbiato e argentato.
Il meraviglioso bagno al secondo piano di Villa Borsani – dove tutti volevano chiudersi per ammirare Non Conformist Garden, l’installazione ricreata da Sema Topaloglu Studio – è stata una delle tappe che più ci ha emozionanti nel corso di questa visita. Un’onda di fiori in vetro traboccano dalla vasca in un exploit di colore che lascia correre l’immaginazione di chi si trova nel piccolo spazio, avvolto dalla forza del gusto estetico di Topaloglu, la designer turca a cui è stato dedicato questo spazio.
L’Alcova che verrà
La fortuna di Alcova, quest’anno, è quella di aver trovato due location diversissime ma accomunate dal senso domestico di due abitazioni appartenenti al passato a poca distanza l’una dall’altra e facilissime da raggiungere. Come sempre, l’attenzione per tutto quello che fa Alcova è altissima e se i founder hanno avuto il coraggio di spostare il focus nel cuore della Brianza che lavora, chissà dove ci porteranno il prossimo anno.