Mi sono sempre chiesta se siamo davvero consapevoli del potere che le immagini hanno su di noi. Ne siamo inondati e sopraffatti quotidianamente, eppure, quando scegliamo deliberatamente di utilizzare le immagini, di crearne di nuove partendo da zero, qualcosa di magico succede.
Ne è un chiaro esempio la pratica dell’autoritratto, spesso utilizzata in fotografia come strumento di immaginazione, di autoanalisi e riflessione identitaria come nel caso di Francesca Woodman, o di indagine civile, sociale ed esistenziale, come per esempio nelle opere di Paola Mattioli. La fotografia può diventare un balsamo capace di condurre a una maggiore consapevolezza verso sé e il mondo esterno.
Quando l’obiettivo incontra la materia tangibile del proprio corpo, in realtà rivela molto di più: evidenzia fragilità, paure, consapevolezze, messaggi nella bottiglia che prendono forma attraverso l’immagine stessa. È proprio questo che si cela dietro gli scatti del progetto “Tissues and Bones” realizzati dalla fotografa francese Anne-Laure Etienne.

A partire dal 2017 e per ben 6 anni, Anne-Laure si è auto ritratta nei luoghi della sua terra, splendidi paesaggi incontaminati nel Sud della Francia. In un momento di grande debolezza psicologica e fisica, ha incontrato nella fotografia un mezzo per esprimere il proprio disagio.
Il suo corpo imprigionato nei tessuti, diventa testimonianza di un senso di claustrofobia psicologica da cui liberarsi. Le ossa citate nel titolo del progetto costituiscono la parte più segreta del nostro corpo, quella che resiste al tempo e anche alla morte, per questo sono la testimonianza più autentica della nostra intima essenza. Ciò che inizialmente pare intrappolato, compresso, soffocato, con il passare del tempo si modifica: da gabbia di costrizione, il tessuto diventa placenta, morbida protezione che tutela, ma non inibisce, leggero velo che accarezza, ma non costringe.
La leggerezza dei corpi, immortalati in danze aeree o momenti di sforzi fisici in tensione, testimonia una fioritura, una rinascita, esattamente come il paesaggio in cui questi sono catturati. In tal senso, il contesto naturale non è mai un semplice fondale che incornicia poeticamente la scena, ma costituisce un elemento dialogico e in divenire, dipinto con tinte cariche ed energiche. Così, la geografia dello spazio cede il passo a una geografia della rappresentazione di sé.
La sopraggiunta guarigione le ha permesso in seguito di fotografare amici e parenti, concedendo loro la possibilità di entrare in contatto profondo con la parte più nascosta di sé e la Natura.
La creatività e il background artistico di Anne-Laure permettono, con pochi espedienti scenografici, di ricostruire micro mondi sospesi, in cui si incontrano la dimensione reale, quella simbolica e quella immaginaria. Tessuti di tulle, voile e organza dialogano con le texture che la natura offre allo sguardo di chi sa osservare, creando livelli di lettura e giochi di luce e ombra in cui il corpo dà vita a linee morbide e leggere.
C’è un messaggio di gioia, speranza e forza in questo progetto, come quello nella foto in cui, avvolta da un tessuto di nuvole, Anne-Laure Etienne si staglia fiera e con i piedi per terra, ma con lo sguardo rivolto al cielo di cui sembra far parte.
