Cosa sono esattamente le “Bored Ape”?

Cosa sono esattamente le “Bored Ape”?

Andrea Tuzio · 2 anni fa · Art

È molto probabile che vi siate imbattuti nella notizia che Eminem ha acquistato un NFT delle cosiddette “Bored Ape” per 450.000 dollari per poi impostare l’immagine come foto profilo (andate a vedere il suo account Instagram). Soprannominata “EminApe”, vista la somiglianza con il rapper di Detroit, questo NFT è soltanto uno dei tantissimi “collectibles” digitali in serie limitata figli del progetto Bored Ape Yacht Club che stanno avendo un successo e una viralità enorme producendo un giro di affari senza precedenti (sulla piattaforma OpenSea, il più grande marketplace per NFT, ha superato il miliardo di dollari).
Ma cosa sono queste “Bored Ape” e cos’è il Bored Ape Yacht Club?

 
 
 
 
 
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Tra le altre cose il 2021 ci ha lasciato in eredità c’è l’esplosione degli NFT (non-fungible token), un particolare tipo di token crittografico – una sorta di certificato di autenticità – che assicura l’unicità e la proprietà di determinate opere digitali. In questo marasma elitario di opere d’arte virtuali vendute a prezzi altissimi spiccano le “Bored Ape” (a breve saranno protagoniste anche di una collaborazione con adidas, vedi post qui sopra), delle illustrazioni che rappresentano appunto delle scimmie annoiate, ognuna diversa dall’altra e realizzate dal cosiddetto Bored Ape Yacht Club, un progetto fondato da due 30enni “nerd letterari” – così si sono autodefiniti – la cui identità è celata dietro due pseudonimi, Gargamel e Gordon Goner. Prima del Bored Ape Yacht Club Gargamel faceva l’editor e lo scrittore mentre Gordon Goner era pronto a frequentare un corso di studi sull’arte ma alla fine, causa una malattia che lo ha relegato in casa, ha deciso di dedicarsi al day trading di criptovalute. 

Una volta presa la decisione di entrare nel mondo degli NFT collezionabili, la scelta del soggetto non fu semplice ma alla fine concordarono per delle scimmie (entrambi avevano una passione  particolare per questi primati) che però dovevano avere un atteggiamento annoiato. La parte artistica fu delegata a un algoritmo che originò in maniera del tutto casuale le scimmie digitali, mentre il duo metteva in atto il piano di creare un club esclusivo formato dai proprietari delle illustrazioni digitali.

Nell’aprile del 2021 i due lanciano il primo lotto di Bored Ape composto da diecimila illustrazioni tutte diverse e vendute tutte entro le prime 24 ore per 200 dollari l’una fruttando 2 milioni di dollari. Ma questo è solo l’inizio. 
Il concetto dil club esclusivo pensato da Goner e Gargamel si tramuta in realtà quasi immediatamente. I possessori delle Bored Ape iniziarono a sostituire la propria immagine del profilo (all’inizio Twitter ma poi anche Instagram) con la scimmia acquistata, una sorta di segno di riconoscimento che in automatico ha portato gli acquirenti a discutere fra loro e a stringere rapporti, una sorta di status symbol che determinava un’appartenenza precisa.

Da quel momento in avanti, grazie al mercato secondario, le cifre spese per le Bored Ape sono schizzate alle stelle. Un giro d’affari da quasi 100 milioni di dollari complessivi, con le illustrazioni più economiche rivendute a quasi 14.000 dollari. 

L’immane popolarità acquisita, grazie anche a personaggi del calibro del due volte MVP della NBA e miglior tiratore della storia della pallacanestro Stephen Curry dei Golden State Warriors, e di Jimmy Fallon che hanno acquistato una Bored Ape comunicandolo sui loro social media, ha dato il via a tutta una serie di progetti simili lanciati a cadenza settimanale, nella speranza di riscuotere il successo delle Bored Ape ma con risultati altalenanti.

Il lavoro del Bored Ape Yacht Club però non si è fermato. Una serie di progetti collaterali e complementari sono stati lanciati dai fondatori, come ad esempio lo sviluppo di nuovi NFT (cani e scimmie mutanti), l’organizzazione di incontri tra i proprietari delle scimmie e a quanto pare verrà realizzato un videogame con protagoniste ovviamente le scimmie annoiate disponibile soltanto per i possessori dell’illustrazione più virale della rete.

La peculiarità del progetto però sta nel concetto di proprietà. Tutti i proprietari possono utilizzare nei modi più disparati e commercialmente allettanti il proprio NFT: farne un brand, costruire una storia attorno alla propria scimmia e quindi potenzialmente farlo diventare una serie/film animato e non, etc.. Questa opportunità dà la possibilità ai proprietari di sfruttare economicamente il proprio acquisto provando a far fruttare il proprio investimento e allo stesso tempo permette al Bored Ape Yacht Club di godere di una luce riflessa accecante in termini di popolarità. 

Ma questo è soltanto l’inizio. Fenomeni come le Bored Ape spuntano e continueranno a spuntare come funghi in un mercato con un’espansione potenzialmente senza limiti e che si scontreranno con la volatilità tipica di un sistema ancora poco definito e con regole che sembrano non essere ancora state decifrate. 

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Daniel Arsham ha realizzato la cover dell’album di Gunna

Daniel Arsham ha realizzato la cover dell’album di Gunna

Tommaso Berra · 2 anni fa · Art

Qualche giorno fa Gunna aveva annunciato la data ufficiale di uscita di Drip Season 4, il nuovo album del rapper americano. Il nuovo capitolo della Drip Season sarà disponibile dal 7 gennaio, tuttavia non era ancora stata svelata la cover dell’album, a pensarci è stato niente meno che Daniel Arsham, autore dell’artwork.
Molti rapper hanno realizzato con artisti internazionali per le copertine dei loro dischi, basti pensare a quella recente di Damien Hirst per Drake o a quelle di e di Virgil Abloh e Murakami per Kanye West. Gunna ha scelto la visione inconfondibile di Daniel Arsham e quello stile neo-archeologico che in passato ha portato l’artista a collaborare con Dior, adidas, KITH, Pharrell Williams o Ikea, per citarne solo alcuni.

La cover è caratterizzata da elementi tipici del lavoro di Arsham. Il primo è il colore grigio cemento, il secondo sono i soggetti, rappresentati come statue appena riscoperte da uno scavo o scolpite direttamente da una parte di roccia e minerali. Il busto di Gunna è infatti incastonato di diamanti azzurri, mente al collo pende una cuban link con il nome del rapper. La data di uscita dell’album la conosciamo, non lo sguardo della statua, nascosto da un paio di occhiali rettangolari neri.

Daniel Arsham ha realizzato la cover dell’album di Gunna
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Daniel Arsham ha realizzato la cover dell’album di Gunna
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Vestiti che non si possono indossare

Vestiti che non si possono indossare

Collater.al Contributors · 2 anni fa · Art

Masami Yamamoto non è un nuovo stilista giapponese che sta per presentare la sua collezione FW 22/23, quelli che realizza non sono maglioni e biancheria abilmente ricamati, ma sculture in ceramica.
Il bianco che caratterizza le opere dell’artista non è infatti quello che prometterebbe un nuovo Martin Margiela, ma il colore della ceramica cotta, lavorata con estrema precisione, per ricreare le pieghe e le forme di oggetti realmente esistiti e soprattutto appartenuti a persone realmente esistite. Questo è un tema importante per l’artista, le opere di Yamamoto sono infatti un modo per fermare il tempo in una forma statica, quella della pietra. Le creazioni riescono così non solo a fermare la clessidra ma anche a conservare un ricordo di oggetti sgualciti, stropicciati, che trasmettono un vissuto, e non la loro forma ideale.

Penso che il materiale ceramico corrisponda molto bene alla nostra esistenza umana attraverso la sua forte presenza e fragilità. Diventa memoria, gli oggetti fatti in ceramica li sento come ricordi poetici della nostra solitudine assoluta, delle gioie e dei dolori della nostra vita quotidiana.” ha spiegato Masami Yamamoto.
La vera sfida dell’artista è quella di riportare le qualità dei tessuti attraverso un materiale differente dalla lana e dal cotone. Difficile ricreare la morbidezza dei tessuti, così come il loro calore, allora Yamamoto sfrutta il momento in cui l’argilla è ancora malleabile, a servizio dell’uomo e della ricerca di portare il concetto di tempo in un oggetto immateriale.

Masami Yamamoto | Collater.al
Masami Yamamoto | Collater.al
Masami Yamamoto | Collater.al
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Masami Yamamoto | Collater.al
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Vestiti che non si possono indossare
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Vestiti che non si possono indossare
Vestiti che non si possono indossare
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Studiare l’architettura delle opere attraverso i render

Studiare l’architettura delle opere attraverso i render

Collater.al Contributors · 2 anni fa · Art

Ci sono opere d’arte che hanno un’atmosfera luminosa così reale, una patina così tanto tridimensionale che sembra quasi di poter entrare nella scena e vivere il momento dipinto dagli artisti.
Lo studio creativo Ymage Works ha provato a definire lo spazio di alcune delle più famose opere d’arte, attraverso la modellazione 3D degli ambienti e delle architetture dipinte da Van Gogh, Hopper o Magritte. Per farlo, nella serie RE-YMAGINED è stata esclusa ogni presenza umana. In questo modo si mette in luce solo la composizione dello spazio scenico, aspetto che ad un primo impatto spesso passa in secondo piano quando si osservano le opere. Gli spettatori dei musei non possono certo fare a meno di sentirsi in soggezione, congelati, dallo sguardo austero delle due figure ritratte da Grant Wood nel suo capolavoro “American Gothic“. Più difficile che riescano a notare l’abitazione Carpenther Gothic alle loro spalle, fondamentale invece per definire il contesto e il significato dell’opera.

Grazie al lavoro di Ymage Works è possibile così pensare di sedersi al bancone del Phillie’s dipinto da Edward Hopper, oppure lasciarsi circondare dalla carta da parati a fiori rappresentata da Henri Matisse nel suo “The Dessert: Harmony in Red“.
La sensazione di passeggiare per le strade di Parigi dell’epoca di Gustave Caillebotte diventa più reale, così come i cieli stellati e le atmosfere notturne rappresentate da un artista enorme come Vincent Van Gogh.

Studiare l’architettura delle opere attraverso i render
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Censura e social. E se Instagram avesse ragione?

Censura e social. E se Instagram avesse ragione?

Giulia Guido · 2 anni fa · Art

Tema caldo degli ultimi anni, soprattutto degli ultimi mesi, è quello della censura sui social, ma più specificatamente Instagram, legata a opere di nudo artistico e fotografia di nudo. Incappiamo sempre più spesso in profili di fotografi, illustratori e designer che vengono bloccati o cancellati perché ritenuti dall’algoritmo – di cui si parla come se fosse un’identità maligna alla pari di Dart Fener – non idonei e non in linea con le politiche di Instagram.
In seguito alla cancellazione di un profilo, che magari contava migliaia se non milioni di follower, nasce sempre un movimento di protesta: il creator in questione attraverso un altro account denuncia l’accaduto e facendo leva su principi come la libertà d’espressione, la libertà dell’arte e l’assurdità della censura, attiva i propri follower affinché, a un certo punto, sua Maestà Algoritmo non ripristina il vecchio profilo. Lo abbiamo visto con quello di progetti come CHEAP Festival, ma anche con quelli di artisti indipendenti come i fotografi ucraini Anastasia Mihaylova e David Dubnitsky.
Provando ad analizzare la questione è sorta spontanea una domanda: e se Instagram avesse ragione?

Anastasia Mihaylova | Collater.al
Anastasia Mihaylova

Comprendiamo la rabbia e la delusione che si provano quando un proprio contenuto viene oscurato, noi di Collater.al lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle quando l’ennesimo articolo di fotografia di nudo ci è stato cancellato da Facebook, cosa che ci ha portato a non ricondividerli più sulla piattaforma. È come se a un tratto una persona su cui facevi affidamento al 110% non ti sostenesse più. 

Lo stile di fotografia Art Nude NON è un contenuto pornografico, è Arte – dice Anastasia Mihaylova -, la fotografia di nudo è una cultura dove il corpo umano è un oggetto artistico creato dalla natura stessa, che non ha alcuna connotazione di tipo sessuale. 

Si tratta sicuramente di un’affermazione inconfutabile che ha a sostegno secoli di Storia dell’arte, di pittori, scultori e fotografi che hanno saputo trasformare il corpo in materia da plasmare. In fondo, chi meglio di noi italiani può capirlo, che siamo cresciuti con i Bronzi di Riace stampati sui libri scolastici di storia, che siamo andati in gita a Firenze per ammirare il David di Donatello che per di più ogni anno finisce in prima pagina in versione mignon in mano all’attore e all’attrice di turno, che quando andiamo a Bologna ci divertiamo a guardare il Nettuno dalla giusta prospettiva per scoprire la piccola (che piccola non è) virilità nascosta dal Giambologna. 

Sfortunatamente sono concetti che il cervello umano è in grado capire, ma che una stringa di numeri e cifre che gestisce miliardi di contenuti su una piattaforma non riesce ancora ad afferrare. 

Il fotografo siciliano Salvo Giuffrida sottolinea infatti che Instagram censura le foto con parti del corpo nude indipendentemente dal senso o dal messaggio fotografico.

Sempre Anastasia Mihaylova aggiunge che Instagram utilizza principi di censura obsoleti. […] Le regole e gli algoritmi della censura di Instagram sono così analfabeti e poco logici che gli account che contengono opere d’arte vengono cancellati, ma allo stesso tempo account pieni di contenuti volgari continuano a funzionare. 

Censura
Salvo Giuffrida

Ciò è successo al profilo del Leopold Museum dopo aver pubblicato ritratti di Egon Schiele, ma anche più recentemente all’Albertina Museum di Vienna con la foto della Venere di Willendorf. 

Venere di Willendorf
Venere di Willendorf

Questo comportamento della piattaforma scatena due effetti. In primo luogo gli artisti che, come dice il visual artist italiano Andrea Crespi, si affidano ai social network più di quanto la gente pensi perdono il loro profilo, che rappresenta sia ore di lavoro e tempo impiegato a farlo crescere sia un mezzo con cui trovare altro lavoro e nuovi collezionisti. In seconda battuta, e più raramente, gli artisti cominciano ad affidarsi ad altre piattaforme come OnlyFans e Patreon.

Qui però il problema principale è uno e ce lo ha spiegato esaustivamente Andrea Crespi: ad oggi, la possibilità su queste nuove piattaforme di raggiungere livelli di viralità paragonabili a social come Instagram e Facebook è molto lontana. Anche a causa degli abbonamenti richiesti per la fruizione dei contenuti, che non tutti gli utenti sono disposti a corrispondere, rispetto a realtà dove si può accedere gratuitamente. 

censura
Andrea Crespi

È in pratica la risposta alla domanda: se Instagram oscura e cancella immagini di nudo artistico perché gli artisti continuano a postare questo tipo di contenuto? In soldoni, perché non c’è un’alternativa migliore. Non c’è un’altra opzione che offra visibilità e opportunità tanto quanto Instagram.

Però – c’è sempre un però – il fatto di avere al momento un’unica alternativa non la trasforma automaticamente in quello che vogliamo noi. Ad oggi Instagram, con oltre 1 miliardo di utenti, è il luogo migliore per gli artisti dove presentare il proprio lavoro, ma non nato con questo intento. 

Il fatto è che ogni volta in cui abbiamo assistito ad atti di censura da parte di Instagram si parla, implicitamente o esplicitamente, di una sorta di ingiustizia, di un atto ingiusto che viola il diritto altrui. Il diritto altrui, però, è strettamente legato all’insieme di norme e leggi (ma anche usi e costumi) che regolano diritti e doveri di ognuno di noi.
La Legge del nostro Paese dice che è illegale uccidere o rubare, le norme che regolano i trasporti dicono che per salire su un aereo, un treno, un bus serve un biglietto, regole più implicite dicono che non è buona cosa insultare le persone per strada senza motivo, fare loro uno sgambetto, ma anche mangiare con i piedi o sputare sul pavimento dell’ufficio.
Ogni aspetto della nostra vita è regolato da norme e principi che hanno il compito di tutelare tutta la comunità. Sottolineiamo tutta perché è un punto centrale del discorso. 

Così siamo andati a vedere cosa dicono le linee guida della community di Instagram – che tutti noi accettiamo nel momento in cui ci iscriviamo – riguardo ai contenuti di nudo e si può leggere: “Sappiamo che talvolta le persone desiderano condividere immagini di nudo artistiche o di natura creativa, ma per diversi motivi non è consentita la pubblicazione di contenuti di nudo su Instagram. Sono inclusi le foto, i video e altri contenuti creati con strumenti digitali che mostrano rapporti sessuali, genitali e primi piani di fondoschiena nudi. Sono comprese inoltre alcune foto con capezzoli femminili in vista, tranne che nel contesto di allattamento al seno, parto e momenti successivi al parto, situazioni correlate alla salute (ad es. in seguito a una mastectomia, sensibilizzazione sul cancro al seno o chirurgia di conferma del genere) o atto di protesta. Anche le foto di dipinti e sculture con immagini di nudo sono accettate.”

Su ciò che è scritto nell’ultima riga, con esempi che dimostrano la contraddittorietà, abbiamo già parlato, ma su tutto il resto la posizione di Instagram è chiara.

Forse una posizione non condivisibile da molti – stando alle testimonianze che abbiamo raccolto -, ma qualcuno che va controcorrente c’è: il fotografo italiano Emanuele Ferrari, in una nostra intervista che potete rivedere qui, ha detto: per quanto riguarda la censura sui social, sembrerà strano, ma mi trovo d’accordo. Ho un bambino di 6 anni e dato che ormai il social è utilizzato da persone di qualsiasi fascia di età penso che vadano tutelate, perché penso che una foto di nudo, anche artistico, vada capita. La fotografia ha una libertà di espressione, puoi fare le foto di qualsiasi cosa per me, però sul social devi stare attento, hai un obbligo anche educativo.

Torniamo così al concetto di tutela di tutta la community. Spesso dimentichiamo che su Instagram siamo uno su circa 1.074 miliardi di utenti che vivono in Paesi diversi, che hanno un’altra età, parlano un’altra lingua, hanno avuto un’educazione differente e sposano usi e costumi diametralmente opposti dai nostri.

È un social che nasce come luogo in cui condividere foto apprezzabili e comprensibili da tutti – e scrivendo tutti ormai intendiamo anche utenti di qualunque fascia d’età. Ognuno di noi può avere il proprio parere rispetto al fatto che la fotografia di nudo e il nudo artistico rientri o no in questa categoria, a volte però bisogna arrendersi al fatto ciò che è giusto, rispetto alle regole del luogo reale o virtuale che abbiamo scelto per condividere il nostro contenuto, non coincide con ciò che vogliamo.

Censura
Emanuele Ferrari
Censura e social. E se Instagram avesse ragione?
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Censura e social. E se Instagram avesse ragione?
Censura e social. E se Instagram avesse ragione?
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