Etnia Barcelona, il brand eyewear che unisce arte, etica e sostenibilità

Etnia Barcelona, il brand eyewear che unisce arte, etica e sostenibilità

Giulia Guido · 1 anno fa · Style

A Barcellona si respira un’aria diversa da ogni altro luogo. In un’area di 100 kilometri quadrati è possibile passare dalla spiaggia della Barceloneta, perdersi tra le traverse delle Rambla scoprendo il Barrio Gotico e El Raval; ci si può perdere tra gli isolati maniacalmente squadrati di Sant Marti oppure salire sul Tramvia Blau e ammirare la città dal Tibidabo. Mentre ci si abitua agli orari “rilassati” degli spagnoli, gli occhi vengono soddisfatti dall’architettura di case, teatri e musei nei quali agli inizi del 1900 sono nate nuove correnti artistiche, nuovi generi musicali e teatrali.
È questa la casa di Etnia Barcelona, un brand che negli ultimi anni sta acquisendo sempre più corpo e importanza a livello nazionale e internazionale. 

Etnia Barcelona nasce dalla mente di David Pellicer, attuale proprietario dell’azienda, che deve la passione per il mondo dell’eyewear al nonno, che a sua volta creava occhiali. Nel panorama attuale il brand si distingue essenzialmente per due motivi sui quali è stata fondata tutta la filosofia e l’identità dei prodotti: da una parte abbiamo la qualità di prodotti sostenibili e dall’altra l’impegno a sostenere cause più grandi attraverso l’Etnia Barcelona Foundation, un progetto di solidarietà che offre un aiuto concreto per la salute della vista a chi ne ha più bisogno.

Il brand nato nel novembre del 2001 ha da poco festeggiato i suoi primi 20 anni e, come ogni persona che arriva a quell’età, è pronto a passare dall’ingenuità alla maturità, dalla ribellione fine a se stessa a una ribellione sentita e ragionata.
Per fare ciò (ma anche per festeggiare come si deve), Etnia Barcelona ha lanciato la Capsule Heritage, una collezione formata da 4 occhiali disponibili in differenti colorway che rendono omaggio sia alla trama a scacchiera simbolo del brand, sia a icone popolari della storia dell’umanità.
Infatti nelle immagini della campagna i modelli “The Einstein”, “The Kennedy”, “The Kahlo” e “The Kubrick” sono indossati da personalità come Charles Darwin, Napoleone, Alfred Hitchcock o Lady Diana. 

Noi di Collater.al abbiamo avuto la fortuna di essere invitati ai festeggiamenti per questo 20° anniversario, evento che si è rivelato un’ulteriore occasione per Etnia Barcelona di dimostrare il suo amore per il mondo dell’arte e della creatività. Il brand ha organizzato proprio a fine novembre una cena speciale all’interno di una delle tante gallerie del Museo Reina Sofia nel cuore di Madrid, dove oltre a celebrare questo importante traguardo è stato offerto anche un tour privato della collezione, un viaggio alla scoperta di quegli artisti che nei primi decenni del XX secolo hanno trasformato la Spagna in un luogo di fermento artistico e culturale. 

Convinti di essere stati stupiti abbastanza, siamo rimasti senza parole quando dopo pochi giorni Etnia Barcelona ed Etnia Barcelona Foundation hanno annunciato una collaborazione con Open Arms e hanno presentato il progetto “Open Eyes”, che si è concretizzato attraverso la prima collezione di occhiali che salva vite, una campagna dal forte impatto visivo e un documentario

Si tratta di una joint venture che fonda le sue radici nei valori, negli intenti e negli obiettivi che uniscono il brand e l’organizzazione non governativa.
Per l’occasione Etnia Barcelona ha rivisitato il suo leggendario modello Avinyó, questa volta presentato in un color rosso brillante, che ricorda il logo di Open Arms. La realizzazione di questo modello è solo la ciliegina sulla torta di una campagna che somiglia molto di più a un viaggio nei campi profughi di Malakasa e Ritsona in Grecia che facciamo grazie ai racconti di Fadia, Emram e Weis. Le parole di questi sopravvissuti si proiettano sulla superficie buia e spaventosa del Mar Mediterraneo come messaggi di SOS e, oltre a diventare locandine pronte a riempire le vie di Barcellona, Madrid, Milano e Parigi, sono la voce narrante del documentario “OUR VOICES che potete vedere qui sotto.
L’impegno di Etnia Barcelona si riconferma anche nella decisione di devolvere l’intero ricavato della vendita della capsule “Open Eyes” a Open Arms. 

Se il mondo della moda, ma anche le scelte di ognuno di noi, diventano di giorno in giorno più consapevoli non possiamo ignorare una realtà come quella di Etnia Barcelona. 

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Com’è andato il MI AMI 2023

Com’è andato il MI AMI 2023

Anna Frattini · 4 giorni fa · Art

Siamo stati alla diciassettesima edizione del MI AMI all’Idroscalo di Milano fra veterani del festival e nuovi arrivati insieme a molte sorprese. L’appuntamento di quest’anno è stato lanciato come una vera e propria caccia la tesoro per l’unitissima community del festival. Il MI AMI rivendica anche quest’anno la propria vocazione come motore di cose nuove, accelleratore di incontri ed esperienze.

Una line-up infinita e costellata di artisti appartenenti a generi diversissimi fra cui i Verdena, L’Officina della Camomilla ma anche Ginevra con il suo pop elettronico. Imperdibili le performance di Lovegang126, Giuse The Lizia e Drast venerdì e Coez, Nayt e Mecna insieme ai Coma Cose e Fulminacci nella giornata di sabato insieme a Rondodasosa, per la sua prima data italiana dopo le controversie. Ci sono stati anche degli ospiti a sorpesa fra cui gli Ex Otago la prima sera, Willie Peyote sul palco con Fulminacci e Coez e Frah Quintale sul palco Dr. Martens.

Per altri scatti dal MI AMI qui il loro profilo Instagram.

Ph. courtesy Andrés Juan Suarez

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Richie Culver: il cinismo è arte?

Richie Culver: il cinismo è arte?

Giorgia Massari · 4 giorni fa · Art

Con soli 8 euro in tasca, il giovane diciassettenne Richie Culver lascia la sua casa a Hull, un paese nel Nord dell’Inghilterra, per inseguire la sua ragazza dell’epoca a Londra. Da qui ha inizio la sua carriera da artista, mosso dall’amore e senza alcuni studi artistici alle spalle.
Culver inizia a fare arte tra le strade e poi, inaspettatamente, la sua opera “Have you ever really loved anyone?”, un collage con un ritaglio di Jesse Owens, venne esposta alla Tate Modern di Londra durante una mostra collettiva. Richie Culver ora ha 44 anni ed espone le sue opere in tutto il mondo, riscuotendo grande successo grazie soprattutto alle sue frasi schiette e crude, scritte su tela

Richie Culver | Collater.al

La sua poetica ruvida proviene dal suo passato e le frasi sono spesso auto-biografiche. Richie Culver nasce da una famiglia di classe operaia, in un ambiente disilluso che influisce in modo preponderante sui suoi pensieri e di conseguenza sulla sua arte. Dalle sue frasi è evidente la sua lotta nei confronti del sistema di classi e della mascolinità contemporanea.
Le sue frasi ciniche conservano un umorismo oscuro e diventano universalmente comprensibili. Con la loro semplicità e attingendo dai luoghi comuni, fortemente combattuti dall’artista, le frasi di Culver sono in grado di comunicare con qualsiasi persona, di ogni provenienza e classe sociale. 

Richie Culver | Collater.al

Tra ironia e cinismo, Richie Culver si schiera contro la tecnologia e in particolare contro il mondo dei social. Emblematica è l’opera controversa “Did U Cum Yet?”, una delle sue classiche scritte a spray su tela, che diventò immediatamente virale su Instagram. In quanto l’opera stessa è una critica all’uso smoderato dei social, in cui l’artista paragona l’atto della masturbazione al bisogno di nutrire il proprio ego postando la propria arte su Instagram, Culver decide di distruggere l’opera originale. Realizza però un libro che contiene tutti gli screenshot dei commenti in risposta al pezzo, per lo più critiche.

Richie Culver | Collater.al

Oggi Richie Culver è un artista eclettico. La sua pratica spazia dalla pittura, alla scultura, alla fotografia e alla performance digitale. Attualmente la sua carriera è rivolta in particolare alla musica. I suoi pezzi audio diventano una continuazione dei suoi dipinti, oscillando tra musica e poesia.  

Courtesy Richie Culver

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Il mondo subacqueo di Jason deCaires Taylor

Il mondo subacqueo di Jason deCaires Taylor

Anna Frattini · 3 giorni fa · Art

Jason deCaires Taylor è uno scultore, ambientalista e fotografo professionista impegnato nella costruzione di musei e parchi di sculture subacquei. I temi trattati da Taylor riguardando l’emergenza climatica, l’attivismo ambientale e la capacità rigenerativa della natura.

Rimanendo sott’acqua, le sculture dell’artista si trasformano e con il passare del tempo forniscono un nuovo habitat per la fauna e la flora marina. Il tutto realizzato con cemento durevole, in grado di fornire una piattaforma stabile che consente ai coralli di attaccarsi e crescere. L’unicità di queste sculture subacque si concentra sul rapporto fra arte e ambiente che si interseca con questioni sociali, come la preoccupante condizione dell’ecosistema marino destinata a ripercuotersi sulla vita dell’uomo. L’intenzione di Taylor è di far riflettere gli spettatori su queste tematiche, offrendo un punto di vista diverso per un futuro migliore anche sott’acqua.

La prima scultura di Taylor, Il Corrispondente Perduto – realizzata in collaborazione con un biologo marino e un centro di immersioni locale – è stata posizionata al largo delle coste di Grenada, in Giamaica, un’area distrutta dall’uragano Ivan. La scultura si è rapidamente trasformata e col tempo vi sono stati aggiunti altri elementi, ben 26 alla fine. Così è nato primo parco di sculture sommerso al mondo. Da questo momento in poi, i progetti di Taylor sono diventati sempre più ampi fino al giardino sommerso di Lanzarote. Dal 2009 i siti subacquei realizzati dall’artista sono quasi una ventina in giro per il mondo e i visitatori oltre mezzo milione.

Il Museo Atlántico di Lanzarote, a circa trecento metri dalla costa e a dodici metri di profondità, ospita un’esposizione di oltre 250 statue che raffigurano, a grandezza naturale, alcuni abitanti dell’isola selezionati da James deCaires Taylor, ormai pioniere di questa nuova frontiera ambientalista nel mondo dell’arte.

Per scoprire gli altri progetti di Jason deCaires Taylor puoi visitare il suo profilo Instagram.

Ph. courtesy Jason deCaires Taylor

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La urban culture secondo Lugosis

La urban culture secondo Lugosis

Anna Frattini · 3 giorni fa · Art

Luca Lugosis – a.k.a. Lugosis – è un tatuatore, street artist e artista italiano che ha collaborato con brand del calibro di Dr. Martens, Market, Nike e molti altri. La sua poliedricità rielabora la urban culture in una chiave strettamente personale, legatissima alla scena milanese.

Ora attivo su Berlino, viaggia per il mondo alla ricerca di nuovi stimoli e ispirazioni. D’altro canto, Milano rimane un luogo molto importante per Lugosis, partendo dalle suggestioni metropolitane fino alla community che si è costruito con il tempo.

I personaggi ideati da Lugosis si muovono con agilità fra tatuaggi, illustrazioni e graffiti e raccontano i suoi pensieri e la sua percezione del mondo. Fra personaggi strampalati e weirdos, la poetica di Lugosis ricompensa l’anti-convenzionale senza pregiudizi. In definitiva, la cultura suburbana e l’estetica dei cartoon millennial sono di grande ispirazione per l’artista.

Ora, ripercorriamo alcune delle collaborazioni più interessanti dell’artista. Da quella per Nike con t-shirt e felpe dove Lugosis reinventa il classico logo a quella più grafica con Dr. Martens, portata avanti insieme a Strato. Anche per Carhartt i due artisti hanno collaborato insieme nel 2021 nello store del brand a Weil am Rhein in Germania, il tutto curato da Colab Gallery.

Ph. courtesy Lugosis, Colab Gallery, Dr. Martens, Nike

Per tutti gli altri progetti di Lugosis qui il suo profilo Instagram.

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