La Bara #2

La Bara #2

La Bara · 11 anni fa · Style

Il circo della moda ha chiuso i battenti. Almeno qui da noi. Le orde di modelle se ne sono irrimediabilmente volate verso Paris. Addieu belle gambe. I gentili giullari di corte che sedevano nei più prestigiosi front row dovranno prendersi una settimana di rehab, dopo i ritmi disumani sostenuti. Nemmeno tirando il Sahara si potrebbero reggere. Noi invece, tiriamo tutti il fiato: “Les jeux sont fait”. I giochi sono davvero finiti in città, anche Prada ha sfilato. L’appuntamento più SUPERTOP, se vuoi essere veryCOOL, si è consumato in un’austera location e in molti sembrano non aver capito.

La Bara #2 - La MFW 2012 e la sua sfilata più rappresentativa: Prada

(Chiameremo i due personaggi  “Cip” e “Ciop” per proteggerli dal sicuro linciaggio).

Cip: …Una collezione così controversa, immediata, con un riferimento così schietto, così Kawakubiano. Non trovi?

Ciop: No, Rei Kawakubo? Non con Prada. Sul controverso sì. Fa cagare si dice a casa mia.

Cip: Ma non essere drastico e volgare. Per cortesia. E non urlare. Non vorrei mica che qualcuno ti senta!? Cogli e cerca la poesia. E poi se Vuitton s’ispira a Kusama, Prada per non essere da meno, sceglie Kawakubo. Tutto molto logico.

Ciop: No, scusa se ti correggo. Ma Rei Kawakubo è l’apoteosi dei giapponesi. La capa assoluta. Ha fondato Comme des Garcons. Roba seria e concettuale vera: moda destrutturata, quella che ha segnato lo stile dei designer giapponesi venuti anche dopo. Penso che Prada abbia un approccio molto diverso.

Cip: Sbagli, non capisci. Non vorrai mica far parte del popolo? Quello che critica perché non se la può permettere. Io leggo questa spring/summer 2013 come una reazione a quanto sta succedendo. È la sua criptonite contro l’Anna Dello Russo style. Un inno alla moda vera. Il suo punto di rottura rispetto ad un processo di ricerca che oramai maturo si spoglia degli orpelli. Mette il dettaglio solo per far contrastare ancora di più i toni scuri e fuori stagione.

Ciop: …sicuramente entrambe, come designer, hanno un occhio attento alla società, all’arte e a quello che le circonda ma…

Cip: Ma cosa? Non vedi? C’è minimalismo, cupa tristezza ripeto.  Al contempo però, inserisce stampe minimali ed infantili molto pop, warholiane diciamo, comprensibili per tutti. Tocchi che, ancora una volta, donano speranza nel grigiore delle tinte da lei scelte.

Ciop: Si, ma in una chiave totalmente diversa.

Cip: Ma infatti prende ispirazione, Miuccia non copia.  Reinterpreta un concetto, lo porta ad modifica, irrimediabilmente. Lo fa proprio e poi lo esterna in una collezione che si stacca dai canoni estetici da lei di solito perseguiti. Il tutto per omaggiare una grande maestra. La più concettuale come sottolineavi tu.

Ciop: Miuccia ha fatto quella collezione in una settimana perché l’unica sera che si è potuta stravaccare sul divano  hanno dato Memorie di una Geisha su Sky.

Cip: Non è così.

Ciop: Sono collezioni inutili. Sport per lei, le deve fare.

Cip: Credo nell’umiltà di Miuccia. Sa dare peso alla storia.

Ciop: Miuccia è una femminista borghese che dimostrava in piazza vestita Yves Saint Laurent.

Cip: Le persone cambiano, era giovane. Ci si emancipa no?

Ciop: Devi capire…senza offesa, ma a lei vengono di getto ste cose. Non è che ci pensa molto. Cosa gli faccio mettere quest’anno? Mmmmm…calzini da tartaruga ninja come i samurai e una bella pelliccia ad agosto.

Cip: E noi secondo te siamo come coglioni a dargli interpretazioni?

Ciop: Più che altro a comprare. Se parlassimo e basta Miuccia farebbe la postina. Invece è Miuccia a decidere per noi.

Cip: Non hai fiducia nel popolo della moda.

Ciop: Non ho fiducia in deficienti che si vestono mettendo in pericolo la loro vita. Una volta ha fatto una collezione estiva fatta di tacchi improponibili indossati necessariamente (altrimenti non sei cool) con i fantasmini (quindi il piede scivola). Quest’anno ci rifila anche l’infradito, pelle e pelliccia. Delle saune ambulanti. Ma se preferisci, in un’altra collezione, aveva scelto gonne a tubo con l’orlo così stretto e senza spacco che era impossibile camminarci. La metà delle modelle sono cadute durante lo show. “Scimmie ballate!” Se la  sarà risa dietro le quinte.

Cip: Come sei superficiale e becero. Voleva solo dare un twist molto femminile alla collezione, richiamando i vestiti fascianti degli anni ’50. Una donna diva che se ne frega delle convenzioni.

Ciop: Mettendosi uno dei reggiseni proposti per l’estivo appena trascorso? “Ho cercato nell’abbigliamento i dettagli della femminilità e li ho esagerati”. Certo, così da riuscire a mettere in ridicolo tutte, anche le più fighe che indosseranno i tuoi capi. Stai bene con il mio reggiseno e io ti costringo a dei tacchi da amputazione. È tutta una sordida vendetta di una nata molto brava, ma non troppo figa.

Cip: Screanzato! Miuccia è una donna di cultura, intelligente, preparata. Una che ha segnato dei grandi punti di rottura e cambiamento nella storia della moda. Se ne frega di essere la più bella, lei è la più Figa.

Ciop: Su questo concordiamo. La più figa: Una donna a capo di un impero in cui decide come la classe più ricca debba vestirsi e tutto il resto sotto a sbavare.

La Re Sole contemporanea. E noi sotto, scimmie, a ballare.

La Bara #2 - La MFW 2012 e la sua sfilata più rappresentativa: Prada
La Bara #2 - La MFW 2012 e la sua sfilata più rappresentativa: Prada

PICS VIA

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Cinque foto scattate al momento giusto

Cinque foto scattate al momento giusto

Collater.al Contributors · 4 giorni fa · Photography

Il tempismo è tutto. Lo sanno bene i fotografi street che passano ore ad aspettare il momento giusto per realizzare uno scatto sensazionale. Per creare una composizione che agli occhi del pubblico potrebbe sembrare “fortunata” e casuale. In realtà, dietro questi scatti c’è uno straordinario sincronismo tra occhio, mente e macchina fotografica. Oggi abbiamo selezionato cinque scatti per esplorare l’abilità di questi fotografi, testimoniando come abbiano saputo cogliere istanti fugaci che trasformano una semplice immagine in una storia senza tempo.

#1 Lorenzo Catena

© Lorenzo Catena

#2 Dimpy Bhalotia

© Dimpy Bhalotia

#3 Giuseppe Scianna

© Giuseppe Scianna

#4 Federico Verzi

© Federico Verzi

#5 Andrea Torrei

© Andrea Torrei

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Lorenzo Catena
Dimpy Bhalotia
Giuseppe Scianna
Federico Verzi
Andrea Torrei

Selezione di Andrés Juan Suarez

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Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi

Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi

Giulia Guido · 18 ore fa · Photography

Se andassimo a cercare sul dizionario la definizione della parola “osservazione” troveremmo quanto segue: “La capacità di cogliere cose, ma anche il carattere delle persone, la realtà di una situazione e, in genere, quanto nelle cose, nelle parole, in un’opera, è degno di essere notato”. Una definizione applicabile anche all’atto di fotografare. In fondo, cos’è una fotografia se non la capacità di cogliere, e imprimere per sempre, ciò che è degno di essere notato? Il legame tra osservazione e fotografia è imprescindibile, imperativo, necessario, e a capirlo fin da subito è stato Simone Bramante, in arte Brahmino, che ci ha descritto il saper osservare come l’ingrediente fondamentale per ogni suo lavoro. 

Ma partiamo dall’inizio. Simone Bramante, conosciuto per essere il primo fotografo italiano su Instagram, non ha mai pensato di studiare fotografia, anzi, il suo percorso comincia all’interno di agenzie di comunicazione come direttore creativo. È questa esperienza, durata quasi quindici anni, che lo ha portato a sviluppare una sana curiosità per le nuove piattaforme, tra cui Instagram. È il 2011 quando, mentre il resto del mondo cominciava a condividere senza un vero senso immagini della propria quotidianità, Simone inizia a capire che la piattaforma può avere del potenziale se utilizzata con metodo e costanza. 

Le sue fotografie caratterizzate da colori pieni, saturi e brillanti bucano fin da subito gli allora piccoli schermi degli smartphone e i suoi soggetti, quotidiani ma avvolti da un’atmosfera surreale, offrono un nuovo sguardo sulla realtà. In pochissimo tempo Simone Bramante, o meglio Brahmino, nome che ha scelto prendendo spunto dal Siddharta di Herman Hesse, raccoglie consensi, like, follower e la sua visione, la sua cifra stilistica, il suo uso del colore diventano la sua firma. 

Oggi, dopo oltre dodici anni da quel 2011, Brahmino è sopravvissuto all’arrivo di altre piattaforme, al periodo in cui se facevi una sponsorizzata eri considerato un venduto, a migliaia di giovani fotografi che (forse seguendo proprio lui) hanno trasformato i propri profili in portfoli, continuando a essere un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale. 

La chiave di tutto? Sempre l’osservazione

Simone Bramante non si è mai limitato a guardare ciò che stava davanti all’obiettivo, ma ha sempre osservato anche cosa c’era intorno, in che direzione stava andando il mondo, cosa avevano bisogno di vedere le persone. Per farlo Brahmino si è spinto in qualsiasi posto del mondo, nel deserto che circonda Abu Dhabi, nelle fredde foreste svedesi, sulle coste dell’Australia e nel cuore dell’Africa, ma con il suo ultimo progetto, What Italy Is, ci ha (di)mostrato che non serve andare lontano per scoprire qualcosa di nuovo. 

Infatti, come ha raccontato ai microfoni di Spigola, podcast di Collater.al, «il viaggiare per me non è mai stato dover andare lontano, anzi il viaggiare parte dal momento in cui sai osservare fuori dalla porta qualcosa di diverso, o con occhi diversi». What Italy Is è un viaggio attraverso il nostro Paese con gli occhi di Simone Bramante che hanno la capacità non solo di osservare, ma anche di catturare lo straordinario che si cela dietro a quelle città, quelle strade, quei monumenti che conosciamo bene, o credevamo di conoscere. La fotografia di Brahmino ci avvisa, è come se ci dicesse “fate attenzione, tenete gli occhi aperti sempre, perché la bellezza si nasconde in quel tragitto casa-lavoro che fate tutti i giorni”. Voi siete in grado di osservarla? 

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Fotografare, l’arte di guardare il mondo con occhi diversi
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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Giulia Guido · 11 ore fa · Photography

Quando fotografi americani o europei si spingono nel cuore dell’Africa tornano a casa con scatti bellissimi, ma che spesso non rispecchiano la realtà. Così ci siamo abituati a un volto del continente africano che certamente esiste, ma non è l’unico: pensando a paesi come il Ghana, la Nigeria, il Benin e molti altri ci vengono in mente immagini caratterizzate da colori cupi, poco saturi e legate a storie dall’accezione negativa. Forse è proprio per questo che le fotografie di Derrick Ofosu Boateng ci sorprendono talmente tanto da farci venire il dubbio che siano finte, che siano scattate su un set preparato ad hoc, da un’altra parte del mondo. Invece no. Classe 1999, Derrick Ofosu Boateng è nato in Ghana e oggi vive nella sua capitale, Accra, che qualche anno fa si è trasformata nel suo set personale, sempre pronto per la prossima fotografia. 

Al contrario di molti, che hanno iniziato con corsi in accademie o università, Boateng ha cominciato a scattare solo quando il padre, per supportare la sua passione, gli ha regalato un iPhone, che è diventato immediatamente il mezzo attraverso il quale restituire una visione personale del Ghana. Allontanandosi dall’immaginario comune, le fotografie di Derrick Boateng immortalano la vera anima del suo Paese formata dalle persone che lo vivono. 

Dimenticatevi i grigi perché i suoi scatti sono una vera e propria esplosione di colori, vibranti e iper-saturi, la migliore dimostrazione di quanto la fotografia possa essere pop. 
Quello di Boateng è un punto di vista diverso, e forse il punto di vista di cui avevamo bisogno, su una cultura e una terra troppo legate a una narrazione negativa creata da chi quella terra non la vive tutti i giorni e non la chiama casa.

ph. courtesy Derrick Boateng

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
Photography
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Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”

Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”

Giulia Guido · 5 giorni fa · Photography

Domenica 24 settembre si è conclusa la nostra mostraCollater.al Photography 2023” che per il secondo anno di fila ha portato all’interno della Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte 67 oltre 150 scatti di altrettanti fotografi nazionali e internazionali. 

Durante tutto il periodo della mostra è stato possibile acquistare il catalogo che, vista l’esperienza decennale di Collater.al, fin da subito voleva essere più di un semplice catalogo, ma un vero e proprio magazine. Al suo interno, infatti, si potevano trovare 144 pagine di interviste ad alcuni dei fotografi in mostra, ma anche approfondimenti su svariati temi legati alla fotografia, da come approcciarsi al ritratto, alla fotografia di moda, fino alla sottile linea che divide fotografia e immagini realizzare con l’intelligenza artificiale. Inoltre, sapendo bene che anche l’occhio ha bisogno della sua parte, quest’anno abbiamo deciso di realizzarlo con tre copertine differenti, dando spazio ai lavori di più fotografi: Simone Bramante, Yosigo e Derrick Boateng. 

Sebbene ormai la mostra abbia chiuso le sue porte, abbiamo deciso di continuare a dare la possibilità a chi non è riuscito a esserci lo scorso weekend di acquistare il magazine.

Disponibile online il catalogo di “Collater.al Photography 2023”
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