Lake Como Design Festival: tutto quello che c’è da sapere

Lake Como Design Festival: tutto quello che c’è da sapere

Giorgia Massari · 2 settimane fa · Design

Naturalis Historia è il titolo dell’appuntamento di quest’anno del Lake Como Design Festival, giunto alla sua quinta edizione. Inaugurato lo scorso weekend per concludersi domenica 24 settembre, anche quest’anno il Festival offre un ricco programma di esposizioni e di eventi, ma noi ne abbiamo selezionati quattro da non perdere.
Per chi non lo conoscesse, il Lake Como Design Festival è un’iniziativa di Wonderlake Como che ogni anno si propone di organizzare esposizioni e momenti di riflessione all’interno di luoghi storici della città, con l’obiettivo di promuovere e condividere il patrimonio artistico e culturale della città attraverso quello che è il linguaggio più democratico di tutti, il design. In realtà, non si parla solo di design ma anche di arte. Le esposizioni che vi proporremo oscillano infatti sulla linea sottile che divide, e talvolta unisce, il design dall’arte.

Villa Olmo, ph Robert Mawdsley

Il tema di quest’anno

Come vi abbiamo anticipato, il tema di quest’anno è Naturalis Historia. Rileggendo queste due parole latine, non suonano poi così nuove. Si tratta infatti dell’opera di Plinio il Vecchio, a cui per altro è intitolata la piazza sulla quale si affaccia il Palazzo del Broletto, la nostra prima tappa. Il Lake Como Design Festival sceglie di omaggiare e di ispirarsi allo scrittore e naturalista che proprio duemila anni fa nasceva a Como. Il titolo del Festival si riferisce alla prima enciclopedia mai scritta che racchiude sotto lo stesso contenitore una vera e propria catalogazione del mondo animale, umano e botanico, passando per la medicina, la mineralogia, la lavorazione dei metalli e la storia dell’arte. Ciò che sorprende di Naturalis Historia è l’incredibile contemporaneità degli scritti, dalla scrittura vivace e curiosa. Così, tappa dopo tappa, questo antico scritto accompagna i visitatori alla scoperta di opere d’arte e oggetti di design concepiti partendo da ricerche attente al mondo naturale.

#1 Palazzo del Broletto, The Other Animals

Partiamo dalla piazza del Duomo, salendo nella bellissima sala di Palazzo del Broletto. Al piano superiore si trova l’esposizione The Other Animals, che tra tutte è quella che meglio restituisce il concetto insito nell’enciclopedia pliniana. In particolare, la mostra si concentra sui volumi dedicati alla Zoologia. I curatori Lorenzo Butti e Massimiliano Mondelli hanno selezionato sessanta descrizioni di animali e per ognuna di essa hanno scelto un’opera o un oggetto di design da porre in dialogo. Creazioni estremamente contemporanee si trovano a comunicare con uno scritto così antico che, paradossalmente, appare molto attuale. Un esempio è il dialogo tra l’opera Olifant di Andreas Kowalewski con la descrizione di Plinio il Vecchio in cui si legge: “Il più grande fra gli animali è l’elefante ed è anche il più vicino alla sensibilità dell’uomo: comprende il linguaggio del luogo in cui è nato e obbedisce ai comandi; è capace di ricordare gli esercizi; prova desiderio di amore e di gloria.
La varietà della selezione è stupefacente, soprattutto quando si nota che accanto a un pezzo di Ettore Sottsass si possono trovare opere di artisti giovani ed emergenti come Lucrezia Costa e Ilaria Cuccagna che, per altro, hanno da poco terminato una mostra alla vicina Galleria Ramo.

Olifant, Andreas Kowalewski, courtesy of Caussa – The Other Animals, Palazzo del Broletto – installation view, ph Robert Mawdsley
Lucrezia Costa, The Other Animals, Palazzo del Broletto – Installation View

#2 San Pietro in Atrio, Stories of Fabrics

La seconda tappa è San Pietro in Atrio, che dista poche centinaia di metri dal Palazzo del Broletto. All’interno di questa magnifica location, aperta al pubblico in occasione del Festival, vi è una selezione di designer nazionali e internazionali che lavorano nell’ambito tessile con una forte impronta sperimentale. La mostra, dal titolo Stories of Fabrics, vede un allestimento suggestivo con una cura speciale dedicata all’illuminazione. Tra i vari designer, a colpirci è l’installazione del duo Milla Novo che con i suoi colori brillanti crea un forte contrasto con il buio dell’ambiente.

 
 
 
 
 
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Stories of Fabrics, San Pietro in Atrio – installation view, ph Robert Mawdsley

#3 Villa Salazar, Contemporary Design Selection

Spostandoci verso il lungo lago giungiamo a Villa Salazar, una villa settecentesca aperta per la prima volta al pubblico. All’interno delle magnifiche sale è ospitata la mostra Contemporary Design Selection, curata da Giovanna Massoni in collaborazione con Catawiki. L’esposizione racchiude i lavori di trentacinque designer provenienti da diverse parti del mondo, che spaziano dal design industriale a installazioni site-specific e lavorazioni artigianali.

Contemporary Design Selection, Villa Salazar – installation view Jonathan Bocca – ph Robert Mawdsley

#4 Villa Olmo, Back to Nature

Il nostro percorso si conclude a Villa Olmo con la mostra Back to Nature. L’evento riunisce designer, artisti, editori e gallerie di design moderno e contemporaneo. Vari progetti speciali si svolgono nelle diverse stanze della villa, conosciuta come uno dei principali simboli di Como e una delle più famose residenze storiche della zona.

Appena varcato l’ingresso di Villa Olmo ci si trova davanti all’evocativa installazione floreale di Kris Rhus The Second Song – Falling to Earth che lascia senza fiato. Proseguendo per la varie sale della villa troviamo, tra le altre, la presentazione di ETEL dell’architetto e designer brasiliano Oscar Niemeyer, l’esplorazione dell’Archivio Ken Scott della passione del famoso designer per la botanica attraverso fotografie e materiali d’archivio e la mostra Mumo Forest della Grieder Contemporary gallery con le sculture in vetro dell’artista austriaca Melli Ink. Nella sala della musica, l’ultima seguendo il percorso espositivo, torna Movimento Club che non si smentisce mai in termini di allestimento e di sperimentazione. Con un’esplorazione di prospettive non convenzionali sulla bellezza e la natura, la mostra The blue flower vuol essere una rarità, come un fiore blu – simbolo della letteratura romantica – che emerge con stupore dal classico verde del paesaggio.

Back to Nature, Villa Olmo – installation view installazione floreale di Kris Rhus , ph Robert Mawdsley
Villa Olmo – Sala della Musica, Movimento Club Installation view
Back to Nature, Villa Olmo – installation view Mumo Forest di Melli Ink, ph Robert Mawdsley
Una collaborazione tra Draga & Aurel, Giuliano dell’Uva e Galleria Rossana Orlandi

Non perdetevi il Lake Como Design Festival 2023 e le altre tappe:
– Ex Convento Orsoline San Carlo, Between Art and Nature
– Casa Bianca, FENIX con l’installazione When Nature Blooms
– Galleria Ramo, De Curiositas
Scopri tutte le altre e più info al sito dedicato

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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Giulia Guido · 2 giorni fa · Photography

Quando fotografi americani o europei si spingono nel cuore dell’Africa tornano a casa con scatti bellissimi, ma che spesso non rispecchiano la realtà. Così ci siamo abituati a un volto del continente africano che certamente esiste, ma non è l’unico: pensando a paesi come il Ghana, la Nigeria, il Benin e molti altri ci vengono in mente immagini caratterizzate da colori cupi, poco saturi e legate a storie dall’accezione negativa. Forse è proprio per questo che le fotografie di Derrick Ofosu Boateng ci sorprendono talmente tanto da farci venire il dubbio che siano finte, che siano scattate su un set preparato ad hoc, da un’altra parte del mondo. Invece no. Classe 1999, Derrick Ofosu Boateng è nato in Ghana e oggi vive nella sua capitale, Accra, che qualche anno fa si è trasformata nel suo set personale, sempre pronto per la prossima fotografia. 

Al contrario di molti, che hanno iniziato con corsi in accademie o università, Boateng ha cominciato a scattare solo quando il padre, per supportare la sua passione, gli ha regalato un iPhone, che è diventato immediatamente il mezzo attraverso il quale restituire una visione personale del Ghana. Allontanandosi dall’immaginario comune, le fotografie di Derrick Boateng immortalano la vera anima del suo Paese formata dalle persone che lo vivono. 

Dimenticatevi i grigi perché i suoi scatti sono una vera e propria esplosione di colori, vibranti e iper-saturi, la migliore dimostrazione di quanto la fotografia possa essere pop. 
Quello di Boateng è un punto di vista diverso, e forse il punto di vista di cui avevamo bisogno, su una cultura e una terra troppo legate a una narrazione negativa creata da chi quella terra non la vive tutti i giorni e non la chiama casa.

ph. courtesy Derrick Boateng

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
Photography
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Ciò che viene nascosto

Ciò che viene nascosto

Giorgia Massari · 1 giorno fa · Photography

Le parole chiave di questo testo, ricorrenti e fondamentali per osservare le fotografie qui di seguito, si possono ritrovare nella fisicità, nell’orientamento sessuale, nel patriarcato e nella nudità. Ciò che questi termini, o meglio, questi macro-argomenti, hanno in comune è la penombra e, in alcuni casi, la totale assenza di luce. Con questi scatti e con questa riflessione, si ha l’intenzione di condurli fuori dal buio al quale spesso sono condannati. Illuminarli dunque, con la speranza che essi possano diventare temi condivisi e assorbiti nel tessuto sociale. Ciò che è vero e facilmente riscontrabile, è la difficoltà di affrontare determinati temi, soprattutto in relazione alla sfera femminile. Il corpo di una donna e come lei stessa si sente a riguardo, così come il suo orientamento sessuale, la sua posizione nella società o il suo stesso corpo nudo, sembrano essere ancora oggi temi disdicevoli o addirittura, in particolar modo in alcune società, proibiti e condannabili. Seppur una fetta della popolazione mondiale si stia muovendo in un’ottica di consapevolezza, accettazione e inclusione, questi temi non vengono mai del tutto sviscerati e trattati con la giusta attenzione. Attraverso la fotografia – e più in generale con l’arte – molte donne si sono espresse a riguardo. Qui sono le fotografe Giulia Frump, Leah DeVun, Rachel Feinstein e Despina Mikonati a parlarci di tutto ciò, con il loro sguardo femminile e intimo. 

Giulia Frump

Quattro fotografe distanti tra loro, in termini stilistici e contenutistici. Lontane geograficamente e anagraficamente, ma che trovano un loro punto di incontro nella volontà di urlare il loro desiderio di libertà al mondo. Osservando i loro scatti, emergono i quattro macro temi sopracitati, accomunati da un senso di liberazione e dalla volontà di rappresentare ciò che per secoli è stato nascosto. In Giulia Frump lo stereotipo del corpo femminile, l’ideale di perfezione del nostro secolo, viene superato da una danza di curve, linee morbide che si «adagiano in un abbraccio di pacificazione», come afferma la stessa fotografa. Lo stesso ricongiungimento con l’essenza del sé trova una particolare forma aurea negli scatti di Despina Mikoniati, che nel suo progetto Epilithic amalgama il corpo femminile con Madre Natura. «Madre Natura è colei che ci fa nascere e ci porta via. È la casa dei nostri corpi. Un luogo sicuro in cui esistere così come siamo», afferma Despina.

Despina Mikoniati

Se da un lato, Frump e Mikoniati indagano l’aspetto corporeo in relazione all’ambiente e al sé, le due fotografe Rachel Feinstein e Leah DeVun pongono la donna in stretto contatto con la sfera sociale che oggi abita. Feinstein affronta il tema universalmente, ragionando sul patriarcato e sullo spazio che le donne occupano nella società odierna. Ancora di più, la fotografa riflette sul modo in cui le donne vengono viste e rappresentate dallo sguardo maschile, facendo un particolare riferimento alla cinematografia degli anni Quaranta e Cinquanta, nel quale la condizione casalinga era particolarmente evidente. In questo senso, Rachel gioca su questi elementi, inserendo nei suoi scatti oggetti legati alla sfera femminile – quali il ferro da stiro, i tacchi, il tacchino arrosto su una tavola imbandita – ed esalta la condizione di reclusione domestica. La sua intenzione è quella di creare un disagio negli occhi di chi guarda, con l’obiettivo «di portare l’attenzione sui piccoli momenti che costituiscono l’esperienza femminile più ampia e di incoraggiare conversazioni che ispirino il cambiamento.»

Rachel Feinstein

Leah DeVun, invece, sceglie di rappresentare un gruppo specifico di donne che da questo tipo di società ha scelto di evadere. Sono i gruppi di donne lesbiche che, in particolare negli anni Settanta e Ottanta, ma anche oggi, hanno deciso di formare comunità utopiche e rivoluzionarie per portare avanti la liberazione del genere femminile. La ricerca di DeVun è volta a riscoprire queste comunità, taciute e nascoste, che costituiscono luoghi di grande creatività e cultura. «La visibilità è fondamentale per qualsiasi comunità, ma le lesbiche hanno subìto molte cancellazioni storiche e mancanza di rappresentazione» – afferma Leah DeVun, aggiungendo – «non vediamo abbastanza immagini di lesbiche o non conosciamo la storia delle lesbiche. Nelle comuni, le donne fotografe cercavano di contrastare questa invisibilità creando le loro immagini della vita lesbica, e anch’io sto cercando di farlo con il mio lavoro.»

Leah DeVun

Seguendo il fil rouge che unisce le quattro protagoniste di questo testo, si scoprono altrettanti artisti che oggi scelgono di affrontare discorsi considerati ostici e complessi, con l’intenzione di svicerarli fino a ridurli all’osso. Per cucirli, dunque, all’interno del tessuto della normalità, per non considerarli più temi altri, ma parte dell’ordinario flusso sociale.

Despina Mikoniati

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Ciò che viene nascosto
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Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda

Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda

Anna Frattini · 7 ore fa · Photography

Nel mondo della fotografia di moda, dove la perfezione e la giovinezza vengono spesso messe al primo posto, Celine van Heel si distingue come una fotografa che abbraccia l’autenticità e l’unicità. Nata ad Atene e di origine spagnola e olandese, il viaggio di Celine nella fotografia è iniziato solo tre anni fa, ispirata da suo nonno che a 91 anni è anche diventato uno dei suoi soggetti. La sua bravura nel catturare momenti estremi ed esagerati l’ha portata a realizzare immagini che sfidano le norme convenzionali della fotografia di moda per come la conosciamo. Ma come si intrecciano le fotografie di Celine Van Heel con la fotografia di moda?

La magia degli scatti di Celine van Heel sta sicuramente nella sua visione distintiva che celebra individualità e inclusività. Il percorso di Celine nel mondo della fotografia ha preso una svolta a partire dalla sua avventura con “The Spanish King”, un account Instagram dove decide di condividere fotografie che ritraggono suo nonno come modello. Attraverso questo approccio, la fotografa ha iniziato un viaggio alla scoperta della bellezza delle rughe e dell’invecchiamento, dimostrando come l’età non dovrebbe mai essere un fattore limitante, neanche nella fotografia

Gli scatti di Celine non potevano che essere notati da prestigiose riviste come Vogue, GQ e L’Officiel. Queste collaborazioni dimostrano che modelli non convenzionali possono lanciare messaggi altrettanto potenti e ispirare cambiamenti all’interno di un settore così complesso come quello della moda. Celine crede nell’uso della fotografia di moda come strumento utile al cambiamento, incoraggiando l’industria a ridefinire i suoi standard e ad abbracciare la diversità, indipendentemente dall’età o dall’aspetto dei modelli. 

Il processo creativo di Celine Van Heel si intreccia con la fotografia di moda in modo autentico, liberatorio e d’impatto. La sua decisione di presentare suo nonno come modello sfida le nozioni di bellezza ed età all’interno del settore. Attraverso il suo lavoro, incoraggia la moda ad abbracciare diversità e unicità, fornendo agli individui tutti gli strumenti per sentirsi a proprio agio nella propria pelle. Con il suo audace uso del colore e dell’estro creativo, le immagini di Celine vanno oltre la fotografia di moda convenzionale, trasformandola in una forma d’arte vera e propria.

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Courtesy Celine Van Heel

Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda
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Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda
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Cinque foto scattate al momento giusto

Cinque foto scattate al momento giusto

Collater.al Contributors · 5 giorni fa · Photography

Il tempismo è tutto. Lo sanno bene i fotografi street che passano ore ad aspettare il momento giusto per realizzare uno scatto sensazionale. Per creare una composizione che agli occhi del pubblico potrebbe sembrare “fortunata” e casuale. In realtà, dietro questi scatti c’è uno straordinario sincronismo tra occhio, mente e macchina fotografica. Oggi abbiamo selezionato cinque scatti per esplorare l’abilità di questi fotografi, testimoniando come abbiano saputo cogliere istanti fugaci che trasformano una semplice immagine in una storia senza tempo.

#1 Lorenzo Catena

© Lorenzo Catena

#2 Dimpy Bhalotia

© Dimpy Bhalotia

#3 Giuseppe Scianna

© Giuseppe Scianna

#4 Federico Verzi

© Federico Verzi

#5 Andrea Torrei

© Andrea Torrei

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Giuseppe Scianna
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Selezione di Andrés Juan Suarez

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