Tutte le borse di Phoebe Philo

Tutte le borse di Phoebe Philo

Anna Frattini · 1 mese fa · Style

Phobe Philo ha presentato la prima collezione del brand omonimo in una prima tranche che l’azienda chiama “Edit”: la prima tappa di tre uscite online che proseguirà da qui alla primavera 2024, ma non solo. Una collezione seasonless che vuole riflettere sul concetto di permanenza. Di questo primo e attesissimo lancio ci hanno sicuramente colpito le borse, uscite in tre silhouettes. Tutte in pelle e camoscio, contraddistinte per le linee minimali e un look che urla quiet luxury dalla XL Cabas Tote alla Gig Bag passando per la Small Kit Cabas. Ma facciamo un passo indietro nel tempo e, con un po’ di nostalgia, riscopriamo tutte le hit bags pensate da Phoebe Philo.

Philo è riuscita in un’impresa non da poco: costruire una fanbase fatta di account Instagram e collezionisti. Questi ultimi, impegnati nella ricerca di pezzi appartenenti alle collezioni di Céline (oggi senza accento acuto) dal 2008 al 2018, periodo d’oro della maison francese forte della direzione artistica di Phoebe Philo. @phoebephilodiary e @phoebephiloarchive sono solo due dei tanti profili dedicati ai pezzi più desiderati e amati dai Philophiles, i fan della designer inglese.

 
 
 
 
 
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Tornando alle borse, sono indimenticabili la Box Bag, la Trapeze, la Phantom Luggage, la Sangle e la Boston. Impossibile da non includere in questa lista anche la Trio. Tutte borse chiave del suo decennio da Céline. Ma andando ancora più a ritroso, agli anni di Philo da Chloè, c’è una borsa che ha letteralmente fatto la storia delle It Bags: la Paddington. Una borsa funzionale e dalla forma arrotondata che si fa notare per l’ingombrante lucchetto sul davanti.

La storia della Paddington Bag: la borsa dei Naughties

La storia di questa It Bag é davvero curiosa: Philo ha introdotto gli accessori in pelle nella Spring/Summer 2005 facendo indossare la borsa – in maniera strategica – a moltissime celebrities continuamente fotografate dai paparazzi. Il tutto ancor prima dell’arrivo della Paddington nei negozi. L’obiettivo era proprio quello di renderla oggetto del desiderio di tutte le donne sulla waitlist in attesa di comprarla e tanto da preoccupare gli addetti alla security delle boutique Chloè all’arrivo della borsa nei negozi. L’intuizione della designer inglese sta infatti nell’aver pensato a borse innovative già dai tempi di Chloé e, in parallelo, dando inizio all’epoca delle It Girls.

@documoda #itbag #chloe #chloepaddington #phoebephilo #phoebephilochloe #documoda #early2000sfashion #early2000s #fashionhistory #theitbag ♬ Soft Rain – Elvitobeats

Insomma, il ritorno di Phoebe Philo ci ricorda quanto sia stata uno dei personaggi chiave nel mondo della moda già dall’inizio degli anni 2000. E non solo grazie al periodo come direttrice creativa di Céline. La sua fanbase (e tutto il resto del mondo della moda) non aspettavano altro che l’uscita di questa nuova collezione, segno dell’inizio di una nuova avventura per la designer inglese. Finalmente alle sue condizioni.

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Le HOKA® pensate da Nicole McLaughlin

Le HOKA® pensate da Nicole McLaughlin

Anna Frattini · 1 mese fa · Style

HOKA®, una divisione di Deckers Brands, la settimana scorsa ha annunciato la sua ultima partnership e la campagna del brand in collaborazione con la designer e digital creator Nicole McLaughlin. Un ibrido che combina lo stile eccentrico di McLaughlin e l’iconica sneaker. Il risultato è una rivisitazione della Mafate Three2, un nuovo modello lanciato dal brand proprio questo ottobre. In più, la collezione é pensata anche a fronte di una campagna a cura della stessa digital creator fra cui Humans of HOKA.

La reinterpretazione di questo design originale combina le caratteristiche della scarpa da trail originale e un sitema di allacciatura rapida con un’intersuola in EVA sagomata a compressione e – grazie allo zampino di Nicole – ci sono anche dettagli accattivanti tipici dello stile della creativa. Troviamo quindi un sistema di ghette 4-in-1 resistente siamo allo sporco che all’acqua con l’aggiunta di lacci a strappo e collo stretto.

«La collaborazione con HOKA mi ha permesso di immergermi realmente nel design multifunzionale e ibrido della scarpa Mafate Three2» ha affermato Nicole McLaughlin. «Ho avuto la fortuna di lavorare a stretto contatto con il design team, che mi ha aiutato a dar vita alla mia idea. Una combinazione perfetta che unisce l’estetica e le performance del marchio HOKA con la mia forma d’arte ironica».

HOKA®

La capsule sarà disponibile al prezzo consigliato di 250€ sul sito HOKA.com.

Le HOKA® pensate da Nicole McLaughlin
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Le HOKA® pensate da Nicole McLaughlin
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Il viaggio fotografico di Melchior Tersen in una Parigi che sembra Tokyo

Il viaggio fotografico di Melchior Tersen in una Parigi che sembra Tokyo

Anna Frattini · 1 mese fa · Photography, Style

Da Parigi a Tokyo senza soluzione di continuità. Un viaggio fotografico che ci porta alla scoperta della collezione Autunno Inverno 2023 di Edwin, Lost in Paris, Found in Tokyo. Dietro a queste immagini troviamo Melchior Tersen, il fotografo parigino impegnato da anni a ritrarre subculture in modo estremamente realistico e incisivo. Ma scopriamo qualcosa in più su questa campagna.

Il viaggio fotografico realizzato da Melchior Tersen trascende i confini geografici e ambiti culturali specifici. Le influenze sono palpabili e vanno oltre al mondo della moda. Tersen, infatti, si ispira alla cultura pop giapponese trasportandoci in location enigmatiche e affascinanti di Parigi a portandoci nel pieno dello spirito giapponese tipico di Tokyo. Da semplici sensazioni alla cucina, le fotografie del fotografo parigino sono intrise di elementi diversissimi fra loro.

Fra curiosità e rivelazione, siamo invitati a scoprire – a poco a poco – l’ambientazione nascosta immergendoci e vivendo appieno ambiguità e il fascino della varietà di tutti questi elementi. La collezione è disponibile negli store Edwin e online.

Il viaggio fotografico di Melchior Tersen in una Parigi che sembra Tokyo
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500 foto dell’India, dall’Indipendenza a oggi

500 foto dell’India, dall’Indipendenza a oggi

Giorgia Massari · 4 settimane fa · Photography

Le fotografie del nipote di Mahatma Gandhi, Kanu Gandhi, danno il via al percorso espositivo di una mostra fotografica che illustra l’evoluzione storico-sociale dell’India, dall’Indipendenza a oggi. Si tratta di “India oggi: 17 fotografi dall’Indipendenza ai giorni nostri“, una mostra di oltre cinquecento opere, esposte nelle sale del Magazzino delle Idee di Trieste, fino al 18 febbraio 2024. L’esposizione tratta di anni difficili e offre ben diciassette differenti sguardi su questa tematica. I fotografi sono tutti indiani, appartenenti a epoche diverse. La mostra è così in grado di creare un viaggio attraverso sette decenni di cambiamento, contraddizioni e speranze catturati dall’obiettivo di artisti che hanno fatto della fotografia uno strumento di testimonianza e riflessione.

Khanu Gandhi, Mahatma Gandhi nella zona colpita dai disordini di Noakhali /Mahatma Gandhi in the riot affected area of Noakhali, Novembre/November 1946
Courtesy The Estate of Kanu Gandhi & PHOTOINK

Tutto inizia nel 1947, quando l’India ottiene l’Indipendenza dalla Gran Bretagna. Da quel momento, indù e musulmani iniziano scontri gravissimi che comportano l’esodo degli ultimi verso i due nuovi stati costituiti – il Pakistan e il Bangladesh -, oltre all’assassinio di Gandhi, avvenuto nel 1948. Gli scatti del nipote Kanu testimoniano in modo diretto la disobbedienza civile post-indipendenza. La mostra prosegue poi in ordine cronologico. Attraverso l’obiettivo di Bhupendra Karia, insegnante e teorico, esploriamo l’India rurale del dopoguerra, mentre Pablo Bartholomew ci guida attraverso gli anni ’70, un decennio di entusiasmo e scoperta nelle strade di Delhi, Bombay e Calcutta. Abbracciando gli anni ’80 e ’90, troviamo il lavoro di Ketaki Sheth, che cattura la metamorfosi di Bombay durante il boom edilizio. Successivamente Sheba Chhachhi, attivista femminista, traccia un cambiamento significativo negli anni ’90 con la serie “Seven Lives and Dreams”, rompendo gli schemi del reportage per esplorare il concetto di realtà.

Pablo Bartholomew,Mendicanti Parsi a Fort / Parsi beggars in Fort, c.1980. Courtesy Pablo Bartholomew & PHOTOINK
Sathyarani, I, Manifestazione contro il Sistema delle doti/Anti Dowry Demonstration, Delhi, 1980. Courtesy Sheba Chhachhi 


Troviamo poi il lavoro di Raghu Rai, membro dell’agenzia Magnum, che va gli anni ’60 fino al Duemila, ritraendo il subcontinente indiano con occhio documentaristico. Giunti nel nuovo millennio, è interessante scoprire come la fotografia indiana inizia ad affrontare temi urgenti come i diritti LGBTQ+, con lavori di Sunil Gupta, Anita Khemka, Serena Chopra e Dileep Prakash, che trasformano storie individuali in narrazioni universali. Altri temi crudi sono quelli di Vicky Roy, fuggito di casa a undici anni, che affronta il dramma dei bambini orfani che vivono per strada, mentre Amit Madheshiya ritrae gli spettatori di cinema itineranti, simbolo della parte rurale e tradizionale dell’India contemporanea.

Vicky Roy, Mumbai, Maharashta, India, da/from Bachpan, 2018 ©Vicky Roy

La fotografia del nuovo millennio abbraccia anche questioni ambientali e sociali. Senthil Kumaran Rajendran svela il conflitto tra tigri e umani, Vinit Gupta testimonia le lotte delle popolazioni indigene contro l’industrializzazione, e Ishan Tanka documenta le proteste contro la costruzione di dighe. Soumya Sankar Bose commemora il passato con la ricostruzione del massacro di Marichjhapi nel 1979, mentre Uzma Mohsin esplora le conseguenze della protesta civile nella contemporanea India. La mostra è arricchita da 15 interviste audio-video realizzate in India, offrendo uno sguardo approfondito sulla visione e l’ispirazione di ciascun artista.

Anita Khemka, da/from Laxmi, 2003-2020, © Anita Khemka
Anita Khemka, da/from Laxmi, 2003-2020, © Anita Khemka
Amit Madheshiya, da/from Cinema Travellers, 2010-2014 Courtesy Amit Madheshiya & PHOTOINK 
Amit Madeshiya, da/from Cinema Travellers, 2010-2014 Courtesy Amit Madheshiya & PHOTOINK 
Ishan Tankha, da/from Sommersi/Submerged. Abitanti dei villaggi lottano per il diritto alla sopravvivenza nell’India centrale/ Submerged. Villagers fight for their right to survive in the central India ©Ishan Tankha
Pablo Bartholomew, Dhodi, Zarine e/and Maya, New Delhi, 1975
Vicky Roy, Mayurbhanj, Odisha, da/from Bachpan, 2021
500 foto dell’India, dall’Indipendenza a oggi
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Riccardo Bandiera e l’eco dei tormenti interiori

Riccardo Bandiera e l’eco dei tormenti interiori

Collater.al Contributors · 4 settimane fa · Photography

Nato e cresciuto tra Genova e Nizza, il fotografo italiano Riccardo Bandiera (1973) si approccia alla fotografia dopo i suoi studi tecnici. Diventato fotografo freelance, Bandiera sviluppa un’estetica delicata che guarda al dettaglio. Anche la fotografia subacquea lo affascina e, talvolta, lo contraddistingue. Una delle sue più apprezzate serie è Trilobiti. Un insieme di dieci fotografie ispirate al genio letterario di Breece Dexter John Pancake. Il libro omonimo è una perla della narrativa americana, pubblicata nel 1983 postuma. La sua vita si concluse in modo tragico e misterioso nel 1978, lasciando dietro di sé un grande vuoto. Attraverso le dieci fotografie, Bandiera cristallizza il presente, catturando l’immobilità e il silenzio come solo i fossili – grande passione di Pancake – estratti dalla Terra possono fare. Queste immagini sono intrappolate in un eterno tempo sospeso, come se appartenessero a un’era geologica. Ogni scatto di Bandiera racconta una storia, un frammento di vita congelato nel tempo, un’ode alla memoria di Pancake.

Mio padre è una nuvola color kaki..

Riccardo Bandiera cattura la bellezza silenziosa del paesaggio marino, ma oltre ciò, riesce a trasmettere un senso di malinconia, un eco dei tormenti interiori che affliggevano Pancake. È come se Bandiera, attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica, riuscisse a penetrare l’anima dell’autore americano, donandogli un’eternità attraverso l’arte dell’immortalità visiva.

E’ tutto pronto per un incendio

Courtesy Riccardo Bandiera

Riccardo Bandiera e l’eco dei tormenti interiori
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