L’estate sta finendo e quello che ci resta sono le sue modeste foto. Mai come nell’ era dei social network siamo stati invasi dalla visione di momenti di intimità di persone con cui non abbiamo mai vissuto momenti neanche vagamente vicini a quell’intimità.
C’erano una volta le cene tra parenti e/o amici, quando, finito il dessert e raccontate le esperienze appena passate, ci si metteva in salotto a vedere gli scatti realizzati in vacanza o i vecchi filmini casalinghi di chi aveva dimestichezza (quanto bastava) nell’utilizzare le telecamere modello famiglia. E mentre sfogliavo le bacheche di Facebook per capire come è cambiata la fotografia turistica in questi anni di upload su Instagram, sono tornata nostalgicamente a ricercar foto degli anni ’80, quando le famiglie, in viaggio nelle loro station wagon, realizzavano scatti panoramici vicino ai loro gioiellini a quattro ruote.
Roger Minick ha capito che questo tipo di fotografia non era affascinante solo negli album di famiglia già dal lontano 1976 quando fu invitato ad insegnare all’Ansel Adams workshop allo Yosemite National Park. Gli studenti erano concentrati con le loro camere e i loro treppiedi per realizzare lo scatto perfetto, mentre folle di turisti non contemplavano il paesaggio ma si mettevano in posa per essere immortalati e provare che erano stati lì. Da allora ha cominciato a studiare questi soggetti inconsapevoli, a classificarli, a notare le caratteristiche del loro vestiario, le loro pose, i loro accessori, i loro animali domestici per fotografarli e realizzare il progetto oggi conosciuto con il nome di “Sightseer”.
La raccolta di queste immagini non si è fermata al solo boom economico degli anni ’80, ma è proseguita fino agli anni 2000, sempre con camera provvista di rullino da 400 asa e un bel flash pronto a lavorare. Ma poco sembra esser cambiato tra gli esemplari di questo genere di umani. Abbracciati tra di loro, vestiti comodi ma senza tralasciare il loro look personale a tratti discutibile, con i loro binocoli, le loro camere, nei luoghi troppo assolati con i loro cappelli stravaganti e le loro infradito di plastica, con zaini e marsupi, con indosso capi comprati per l’occasione, con prole stretta a loro, ma soprattutto sempre sorridenti. Un ricordo di felicità (e poi si sa, queste foto andranno mostrate, e nulla fa più invidia di un bel momento di serenità).
Ma secondo Roger non è tutto qui.
Dopo aver visto queste scene innumerevoli volte, egli afferma che il turista (in questo caso americano) è paragonabile al pellegrino del Medio Oriente che non è in viaggio solo per il viaggio, ma per cercare qualcosa di più profondo. Una volta arrivati alla meta sperimentano il momento di riconoscimento del luogo che hanno prima solo immaginato, arrivano allo stadio di affermazione, che porta il passato e il presente a stare sullo stesso piano e poi inevitabilmente pensano ad un ipotetico futuro. Quindi non prendeteli troppo in giro per la loro apparenza un po’ comica, ognuno di noi è o è stato turista nella vita.