Ed eccoci al secondo capitolo della saga Rosanna Jones (se vuoi leggere il primo articolo su di lei dedicato al progetto Skin clicca qui).
Ricordo a tutti che noi odiamo questa ragazza perché a 19 anni non si possono fare cose così belle e perché tutti questi progetti sono solo progetti scolastici. Ma parliamo di Darkroom, una serie di fotografie buie e disordinate, metafore di una vita abbandonata in soffitta e logorata dal tempo. Le foto, raffiguranti momenti qualunque, portano alla superficie il senso di una vita che lentamente viene cancellata, un’allegoria dell’effetto del tempo e della storia sulle persone: i nostri momenti qualsiasi, anche quelli che fissiamo nel tempo attraverso una fotografia, prima o poi si dissolveranno, come noi.
Le fotografie sfocate, sgranate, coperte da graffi, bruciature e fluidi, acquistano un vago senso di occulto donando ai soggetti unaura stregonesca da cui filtra inesorabile e inevitabile una vivida e semplicissima umanità.
Rosanna dice:
I love creating and capturing a beautiful moment, whether that be involving people or places, and then, in a way, destroying the innocence and aesthetic beauty of the image. Scratching away, or bleaching photographs is a way that I can relate to my images on a higher level; each scratch, tear or bleach mark symbolises how both society and the human mind have the power to destroy even the most beautiful of people or moments.
Prima o poi ci si dimentica di ogni cosa.















