È innegabile che se esiste un capo che si porta dietro l’intero immaginario sportivo – e non solo – americano, questo è senza dubbio la letterman jacket.
Sì, perché in origine quella che noi conosciamo come varsity jacket, la giacca di lana con le maniche di pelle e tasche in tinta, aveva anche una grande lettera sul petto, da lì “letterman jacket”.

Negli ultimi tempi la popolarità della varsity jacket è tornata a imporsi grazie anche a operazioni come quella di NIGO e del suo brand HUMANE MADE, regalando ai suoi amici più stretti una varsity rosa con le maniche bianche con la scritta “I Know Nigo” sul retro e il nome del destinatario ricamato sul petto.
Indossata da personaggi del calibro di Elvis Presley, James Dean e Micheal Jackson, simbolo di tante sottoculture nel tempo, oggi la varsity jacket è tornata ad essere un must del mondo streetwear e noi abbiamo deciso di raccontarne la storia.

La prima volta in assoluto che venne indossata una maglia letterman fu nel 1865 dalla squadra di baseball della Harvard University. Quel primo capo distintivo, e che marcava l’apparenza a un determinato gruppo, era decisamente diverso da ciò che conosciamo oggi: consisteva in un maglione di lana molto pesante e leggenda narra che furono gli stessi giocatori a decidere di ricamare al centro delle loro divise, una grossa “H”, dando così vita a tutto.

All’inizio l’uniforme aveva un valore enorme ed era molto prestigiosa oltre che elitaria, infatti veniva sì consegnata a tutti i membri della squadra ma soltanto i più meritevoli potevano tenersela, gli altri – quelli che sedevano in panchina ad esempio e giocavano poco – dovevano restituirla a fine stagione.
Nel 1891 iniziarono a indossare fuori dal campo delle maglie nere contraddistinte sempre da una grande “H” ricamata sul petto. Questa mossa portò alla creazione di pullover e cardigan “Letterman” che avevano come idea di base quella di manifestare l’orgoglio di appartenere a quella determinata università, cosa che succede tuttora a tutti i livelli scolastici negli Stati Uniti.

Agli inizi del ‘900 anche la squadra di football della stessa università iniziò a indossare le loro uniformi contraddistinte da una grande “H” ricamata. Anche qui vigeva la regola che chi non giocava doveva restituire le maglie, mentre chi era in campo e giocava per il buon nome dell’università contro i rivali storici di Yale e Princeton, poteva tenerla.
Da lì in poi iniziò una vera e propria “customizzazione regolamentata” delle uniformi e delle maglie: vennero adottati altri ricami a stabilire il rango del giocatore – come ad esempio una stella sul petto per identificare il capitano – o il risultato delle partite.

Nel 1930 nacque quella che oggi conosciamo come varsity jacket.
Gli atleti chiedevano un abbigliamento più pesante per combattere il freddo e alla maglia in lana furono aggiunte le maniche in pelle e i bottoni, con la lettera che si spostava su un lato: la letterman jacket divenne un vero e proprio status all’interno delle università.
Non tutti potevano avere la lettera, dovevi guadagnartela con le prestazioni in campo. Una volta ricevuta la si poteva cucire sulla giacca, era una cosa molto seria.

Questa consuetudine ormai aveva preso piede in tutte le università della Ivy League – gruppo delle 8 università private e più prestigiose degli Stati Uniti (Harvard, Yale, University of Pennsylvania, Princeton, Columbia, Brown, Dartmouth College e la Cornell) – nelle scuole superiori e in tutti gli altri college d’America. È in questo periodo che nasce e diventa popolare il termine “varsity jacket” e tutti gli atleti delle varie scuole (college o superiori che fossero) ne indossava una.
Fu negli anni ’80 che la popolarità della varsity jacket esplose definitivamente anche grazie all’attenzione che suscitò nelle franchigie professionistiche dello sport americano. I supplier che producevano il merchandising iniziarono a realizzare una versione in raso della varsity in modo tale da contenere i costi e ampliare il bacino d’utenza. I Los Angeles Raiders nel football, i New York Knicks e i Boston Celtics nel basket realizzarono la loro versione della varsity riscuotendo un successo enorme.

In questo modo la cultura pop e mainstream conobbe la varsity jacket e nel 1983 avvenne ciò che rese la varsity un item ambito e ricercatissimo: Michael Jackson ne indossò una rossa e oro con una “M” sul petto nel video di “Thriller”.

Artisti hip-hop come I Run-D.M.C. e N.W.A. ne indossavano spesso una trasformandola in uno dei capi street per eccellenza rendendola indipendente da questioni sportive.

Il mondo fashion e quello streetwear che stava nascendo a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 non si fece scappare la possibilità di “appropriarsi” di quel modello di giacca estremamente cool.

Nel 1987 Stüssy realizzò le varsity jacket utilizzando i vecchi metodi di produzione e i materiali tradizionali (lana e pelle), la Homeboy Jacket e la One Love del 1989 sono soltanto due esempi di reinterpretazione di un’icona assoluta che siamo certi non passerà mai di moda.

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