La storia di Willi Smith, il designer che inventò lo streetwear

La storia di Willi Smith, il designer che inventò lo streetwear

Andrea Tuzio · 6 mesi fa · Style

Ha influenzato una generazione, è stato il designer che ha portato l’estetica street in passerella dopo averne determinato i canoni inventando la street couture e il concetto di streetwear, di certo lo stilista nero più importante degli anni ’80. 
Questa è la storia, spesso dimenticata, di Willi Smith, uno dei più influenti designer afroamericani della moda contemporanea.

Alexandra Cunningham Cameron, curatrice della mostra “Willi Smith: Street Couture”, presso il Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum di New York, ha dichiarato: “La mancanza di studi su Willi Smith ha creato un anello mancante nella nostra comprensione della moda contemporanea e della cultura visiva”

Nella sua vita e con il suo lavoro ha sfidato il razzismo e il classismo profondamente radicati nel mondo della moda attraverso un abbigliamento accessibile a tutti e gender neutral, le sue creazioni erano destinate a chiunque volesse indossarle: “la moda è una cosa fatta per le persone e gli stilisti dovrebbero ricordarselo. Le modelli posano nei vestiti. Le persone ci vivono”.

Leggi anche: La storia e l’eredità di Patrick Kelly

Willi Donnell Smith è nato a Philadelphia, in Pennsylvania, nel 1949 da Willie Lee Smith, un lavoratore del ferro, e June Eileen Smith, casalinga, entrambi con una particolare propensione nei confronti della moda.

Il piccolo Willi mostra subito una predisposizione verso il disegno e da ragazzo passa ore a disegnare seduto sul pavimento di casa: “Amavo disegnare e progettare vestiti, mia madre mi disse che ero nato per essere un artista o un designer”. Frequenta La Mastbaum Technical High School for Design e, in seguito, il Philadelphia Museum College of Art, dove segue un corso in fashion illustration. Dopo il divorzio dei suoi genitori, la nonna Gladys Bush – figura fondamentale nella vita e nella carriera di Willi – si prende cura di lui e lo sprona a continuare a studiare e a seguire il suo sogno di diventare un designer. 

Si trasferisce a New York per frequentare, grazie alle due borse di studio ricevute, la Parsons The New School for Design. Nel 1965, grazie a nonna Gladys che era la governante di una famiglia molto vicina allo stilista delle First Ladies, Arnold Scaasi, Willi riesce a ottenere uno stage proprio con il couturier canadese mentre frequenta anche un corso di Liberal Arts alla New York University. 

Nel 1967 lascia la Parsons e inizia la carriera di designer traendo ispirazione da ciò che le persone indossavano per le strade di New York.

Dal 1969 al 1973 lavora come lead designer per il brand sportswear Digits e assume come sua assistente Laurie Mallet – che diventerà sua socia in futuro – incontrata a New York mentre lei era in città per una vacanza.
L’esperienza ha però un brusco finale, l’azienda va in bancarotta e chiude i battenti.

L’anno dopo fonda la sua prima label, la Willi Smith Designs, Inc., insieme alla sorella Toukie e all’amico Harrison Rivera-Terreaux, ma a causa della poca familiarità con la gestione commerciale di un brand, l’avventura dura soltanto 8 mesi.

Nel 1976 intraprende il viaggio che gli cambia la vita. Insieme alla Mallet va a Mumbai e lì realizza una piccola collezione di abiti da donna in fibre naturali, in parte ispirata alle uniformi della polizia indiana. 
Quella è la svolta, la collezione riscuote un successo inaspettato e poco dopo, i due fondano il brand WilliWear Ltd.

Il brand ottiene immediatamente il favore del pubblico, grazie a una collezione, quella del 1978, influenzata dalle uniformi nautiche e dagli abiti del sud-est asiatico nettamente in anticipo sui tempi, mescolava una vestibilità relaxed tipica dell’abbigliamento sportivo – retaggio della sua esperienza alla Digits – a elementi sartoriali di altissimo livello, nasce la street couture

“Ha mescolato l’abbigliamento da lavoro, quello militare, le stampe africane e indiane. Era innamorato del denim e dell’idea del cowboy romantico, spesso incorporando tweed, denim o velluto a coste nella sua collezione. Amava le tute e gli aspetti utilitaristici della silhouette”, ha dichiarato lo storico della moda Darnell-Jamal Lisby.

L’apice è stato raggiunto nel 1986, quando il fatturato dell’azienda arriva a sfondare il tetto dei 25 milioni di dollari, una cifra incredibile.

Il 16 aprile del 1987 però, Willi Smith viene ricoverato al Mt. Sinai Medical Center di New York City dopo aver contratto un’infezione da Shigella e una polmonite durante un viaggio in India per acquistare dei tessuti. Il quadro clinico peggiora drasticamente anche a causa dell’AIDS che, a quanto pare, Smith non sapeva di aver contratto e si spegne il giorno successivo lasciando un vuoto incolmabile. Il funerale si è tenuto il 20 aprile alla Frank E. Campbell Funeral Chapel di Manhattan, dopo di che i suoi resti furono cremati.

Smith, afroamericano ed apertamente gay, riuscì ad emergere nel contesto newyorkese degli anni ’80 grazie al suo approccio interdisciplinare alla moda. 
È stato un artista a 360° e un mecenate: nel 1984 ha coinvolto 21 artisti per realizzare t-shirt con opere d’arte serigrafate, queste magliette riproducevano lavori originali di artisti del calibro di Keith Haring, Christo, Barbara Kruger, Dan Friedman e tanti altri. Il progetto faceva parte della collezione “WilliWear Productions Made in New York” che è stata presentata con un video, “Made in New York”, diretto da Los Levine, primo progetto di cortometraggio per mostrare una collezione al pubblico. Una combinazione di arte, moda e cinema che rispecchia ciò che oggi risulta essere un trend seguito dalle più importanti Maison del mondo anche a causa dell’impossibilità di organizzare le classiche sfilate in presenza per via della pandemia che stravolto le consuetudini del fashion system. 

Ha realizzato i costumi per il teatro e per il cinema, ha collaborato con Spike Lee, ha disegnato l’abito da sposa indossato da Mary Jane Watson quando ha sposato Peter Parker in Amazing Spider-Man Annual #21, nel 1987. Smith ha anche disegnato le uniformi per i lavoratori dell’installazione di Jeanne-Claude e Christo del 1983 Surrounded Islands così come per Pont Neuf Wrapped (1985) a Parigi.

Il New York Daily News lo ha definito “lo stilista nero di maggior successo nella storia della moda”, un precursore e un anticipatore dei tempi che ha creato uno stile definito ed estremamente contemporaneo e ci ha lasciato in eredità il concetto di streetwear, il tema dominante della moda contemporanea.

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Il dualismo italiano

Il dualismo italiano

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Il 2 giugno – la Festa della Repubblica Italiana –  è una giornata che ha il potere di far sentire patriottici anche noi italiani, famosi per non esserlo se paragonati ad altri, come gli americani o gli inglesi. Anzi, se proprio dobbiamo dirla tutta, sono più le volte che la critichiamo, l’Italia, rispetto a quelle in cui ci soffermiamo ad apprezzarla e ad amarla. Forse, le volte in cui la amiamo di più è quando siamo lontane da lei. Quando a mancarci è anche un semplice piatto di spaghetti o i clacson impazziti nel traffico.
La fotografa Irene Ferri, con il suo progetto ITLIA, ragiona proprio su questo. Sul “dualismo italiano”, sull’odio-amore che caratterizza i nostri sentimenti verso quella che è la nostra terra. Un dualismo che ricorre spesso in Italia, Nord e Sud, sacro e profano, tradizione e innovazione, e che caratterizzò quel giorno, il 2 giugno 1946, in cui si scelse tra Monarchia o Repubblica, tra una vecchia Italia o una nuova, rinnovata e democratica.
Con ITLIA, Irene Ferri sfida queste contraddizioni e ci porta a celebrare il nostro Paese attraverso un progetto partecipativo che dura dal 2020. Online apre una box in cui invita a rispondere alle domande: Cosa ti lega all’Italia? Cosa ti manca quando sei lontano? In questo modo, i pensieri di centinaia di italiani vengono tradotti in scatti evocativi, capaci di farci sorridere ed emozionare.

Irene Ferri Italia | Collater.al

Il progetto Italia nasce dalla storia personale della fotografa Irene Ferri che, dopo anni vissuti a Los Angeles, sente il richiamo della sua Terra. Negli States era circondata da persone che le dicevano continuamente quanto fosse bella l’Italia e quanto la apprezzavano. “Solitamente sento più apprezzamenti dagli stranieri che dagli italiani. Siamo un popolo molto critico, rispetto ad altri. I social pullulano di commenti negativi e pesanti su ogni cosa, su ogni decisione, anche sul meteo.” dice Irene. Da qui la decisione di creare qualcosa per gli italiani, un archivio fotografico che ci ricordi che vale la pena amare questa nazione. Nonostante scegliamo di lasciarla per un po’ o per sempre e anche se riusciamo ad apprezzarla solo se un po’ più lontani.

Irene Ferri Italia | Collater.al
Guardare giocare la nazionale italiana di calcio e sentire che da tutte le case arriva lo stesso audio TV, esultare insieme o piangere insieme.” Giulia
Irene Ferri Italia | Collater.al
Italia è guidare d’estate in campagna e fermarsi dal fruttivendolo sul ciglio della strada. Le quantità approssimative su un’arrugginita bilancia a bracci, il totale da pagare scarabocchiato su un foglio stropicciato, qualche manciata di ciliegie in più aggiunta alla fine con un occhiolino. E rimettersi a guidare, affondando la mano nel sacchetto e assaporando l’estate, lanciando i noccioli dal finestrino.” Jasmin

Tornata in Italia, Irene Ferri ci racconta di come a mancarle era soprattutto il concetto di piazza, quella mescolanza di persone e il frastuono delle risate, delle parole dette ad alta voce. “Al mio ritorno in Italia ho avuto uno shock positivo” dice Irene, “Sono andata al supermercato e una volta alla cassa, mentre rovistavo nel portafoglio in cerca dei soldi, il cassiere mi ha detto: Ma non ti preoccupare, se non li hai me li porti domani. Io sono rimasta di sasso. Erano tre anni che non mi sentivo dire una cosa del genere.

Riflessioni come quella di Irene arrivano a fiumi nella sua casella di posta e da qui inizia il suo viaggio italiano, in cerca di quell’italianità e di quei ricordi evocati dalle persone. L’archivio di Irene Ferri è ora pieno di scatti talvolta romantici, talvolta più ironici, che raccontano l’Italia con gli occhi di chi la ama, da vicino o da lontano. Dai panni stesi al sole al rosario che dondola dallo specchietto retrovisore. Dalle tavole imbandite ai campetti da calcio un po’ improvvisati.

Ecco di seguito alcune delle fotografie, accompagnate dalle suggestioni ricevute.

Irene Ferri Italia | Collater.al
“I mercati rionali, le bancarelle, la gente che grida, i profumi che ti assaltano, assaggiare una fragola per poi comprarne una cassetta.” Marta
Irene Ferri Italia | Collater.al
L’odore di bucato steso al sole misto ai profumi inebrianti del forno, e del pranzo della domenica che dalle finestre delle case invade le piazze…” Stefania
Irene Ferri Italia | Collater.al
Da quando sono andata via dall’Italia mi sento più legata a lei. Come si dice, quando perdi qualcosa capisci la sua importanza! Se chiudo gli occhi, riesco a “teletrasportarmi” a casa dei nonni al mare. La mattina papà usciva presto per andare a piantare l’ombrellone in prima fila. Io amo sedermi sotto la grande palma nel giardino con la tenda da sole blu come il mare. Il nonno, dopo il tramonto iniziava a cercare le telline, noi lo guardavamo dalla riva.” Martina
Irene Ferri Italia | Collater.al
Ciò che mi lega al mio paese è la possibilità di dire a un negoziante: “mi mancano 80 centesimi, te li porto domani” e sentirmi rispondere: “Tranquilla! E che non ci dobbiamo più vedere?!?!” Cettina
Irene Ferri Italia | Collater.al
L’Italia è quel posto dove si incontrano il sacro e il profano. Una statua della Vergine a guardia di un calcetto in un afoso androne di Scalea, collezioni di mazze chiodate in vendita accanto ai souvenir delle reliquie di San Francesco nei vicoli di Assisi, le modelle che sfilano davanti al Duomo di Lecce.” Manuela
Irene Ferri Italia | Collater.al
“Il sacchetto con le verdure fresche dell’orto ed i vasetti delle conserve che gli zii mi appendono sulla maniglia della porta quando non ci sono. Da lì dentro, a volte, spuntano anche fiori e fette di torta di mele profumate ed io, quando arrivo a casa e lo trovo lì appeso ad aspettarmi, so già che sarà una serata di pensieri belli e caldi.” Alessandra
Irene Ferri Italia | Collater.al
Le estati passate a Scauri, leggere il “Cioè” sotto l’ombrellone e innamorarmi perdutamente dei ragazzini che giocavano a biliardino sul lido.” Serena
Irene Ferri Italia | Collater.al
Per me l’Italia è la Rustichella dell’autogrill nei viaggi in macchina con mio padre, il disco ‘burattino senza fili’ di Edoardo Bennato in loop a tutto volume per tutto il viaggio.” Ginevra
Irene Ferri Italia | Collater.al
Irene Ferri Italia | Collater.al

Courtesy and credits Irene Ferri

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Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie

Frank Ocean ha pubblicato un libro di sue fotografie

Andrea Tuzio · 3 giorni fa · Photography

Dopo la sua performance al Coachella 2023 non priva di polemiche, si torna a parlare di Frank Ocean ma per questioni completamente diverse.

Homer, il brand indipendente di lusso lanciato due anni fa dallo stesso artista di Long Beach e che si occupa principalmente di realizzare e vendere gioielli come ciondoli, anelli, collane, orecchini diamantati, bracciali in argento riciclato e oro 18 carati, tutti prodotti artigianalmente in Italia e caratterizzati da forme divertenti e colori vivaci, ha pubblicato un libro fotografico.

Da pochi giorni infatti è possibile ordinare sul sito di Homer, al prezzo di 90€, Mutations, un libro fotografico di 48 pagine che rappresenta una retrospettiva di opere realizzate tra il 19 ottobre e il 22 dicembre 2022, per lo più foto scattate dallo stesso Ocean. 
Una serie di scatti che ci mostrano un lato del cantante statunitense nuovo, unico e che mostrano, ancora una volta, quanto sia raffinata e ricercata la sua estetica.

Se volete portarvi a casa una vera chicca da collezione come Mutations, il libro fotografico di Frank Ocean, vi basta cliccare qui.

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I paesaggi malinconici di Alana Celii

I paesaggi malinconici di Alana Celii

Anna Frattini · 2 giorni fa · Photography

Alana Celii è una fotografa americana che ridefinisce tempo e significati scattando paesaggi e soggetti dall’aura malinconica e senza tempo. Alana attualmente è research editor fotografica che lavora nel tech. In precedenza ha lavorato presso il New York Times, il Wall Street Journal, e il TIME. La sua prima monografia, Paradise Falling, è una serie di fotografie che ridefinisce la sensazione di perdita mostrando cosa significa sentirsi persi attraverso metafore che guardano all’astrologia, al mito e al simbolismo.

Per Celii il punto di partenza è la natura, immortalata talvolta scattando senza soluzione di continuità e improvvisando. Dopo Paradise Falling, la fotografa americana ha iniziato un progetto nuovo alla scoperta dei paesaggi della West Coast dopo il suo trasferimento in California. In queste immagini è chiara la matrice californiana nelle textures e nei colori intensi riconoscibilissimi nei paesaggi sconfinati immortalati dalla fotografa.

Per scoprire altri scatti di Alana Celii qui il suo profilo Instagram.

Ph. courtesy Alana Celii

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Gli scatti imprevedibili di Nicolas Polli

Gli scatti imprevedibili di Nicolas Polli

Anna Frattini · 23 ore fa · Photography

La fotografia di Nicolas Polli cattura momenti imprevedibili dando vita agli oggetti della quotidianità. Non solo fotografo ma anche graphic designer ed editore, Polli sembra non fermarsi mai. Nelle sue still life non c’è niente di banale, ogni elemento prende vita assumendo significati nuovi.

Nel 2012 ha fondato insieme a Salvatore Vitale il magazine fotografico YET e nel 2016 Atelier CIAO – uno studio indipendente specializzato in editorial design e still life – sempre al lavoro con brand di lusso e design. Ora anche artista residente presso l’Atelier Robert di Bienne, in Svizzera, Nicolas Polli in questa fase si concentra sugli still life. Tutto questo, dopo essersi inventato una vera e propria spedizione su Ferox, un pianeta inventato, nel 2017.

Se in Ferox, The Forgotten Files: A Journey to the Hidden Moon of Mars 1976–2010 Polli gioca con la nostra incapacità di discernere il reale dall’irreale, nei suoi still life riflette sul nostro fragile rapporto con gli oggetti quotidiani. Quando le sagome familiari di questi oggetti cambiano forma in maniera inusuale tutto cambia, anche la nostra percezione. In When Strawberries Will Grow on Trees, I Will Kiss U la combinazione di una buccia di banana, una brioche e qualche mozzicone di sigaretta assume un significato particolarmente disturbante ma il tutto funziona riuscendo a mostrarci gli oggetti banali da un punto di vista totalmente estraneo.

Ph. courtesy Nicolas Polli

Per altri scatti di Nicolas Polli qui il suo profilo Instagram.

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