Jurgen Maelfeyt è un grafico, editore e artista con sede a Gand e Parigi. L’obiettivo principale delle sue opere personali è la pubblicazione di libri d’artista tra cui titoli come BREASTS, LIPS, FURS e il suo ultimo libro WET.
La pelle bagnata, i vestiti bagnati e l’acqua che gocciola, “Jurgen Melfeyt’s: WET” ruota attorno al corpo femminile e all’acqua. La sensualità, l’erotismo e una certa forma di feticismo.
WET continua la giocosa riappropriazione dell’immaginario erotico retrò da parte dell’artista, designer e fondatore di Art Paper Editions Jurgen Maelfeyt.
I pixel sono gli elementi più piccoli che costituiscono un’immagine, talmente minuscoli e numerosi da non poter essere visti ad occhio nudo.
Anzi, quando si vedono, non è affatto un buon segno.
In tutti i casi tranne uno, ossia, quando diventano protagonisti di un progetto.
È questo il caso di Pixelated, delle fotografie firmate dall’Art Director giapponese Yuni Yoshida in cui cibo e pietanze vengono sezionate in tanti quadrati perfetti che riprendono i colori degli ingredienti, della buccia o della polpa.
Una serie di immagini surrealiste ed attraenti che speriamo diventino molte di più di quante sono ora.
La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
Nella mitologia greca, Britomarti è il nome di una ninfa di cui Minosse si innamorò perdutamente e che, pur di sfuggirgli, cambia forma e sembianza fino a trasformarsi in schiuma di mare. Un personaggio tragico nella sua determinazione e consapevolezza che, pur di non cedere alle lusinghe di un amore non voluto, preferisce disperdersi nell’elemento più inafferrabile che si conosca. Britomarti è anche il nome del progetto della giovane fotografa Irene Trancossi che erge la ninfa ellenica ad archetipo della lotta femminile alla rivendicazione di una propria identità avulsa dalla lettura maschile, ma non solo: “Britomarti” è un inno alla sorellanza, alla comunione tra donne, all’unità di una forza generatrice ancestrale che la fotografa celebra attraverso scatti immersi nella natura in cui ninfe contemporanee si muovono liberamente in contesti incontaminati, sottraendosi allo sguardo maschile, godendo della propria libertà.
Ed è proprio la familiarità che lega le donne ritratte, parte della famiglia di Irene: dal particolare all’universale, “Britomarti” vuole essere non solo un viaggio verso la scoperta di se stesse, ma soprattutto un invito alla condivisione, all’unione tra donne. L’obiettivo di Irene è serrato, in bilico tra la delicatezza e l’audacia, senza mai violare la fierezza dei corpi: tutto ciò che emerge è una consapevolezza di sé, in un dialogo tra Donne e Natura, quasi in un ideale ricongiungimento quasi inevitabile e atteso a lungo.
Britomarti,
Cadaques
Spain
2021
Ci sembra di percepire la salsedine, di sfiorare quella schiuma di mare memore di un’eroina archetipica, di toccare la terra e di inalare la libertà di un’identità ritrovata. La sorellanza diventa il balsamo che leviga le ferite e che consente di superare dolori e traumi legati a una visione distorta e patriarcale della condizione e del corpo femminile: una favola contemporanea in cui il corpo racconta, la Natura ascolta, il cuore ritrova la pace. Attraverso questo progetto ai limiti della sacralità di un rituale ancestrale, Irene trova il suo modo per approfondire la sua ricerca, fondata sulla sorellanza, sul femminismo, sull’inclusività e sull’ascolto.
La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
Photography
La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
La sorellanza ritrovata negli scatti di Irene Trancossi
1·5
2·5
3·5
4·5
5·5
John Yuyi sfida la consumer culture
Chiang Yu-yi, a.k.a. John Yuyi, è una visual artist taiwanese con una storia decisamente fuori dal comune alle spalle. Le sue opere incarnano lo spirito della post-internet generation mettendo in discussione la consumer culture, uno dei temi più ricorrenti nel corso della carriera di Yuyi.
La carriera di Yuyi inzia come fashion influencer ma qualcosa cambia quando si trasferisce a New York nel 2015. Inizia a vendere temporary tattoos per promuovere la sua swimwear collection e col tempo, vi incorporerà illustrazioni, fotografie e simboli provenienti dal mondo dei social media. Un mezzo interessante, quello dei tatuaggi temporanei, che coinvolge la sfera della corporalità come medium ma anche come oggetto di indagine. Questi – insieme alle sue fotografie – hanno reso Yuyi molto popolare non solo sui social ma anche nel mondo dell’arte.
Il processo di documentazione operato da John Yuyi parla della sua esperienza come influencer, del nostro rapporto con i social media e con il nostro corpo. Soprattutto con il viso, la parte del nostro corpo in cui gli altri si riconoscono e che può offrire un senso di rappresentazione reale per lo spettatore. Anche la salute mentale è un tema molto caro a Yuyi che, soffrendo di un disturbo bipolare, ha raccontato il suo malessere attraverso una serie di fotografie, Cell for Young Plant.
Ma non solo arte e fotografia, Yuyi è al lavoro anche su progetti commerciali che l’hanno portata a collaborare con brand e magazine molto importanti. Indimenticabile, la collaborazione dell’anno scorso con MIUMIU dove Yuyi ha immortalato Lee Youm e Ever Anderson per la campagna pubblicitaria della SS22.
Il percorso di John Yuyi dimostra come sia possibile reinventarsi e scoprire il proprio talento artistico partendo da un mondo lontano da quello dell’arte per come lo conosciamo.
Scopri altri progetti di John Yuyi sul suo profilo Instagram.
Con un approccio foto-giornalistico, il fotografoLuca Marino ricerca l’assurdo delle situazioni. Nato a Londra da padre italiano e da madre colombiana, Marino è attratto da quei dettagli che spesso passano inosservati, “guardo dove nessun altro guarda” dice lui stesso. Tra le strade della grande metropoli londinese, Luca Marino realizza due progetti: “Oxford Street Paradox” e “Transport for London”.
Nel primo progetto – “Oxford Street Paradox” – è evidente quell’assurdo tanto ricercato dal fotografo, che, a tratti, inganna lo spettatore. Le fotografie catturano i passanti della via dello shopping più frequentata della città – Oxford Street – che appaiono totalmente deformati. Questo effetto non è realizzato in post produzione, Marino infatti scatta la superficie riflettente di un chiostro che crea buffe immagini alterate. Con ironia e leggerezza, il fotografo sfrutta questa “alterazione” naturale per sottolineare come le nostre abitudini di acquisto siano ormai diventate folli, al limite del compulsivo.
Anche nel secondo progetto – “Transport for London” – Luca Marino mostra ciò che spesso non viene guardato ma anzi, ignorato. In questo caso i protagonisti sono i dipendenti dei trasporti di Londra, dagli autobus alla metropolitana. Persone a cui non prestiamo attenzione ma che sono responsabili della viabilità cittadina. Ci permettono di spostarci da un lato all’altro della città, ma rimangono in penombra. Luca Marino, in collaborazione con l’azienda, entra a contatto con il lato nascosto della famosa Underground, fotografando i dipendenti nei loro uffici e nelle loro stanze adibite al riposo. Cattura momenti di pulizia, tra cui la santificazione delle carrozze durante il periodo di emergenza sanitaria dettata dal covid-19.