Per alcuni è un genio, per altri è un idiota. C’è chi lo ama profondamente e chi invece non lo può minimamente soffrire. Fatto sta che il suo cinema è più unico che raro. Sto parlando di Nanni Moretti, il regista che divide profondamente il pubblico cinematografico italiano ed internazionale.
Ma prima di parlare del suo cinema è necessario parlare del suo personaggio, o meglio ancora della sua persona. Questo perché Moretti ha fatto la sua fortuna parlando di sé, raccontandosi allo spettatore senza filtri, schierandosi apertamente su praticamente tutto. In quarant’anni di cinema abbiamo imparato a conoscerlo, a capire i suoi gusti, le sue ossessioni ed i suoi desideri. Ma questo cinema “autoreferenziale” non è mai stato fine a sé stesso. Ci ha guidato, seppur con il sorriso sulle labbra o con le lacrime agli occhi, in riflessioni esistenziali, tra le quali spicca: qual è il mio posto nel mondo?

In queste righe andremo a fare un po’ di luce sul suo cinema, che è facilmente divisibile in due differenti marcofasi, una prima più leggera e comica ed una più matura e drammatica. Forse questa catalogazione può risultare riduttiva, ma ci è utile per fare un po’ di chiarezza all’interno della vasta cinematografia morettiana. Alla fine, non stiamo parlando di un regista di nicchia, nè tantomeno di un regista poco considerato dalla critica. Nanni Moretti, nel corso della sua carriera, è riuscito a vincere numerosissimi premi, venendo sempre tenuto su un palmo di mano dalle giurie di Cannes e Venezia. Possiamo infatti definirlo uno dei registi emblematici del nostro paese, nonostante i suoi film siano spesso “sgangherati” e low budget.

La prima fase del cinema di Moretti nasce quasi per gioco, all’inizio degli anni settanta, con la direzione di qualche corto e mediometraggio, purtroppo oggi di difficile reperibilità tra i quali Come parli frate? e La sconfitta.
Il primo vero lungometraggio arriva qualche anno dopo, con il titolo Io sono un autarchico, film che racconta quell’adolescenza post ’68 di una Roma bene che oggi etichetteremo senza tanti problemi come radical chic. Erano anni difficili, nei quali sembrava che chiunque si dovesse occupare di politica. Però, per quanto centrale in questi primi film, la politica non è mai stato il vero e proprio fulcro. Il focus infatti è più orientato sull’immobilità dei giovani dinnanzi ai problemi sociali. È importante segnalare come già in questo primo lavoro fa il suo ingresso sotto i riflettori l’alterego di Moretti, ovvero Michele Apicella. In tutti questi primi film infatti Michele è diventato quel personaggio attraverso il quale il regista romano, rigorosamente interpretato da sé stesso, dava sfogo alle sue più intime considerazioni.

Questo primo film passa abbastanza in sordina, nonostante riesca ad accaparrarsi una nomination per il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. Io sono un autarchico è seguito da uno dei suoi film diventati iconici, ovvero Ecce Bombo, film che racconta uno spaccato della vita di un gruppo di studenti universitari della Roma degli anni ’70, in cui spicca la scena, ormai diventati di dominio pubblico, nella quale Michele Apicella (ancora lui) cerca di sottrarsi ad un invito ad una festa

Questo secondo lungometraggio viene candidato alla Palma d’oro a Cannes come miglior film ma purtroppo non riesce a vincerla.
Successivamente assistiamo all’uscita di altre numerose pellicole, che in maniera sempre crescente lo pongono sotto i riflettori internazionali, ma soprattutto ci regalano delle pillole di comicità fuori dalle righe che oggi sono diventate di pubblico dominio e che molte volte citiamo senza nemmeno conoscere la fonte originale. Tra questi film citiamo Bianca, Palombella rossa, La cosa e Caro diario, pellicola che riuscì finalmente a vincere un premio a Cannes come miglior regia. È infatti innegabile che la regia di Nanni Moretti, per quanto possa sembrare amatoriale ed improvvisata è invece colma di originalità ed innovazione.
Caro diario infatti è un film estremamente autobiografico, in cui per la prima volta non risulta necessario ricorrere all’alterego di Michele Apicella. In questo film Moretti ci guida dentro la sua Roma, dove scopriamo i suoi posti preferiti come la Garbatella e Piazza Mazzini, assistiamo al frustrante metodo creativo che si cela dietro ad un suo film e soprattutto tocchiamo con mano il lato più intimo del regista: la sua malattia. Tutti questi contenuti però non vengono sbattuti in faccia allo spettatore con arroganza. Niente affatto. Vengono raccontati senza rinunciare a quella stramba ironia tipica di Moretti che negli anni abbiamo imparato a cogliere ed apprezzare.


La seconda fase del suo cinema è per certi versi profondamente diversa e si apre con la fine del millennio. I film di questo secondo periodo scrutano problemi differenti da quelli appena indicati. D’altronde con l’avvento della maturità, cambiano anche gli interrogativi e le priorità umane.
La stanza del figlio, film del 2001, ne è l’emblema. La stanza del figlio è il primo vero film drammatico partorito dal regista che tratta il lutto di un padre per la scomparsa del figlio. Il film estremamente toccante e a tratti molto cupo, non smentisce però la matrice autodescrittiva (vediamo ancora molte paure del regista prendere forma sullo schermo) e riesce, per la prima volta a vincere la tanto ambita Palma d’oro.

Dopo La stanza del figlio, arriva Il Caimano, film che narra in maniera parodica, ma anche abbastanza amara, l’ascesa al potere del premier Berlusconi, faccenda a cui Nanni Moretti si è sempre ampiamente dedicato, non rinunciando mai a critiche particolarmente pesanti e dirette. In questo film, per la prima volta, non vediamo più Nanni Moretti in veste d’attore, ma solamente di scrittore e regista. Nonostante l’assenza del cineasta all’interno del cast, troviamo però altri notevoli volti degni di nota, tra i quali Silvio Orlando, Margherita Buy ed addirittura il collega Paolo Sorrentino in un piccolo ruolo. Negli anni successivi vedremo altri grandi titoli firmati Moretti, venire proiettati nella sale internazionali, tra i quali spiccano Habemus Papam ed infine Mia Madre.


Questi due film, in particolare l’ultimo, trattano ancora una volta tematiche esistenziali non da poco.
Mia madre riprende la strada autobiografica da qualche anno abbandonata, ma la reinventa: Nanni Moretti è sì attore, ma non è il protagonista. La protagonista è invece Margherita Buy che veste i panni di una regista romana, alla quale muore la madre. Nel corso della pellicola vediamo come la protagonista affronti il lutto e come spesso accade nei film di Nanni Moretti il senso lo troviamo nelle piccole cose. Il film appunto non ha una trama ricca di eventi e nemmeno ricolma di dramma, ma riesce comunque a raccontare in maniera umana e sobria, a tratti anche ironica, una delle tragedie in cui prima o poi, ci troveremo tutti.
L’ ultima fatica del regista romano che è da poco uscito nelle sale, si intitola Santiago-Italia. Questo documentario sull’ambasciata italiana durante la dittatura di Pinochet, non ha avuto una distribuzione serrata. Lo stesso regista infatti ha deciso di farlo circolare per canali più indipendenti del solito, forse per la radicale diversità dalle sue precedenti pellicole. In ogni caso il documentario, realizzato con dichiarata presa di posizione, ha avuto un discreto successo di critica e speriamo di averlo presto disponibile su qualche piattaforma streaming.


Come abbiamo capito da queste poche righe, Nanni Moretti è personaggio a tutto tondo che ha deciso di raccontarci la sua visione della vita attraverso i suoi stessi occhi, senza mai menterci, senza mai ambire ad essere qualcos’ altro. Per questo o lo ami o lo odi, non ci sono vie di mezzo. Nelle sue pellicole il suo è un protagonismo a 360 gradi. Con gli anni abbiamo imparato a capire cosa gli piace, cosa invece odia, molte delle sue citazioni sono diventate di dominio pubblico, talvolta infatti si sentono citatate anche da chi con Moretti non ha niente da spartire. Con gli anni abbiamo però visto anche il suo cinema trasformarsi, abbiamo visto che con la maturità i temi trattati cambiano, si fanno più cupi, più intensi e decisamente più malinconici, ma nonostante questo non ha mai smesso di essere se stesso e di mettere a nudo la sua vita per noi, spesso risultando sgradevole e spesso invece suscitando in noi molta empatia, a volte divertendoci e ogni tanto anche annoiandoci, ma alla fine la vita è fatta di tutte queste piccole cose e questo è il cinema di Nanni Moretti.