La maternità è uno dei momenti più delicati nella vita di una donna: la vita intera si prepara a cambiare, senza avere nessuna certezza di come sarà.
Insicurezze, paure, ansie e timore di non essere all’altezza delle aspettative sono solo alcune delle emozioni provate da chi si accinge a mettere al mondo un figlio e che spesso vengono sottaciute per senso di colpa e timore di differire da una narrazione dominante della maternità che la vuole come momento di felicità e gioia assoluta.
Eppure, la cronaca e l’attualità ci dicono che non è assolutamente così. Sempre più donne che si riconoscono nel ruolo di madri denunciano stati di depressione, confusione, sentimenti ambivalenti e contrastanti rispetto alla gravidanza e alla nascita.
Nel giorno che celebra la Festa della Mamma è quanto mai importante accendere i riflettori su tutto ciò ed evidenziare come, ancora una volta, la fotografia è in grado di affrontare temi attuali ed estremamente importanti.

Impossibile a tal proposito non menzionare “Eyemamaproject”, il progetto riconducibile all’omonimo account Instagram che durante la pandemia ha spalancato le porte e accolto i racconti di mamme fotografe pronte a testimoniare con i propri lavori la complessità di questa fase della loro vita: il concetto di maternità viene scandagliato a 360 gradi, senza barriere culturali etniche o sessuali. Qui trovano voce anche testimonianze di chi ha perso un figlio o ne ha adottato uno o più di uno, chi è un genitore single o divorziato. E così ci si imbatte in volti stanchi, in case disordinate, in seni sanguinanti in seguito all’allattamento o in corpi esausti, ma anche in sorrisi, momenti di tenerezza, accoglienza e serenità. Perché l’essere madri è esattamente tutto questo nello stesso momento.
“Eyemamaproject” è oggi un libro, frutto di una open call che ha raccolto più di 2700 candidature provenienti da tutto il mondo.
Come racconta Karni Arieli, fondatrice del progetto: “Questo è un progetto nato per potenziare le mamme di tutto il mondo, dare visibilità alle “mama” artiste e condividere le loro storie di maternità chiare e oscure. Nel libro presentiamo 200 fotografe che si identificano come mamme in tutto il mondo, condividendo le loro verità personali sulla casa e sulla cura della maternità. Abbiamo una giuria di incredibili donne fotografe di tutto il mondo tra cui Elinor Carucci, Sarah Leen Aldeide Delgado Ana Casas Broda e molte altre. Lanceremo il libro a Londra e a Bristol, proprio nel mese dedicato alle mamme.“
Il libro è acquistabile in preorder qui.




Sulla stessa linea, ma con una forte interconnessione tra immagine e parola, si muove “Germoglio” il lavoro inedito di Chiara Cunzolo, fotografa italiana impegnata nel sociale e in temi legati alla diversità. Non c’è però traccia di documentazione nei suoi lavori, bensì una ricerca evocativa, capace di parlare del mondo senza rappresentarlo con l’immediatezza comune. La sua ricerca avvicina letteralmente lo spettatore attraverso scatti di dettagli, in cui spesso emergono (formalmente e metaforicamente) le luci e le ombre di questioni sociali spesso controverse.
Chiara ascolta i racconti di chi vive quotidianamente la diversità e ne subisce le conseguenze, ne elabora le voci, le parole e le emozioni e le traduce in immagini: così, da oggetto di indagine, chi racconta diventa soggetto dell’immagine, protagonista di una storia non più ingabbiata in se stessa, ma condivisa e donata al mondo.
Il tema della maternità, drammaticamente alla ribalta nella cronaca quotidiana, viene messo in discussione, spogliato dell’aura di felicità e gioia socialmente imposte per mostrarsi in tutta la sua fragilità e banalità: solo corpi, intrecci di pelle e corpi microscopici e fragili, sguardi impauriti, cicatrici e stanchezza che raccontano un amore vero che, come tutti gli amori, è anche sofferenza, sacrificio e coraggio. Ad accompagnare le immagini, le testimonianze vere, pungenti, crude e senza filtri di madri che ogni giorno vivono l’apparente e l’ambivalente stato di grazia di chi ha messo al mondo una vita e se ne lascia sopraffare (“La prima volta che si è girato sentendo la mia voce e i nonni dissero “quando ti sente gli si illuminano gli occhi” mi chiesi come fosse possibile che lui si fosse affezionato a me che mi rivolgevo a lui al 90% con offese”).
Immagini evocative, affiancate a quelle di una Natura che, seppur generatrice di vita, spesso nasconde insidie e varchi oscuri in cui è necessario addentrarsi per proseguire nel proprio cammino.


