Quello che c’è piaciuto della Design Week 2018

Quello che c’è piaciuto della Design Week 2018

Claire Lescot · 5 anni fa · Design

La Design Week quest’anno ha fatto All-Inn giocando tutto il giocabile e sbancando con un +26% di presenze rispetto all’anno passato. Trovare i migliori progetti tra tutti quelli che sono proliferati in maniera incontenibile durante questa settimana non è stato facile. Una matriosca di eventi infinita in una Milano in versione clima caraibico dove solo il superpotere dell’ubiquità ci avrebbe permesso di poter visitare tutto.

Di seguito trovate il nostro report diviso per le categorie che ci sono sembrate più salienti.

L’evento più bizzarro

In un ex zona industriale è andato in scena un vero e proprio Funeral party con sottofondo di Bach e diversi musicisti distesi dentro a bare colorate ed essenziali riadattabili a cassapanche (collezione Potalove) che hanno intonato alcuni pezzi dei Depeche Mode seguiti da Rosalba Piccinini, l’ideatrice dell’evento, che ha cantato ”Lascia che io pianga” di Handel. Un Design oltre la morte …il che è tutto dire.

Design Week 2018 funeral party 1 | Collater.al Design Week 2018 funeral party 2 | Collater.al Design Week 2018 funeral party 3 | Collater.al

Il Secret Party

Natura completamente diversa per la festa segreta di Studiopepe con Club Unseen: un progetto raffinato, Avant-garde e di ispirazione cinematografica allestito in un ex magazzino del 1800 in Piazza tricolore e pensato nei minimi dettagli: un tatuaggio concettuale trasferibile come timbro per entrare, maggiordomi, drink, musica ricercata ed un bar in stile Black Mirror. La caratteristica principale del club è stata un’installazione sulla preparazione dei cocktail concepita per mettere l’accento sui gesti del mixologist; il bar è diventato un palcoscenico in cui veniva recitata l’arte del “Made by hand” attraverso un’apertura orizzontale teatrale che incorniciava le mani dei bartender.

Design Week 2018 Club Unseen 2 | Collater.al Design Week 2018 Club Unseen 1 | Collater.al

Gli Evergreen

Galleria Nilufar e Dimore Studio si confermano meravigliose riscoperte. Nella prima ci ha colpito il temporary nightclub progettato da India Mahdavi, Chez Nina, dedicato alla fondatrice della galleria Nina Yashar che ci ha deliziato la vista con una combinazione di divanetti multicolor in velluto dalle forme sinuose, muri geometrici di seta, pezzi vintage ed uno scenografico pavimento.

Emiliano Salci e Britt Moran di Dimore Studio invece ci hanno sorpreso con Transfer: un’installazione consistente in tende che ricordavano i viaggiatori nelle loro diverse atmosfere: La via della seta, Il campeggio italiano, La Spiaggia della costa azzurra, L’Harem arabo, La Stanza di una medium. Le tende sono state poste al centro di stanze oscure dove i visitatori potevano scrutarne l’interno attraverso delle finestrelle che facevano da faro nelle tenebre. Ogni spazio aveva un proprio profumo ed una propria colonna sonora e all’interno di ogni tenda c’erano pezzi di collezioni passate e presenti combinati con oggetti intimi. Ne è valsa l’interminabile coda all’ingresso.

Design Week 2018 chez nina 2 | Collater.al
Design Week 2018 chez nina | Collater.al
Design Week 2018 dimore studio 4 | Collater.al Design Week 2018 dimore studio 1 | Collater.al Design Week 2018 studio pepe 4 | Collater.al

Top Bar e Rooftop

Una delle installazioni al neon più instagrammate di questo Fuorisalone è stata sicuramente quella al Bar Anne, allestito al Museo Diocesano e realizzato dagli Olandesi di Space Encounters per Children of the light dove era possibile ballare all’interno di arcate di luce colorate di cui non si vedeva la fine ma anche rilassarsi nel prato adiacente. Per il Rooftop più festaiolo abbiamo scelto quello di Floristeria nel cuore di Ventura Lambrate: un ambiente post industriale con vista sulla città e vari dj set.

Design Week 2018 Bar Anne 3 | Collater.al Design Week 2018 Bar Anne 2 | Collater.al Design Week 2018 Bar Anne 1 | Collater.al
Design Week 2018 floristeria 2 | Collater.al Design Week 2018 floristeria | Collater.al Design Week 2018 floristeria | Collater.al

La Novità

La novità di quest’anno è stata FuturDome in Loreto. Il restauro del palazzo liberty in cui gli ultimi futuristi usavano incontrarsi è stato un esperimento che ha coniugato restauro conservativo ad arte ed ha connesso autori, artisti, studenti ed aziende in un percorso progettuale inedito. Interessanti i progetti di arte contemporanea delle diverse facoltà di design dedicati a svariati temi tra cui il futuro della specie umana. Il giro all’adiacente a Le Dictateur era d’obbligo ; qui Federico Pepe e Patricia Urquiola hanno presentato Don’t treat me like an object un progetto di realtà virtuale nel quale: ‘’ Gli oggetti smettono di essere solo materia e forma e funzione e si riconfigurano come entità dotate di sentimenti, capacità predittive, interattive ed empatiche’’.

Design Week 2018 Futurdrome 4 | Collater.al Design Week 2018 Futurdrome 3 | Collater.al Design Week 2018 Futurdrome 2 | Collater.al Design Week 2018 Futurdrome 1 | Collater.al

Le premiate

Tra le installazioni premiate la nostra preferita è stata The Diner di David Rockwell a Ventura Centrale che ha vinto ‘’Best Engagement’’ alla Milano Design Award: “Per la qualità dell’ambiente ricreato e per il tipo di coinvolgimento proposto che suggerisce un viaggio spazio/temporale estraniante e suggestivo“.

Design Week 2018 Diner 6 | Collater.al Design Week 2018 diner 4 | Collater.al Design Week 2018 diner 2 | Collater.al Design Week 2018 Diner 1 | Collater.al

Gli altri vincitori sono stati :

”Best Technology” – Transition di Panasonic:“Per la capacità del progetto di restituire un’esperienza di tecnologia tanto intangibile quanto unica e rilevante, avvolgendo il visitatore e proponendo un’orchestrazione sensoriale di straordinario impatto”

Design Week 2018 TRANSITION PANASONIC| Collater.alDesign Week 2018 TRANSITION PANASONIC| Collater.al

”Best Sustainibility” – 3D Housing 05 by Massimiliano Locatelli di CLS con Italcementi, Arup e Cybe: “Per aver proposto una soluzione concreta e sostenibile nel progetto architettonico in un perfetto equilibrio tra qualità materica ed esperienza emozionale.

Design Week 2018 Best Sustainibility | Collater.al

”Unicorn” – Giants con Dwarf di Stephan Hurlemann per Horgenglarus: “Per l’intuizione coraggiosa nel proporre un’interazione fisica, arcaica e divertente, dando un’anima a un archetipo del design come la sedia

Design Week 2018 Giants 1| Collater.al Design Week 2018 Giants 2| Collater.al

”Best Playfulness” – Hidden Senses di Sony Design: “Per la riscoperta dei sensi attraverso le infinite interazioni con gli oggetti d’uso quotidiano, trasformati in sofisticate opportunità di gioco e “magie”, dove finalmente la tecnologia non fa più paura

Design Week 2018 Hidden Senses | Collater.al

”Milano Design Award 2018″- Monster Cabaret di Lasvit: “Premio all’installazione che meglio interpreta la contemporaneità progettuale e la visione concettuale futura”

Design Week 2018 Lasvit| Collater.al

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Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 

Giulia Guido · 2 giorni fa · Photography

Quando fotografi americani o europei si spingono nel cuore dell’Africa tornano a casa con scatti bellissimi, ma che spesso non rispecchiano la realtà. Così ci siamo abituati a un volto del continente africano che certamente esiste, ma non è l’unico: pensando a paesi come il Ghana, la Nigeria, il Benin e molti altri ci vengono in mente immagini caratterizzate da colori cupi, poco saturi e legate a storie dall’accezione negativa. Forse è proprio per questo che le fotografie di Derrick Ofosu Boateng ci sorprendono talmente tanto da farci venire il dubbio che siano finte, che siano scattate su un set preparato ad hoc, da un’altra parte del mondo. Invece no. Classe 1999, Derrick Ofosu Boateng è nato in Ghana e oggi vive nella sua capitale, Accra, che qualche anno fa si è trasformata nel suo set personale, sempre pronto per la prossima fotografia. 

Al contrario di molti, che hanno iniziato con corsi in accademie o università, Boateng ha cominciato a scattare solo quando il padre, per supportare la sua passione, gli ha regalato un iPhone, che è diventato immediatamente il mezzo attraverso il quale restituire una visione personale del Ghana. Allontanandosi dall’immaginario comune, le fotografie di Derrick Boateng immortalano la vera anima del suo Paese formata dalle persone che lo vivono. 

Dimenticatevi i grigi perché i suoi scatti sono una vera e propria esplosione di colori, vibranti e iper-saturi, la migliore dimostrazione di quanto la fotografia possa essere pop. 
Quello di Boateng è un punto di vista diverso, e forse il punto di vista di cui avevamo bisogno, su una cultura e una terra troppo legate a una narrazione negativa creata da chi quella terra non la vive tutti i giorni e non la chiama casa.

ph. courtesy Derrick Boateng

Derrick Boateng e la fotografia che racconta una cultura 
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Ciò che viene nascosto

Ciò che viene nascosto

Giorgia Massari · 1 giorno fa · Photography

Le parole chiave di questo testo, ricorrenti e fondamentali per osservare le fotografie qui di seguito, si possono ritrovare nella fisicità, nell’orientamento sessuale, nel patriarcato e nella nudità. Ciò che questi termini, o meglio, questi macro-argomenti, hanno in comune è la penombra e, in alcuni casi, la totale assenza di luce. Con questi scatti e con questa riflessione, si ha l’intenzione di condurli fuori dal buio al quale spesso sono condannati. Illuminarli dunque, con la speranza che essi possano diventare temi condivisi e assorbiti nel tessuto sociale. Ciò che è vero e facilmente riscontrabile, è la difficoltà di affrontare determinati temi, soprattutto in relazione alla sfera femminile. Il corpo di una donna e come lei stessa si sente a riguardo, così come il suo orientamento sessuale, la sua posizione nella società o il suo stesso corpo nudo, sembrano essere ancora oggi temi disdicevoli o addirittura, in particolar modo in alcune società, proibiti e condannabili. Seppur una fetta della popolazione mondiale si stia muovendo in un’ottica di consapevolezza, accettazione e inclusione, questi temi non vengono mai del tutto sviscerati e trattati con la giusta attenzione. Attraverso la fotografia – e più in generale con l’arte – molte donne si sono espresse a riguardo. Qui sono le fotografe Giulia Frump, Leah DeVun, Rachel Feinstein e Despina Mikonati a parlarci di tutto ciò, con il loro sguardo femminile e intimo. 

Giulia Frump

Quattro fotografe distanti tra loro, in termini stilistici e contenutistici. Lontane geograficamente e anagraficamente, ma che trovano un loro punto di incontro nella volontà di urlare il loro desiderio di libertà al mondo. Osservando i loro scatti, emergono i quattro macro temi sopracitati, accomunati da un senso di liberazione e dalla volontà di rappresentare ciò che per secoli è stato nascosto. In Giulia Frump lo stereotipo del corpo femminile, l’ideale di perfezione del nostro secolo, viene superato da una danza di curve, linee morbide che si «adagiano in un abbraccio di pacificazione», come afferma la stessa fotografa. Lo stesso ricongiungimento con l’essenza del sé trova una particolare forma aurea negli scatti di Despina Mikoniati, che nel suo progetto Epilithic amalgama il corpo femminile con Madre Natura. «Madre Natura è colei che ci fa nascere e ci porta via. È la casa dei nostri corpi. Un luogo sicuro in cui esistere così come siamo», afferma Despina.

Despina Mikoniati

Se da un lato, Frump e Mikoniati indagano l’aspetto corporeo in relazione all’ambiente e al sé, le due fotografe Rachel Feinstein e Leah DeVun pongono la donna in stretto contatto con la sfera sociale che oggi abita. Feinstein affronta il tema universalmente, ragionando sul patriarcato e sullo spazio che le donne occupano nella società odierna. Ancora di più, la fotografa riflette sul modo in cui le donne vengono viste e rappresentate dallo sguardo maschile, facendo un particolare riferimento alla cinematografia degli anni Quaranta e Cinquanta, nel quale la condizione casalinga era particolarmente evidente. In questo senso, Rachel gioca su questi elementi, inserendo nei suoi scatti oggetti legati alla sfera femminile – quali il ferro da stiro, i tacchi, il tacchino arrosto su una tavola imbandita – ed esalta la condizione di reclusione domestica. La sua intenzione è quella di creare un disagio negli occhi di chi guarda, con l’obiettivo «di portare l’attenzione sui piccoli momenti che costituiscono l’esperienza femminile più ampia e di incoraggiare conversazioni che ispirino il cambiamento.»

Rachel Feinstein

Leah DeVun, invece, sceglie di rappresentare un gruppo specifico di donne che da questo tipo di società ha scelto di evadere. Sono i gruppi di donne lesbiche che, in particolare negli anni Settanta e Ottanta, ma anche oggi, hanno deciso di formare comunità utopiche e rivoluzionarie per portare avanti la liberazione del genere femminile. La ricerca di DeVun è volta a riscoprire queste comunità, taciute e nascoste, che costituiscono luoghi di grande creatività e cultura. «La visibilità è fondamentale per qualsiasi comunità, ma le lesbiche hanno subìto molte cancellazioni storiche e mancanza di rappresentazione» – afferma Leah DeVun, aggiungendo – «non vediamo abbastanza immagini di lesbiche o non conosciamo la storia delle lesbiche. Nelle comuni, le donne fotografe cercavano di contrastare questa invisibilità creando le loro immagini della vita lesbica, e anch’io sto cercando di farlo con il mio lavoro.»

Leah DeVun

Seguendo il fil rouge che unisce le quattro protagoniste di questo testo, si scoprono altrettanti artisti che oggi scelgono di affrontare discorsi considerati ostici e complessi, con l’intenzione di svicerarli fino a ridurli all’osso. Per cucirli, dunque, all’interno del tessuto della normalità, per non considerarli più temi altri, ma parte dell’ordinario flusso sociale.

Despina Mikoniati

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Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda

Come le fotografie di Celine Van Heel intercettano la fotografia di moda

Anna Frattini · 7 ore fa · Photography

Nel mondo della fotografia di moda, dove la perfezione e la giovinezza vengono spesso messe al primo posto, Celine van Heel si distingue come una fotografa che abbraccia l’autenticità e l’unicità. Nata ad Atene e di origine spagnola e olandese, il viaggio di Celine nella fotografia è iniziato solo tre anni fa, ispirata da suo nonno che a 91 anni è anche diventato uno dei suoi soggetti. La sua bravura nel catturare momenti estremi ed esagerati l’ha portata a realizzare immagini che sfidano le norme convenzionali della fotografia di moda per come la conosciamo. Ma come si intrecciano le fotografie di Celine Van Heel con la fotografia di moda?

La magia degli scatti di Celine van Heel sta sicuramente nella sua visione distintiva che celebra individualità e inclusività. Il percorso di Celine nel mondo della fotografia ha preso una svolta a partire dalla sua avventura con “The Spanish King”, un account Instagram dove decide di condividere fotografie che ritraggono suo nonno come modello. Attraverso questo approccio, la fotografa ha iniziato un viaggio alla scoperta della bellezza delle rughe e dell’invecchiamento, dimostrando come l’età non dovrebbe mai essere un fattore limitante, neanche nella fotografia

Gli scatti di Celine non potevano che essere notati da prestigiose riviste come Vogue, GQ e L’Officiel. Queste collaborazioni dimostrano che modelli non convenzionali possono lanciare messaggi altrettanto potenti e ispirare cambiamenti all’interno di un settore così complesso come quello della moda. Celine crede nell’uso della fotografia di moda come strumento utile al cambiamento, incoraggiando l’industria a ridefinire i suoi standard e ad abbracciare la diversità, indipendentemente dall’età o dall’aspetto dei modelli. 

Il processo creativo di Celine Van Heel si intreccia con la fotografia di moda in modo autentico, liberatorio e d’impatto. La sua decisione di presentare suo nonno come modello sfida le nozioni di bellezza ed età all’interno del settore. Attraverso il suo lavoro, incoraggia la moda ad abbracciare diversità e unicità, fornendo agli individui tutti gli strumenti per sentirsi a proprio agio nella propria pelle. Con il suo audace uso del colore e dell’estro creativo, le immagini di Celine vanno oltre la fotografia di moda convenzionale, trasformandola in una forma d’arte vera e propria.

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Courtesy Celine Van Heel

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Cinque foto scattate al momento giusto

Cinque foto scattate al momento giusto

Collater.al Contributors · 5 giorni fa · Photography

Il tempismo è tutto. Lo sanno bene i fotografi street che passano ore ad aspettare il momento giusto per realizzare uno scatto sensazionale. Per creare una composizione che agli occhi del pubblico potrebbe sembrare “fortunata” e casuale. In realtà, dietro questi scatti c’è uno straordinario sincronismo tra occhio, mente e macchina fotografica. Oggi abbiamo selezionato cinque scatti per esplorare l’abilità di questi fotografi, testimoniando come abbiano saputo cogliere istanti fugaci che trasformano una semplice immagine in una storia senza tempo.

#1 Lorenzo Catena

© Lorenzo Catena

#2 Dimpy Bhalotia

© Dimpy Bhalotia

#3 Giuseppe Scianna

© Giuseppe Scianna

#4 Federico Verzi

© Federico Verzi

#5 Andrea Torrei

© Andrea Torrei

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Selezione di Andrés Juan Suarez

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