Alcuni studi condotti dal progetto di ricerca Small Arms Survey dicono che la metà di tutte le armi da fuoco possedute da cittadini privati nel mondo si trovano negli Stati Uniti. La notizia della strage di Uvalda, in Texas, unita alle tante manifestazioni di violenza legata all’uso improprio di armi a cui siamo abituati, specialmente in America, fanno si che il fenomeno della detenzione libera di armi venga visto con paura. Che si tratti di un fatto culturale o qualunque altro motivo non importa, molti cittadini americani collezionano armi e ne posseggono in grande quantità, mostrando con successo il proprio arsenale, come nel caso della serie fotografica “Ameriguns“, scattata da Gabriele Galimberti e con la quale ha vinto nel 2021 il World Press Photo, nella categoria “Portrait Stories”.
La serie “Ameriguns” racconta bene lo stile del fotografo toscano che dopo una carriera scattando foto commerciali ha scelto di girare il mondo dedicandosi a reportage e documentari a lungo termine. La ricerca ruota intorno alle persone che abitano le diverse mete, esasperandone i tratti culturali e le storture.
Negli scatti di Gabriele Galimberti si vedono famiglie e persone comuni posare con un numero di armi da fuoco che supera di gran lunga quelle che giustificherebbero il possesso per scopi sportivi, o per legittima difesa. Secondo recenti report negli Stati Uniti ci sono 393 milioni di pistole per 328 milioni di persone, e il possesso è giustificato dal secondo emendamento, che protegge il diritto a possedere armi, per difesa contro criminali locali e invasori stranieri e per scoraggiare il crimine.
Il quadro quotidiano raccontato nella serie si avvolge di una patina grottesca, dalle case lussuose in cui le armi vengono illuminate dai fanali di auto sportive alle case della prateria imbottite di polvere da sparo, “Ameriguns” è una bellissima serie che racconta l’America, come l’abbiamo già vista.