Serve una buona dose di empatia e mimesi con le figure umane che ci circondano per avvertire l’urgenza di sperimentare con il fotogiornalismo. Questo bisogno è ciò che ha spinto Giuseppe Scianna nei suoi primi progetti fotografici, prima di intraprendere un viaggio in lungo e in largo, partendo dalla Sicilia, regione nella quale è nato.
Da Partinico (PA) fino a Catania, fin dall’età di quattordici anni ha iniziato a frequentare circoli di fotografia, realizzando progetti a medio-lungo termine che prolungassero quel desiderio quasi infantile di voler raccontare e sentire raccontate le storie di persone e di luoghi che non ci sono più.

“Sono un nomade” dice il fotografo raccontando il suo progetto e spiegando l’urgenza di non piantare radici. Per conoscere le storie di questi mondi, Giuseppe Scianna ha viaggiato e soggetti ritratti sembrano alternare l’idea di immobilità, di un tempo dilatato, con la leggerezza di un momento veloce e irripetibile, come un tuffo da una scogliera fino a dentro al Mar Mediterraneo.
Tutta la produzione di Scianna ha l’obiettivo di regalare una pagina della propria storia personale ai luoghi che visita. La linea del mare è un orizzonte ricorrente, come a segnalare l’idea che non ci sia un vero confine di tempo, che non ci sia nemmeno un vero confine geografico. Se vivi su un’isola, forse, questa consapevolezza può fare tutta la differenza del mondo.










