In attesa di scoprire tutti i vincitori delle statuette 2022, Collater.al ha chiesto alla makeup coach Nina Viola Maggiorani di analizzare tutti e cinque i film candidati in questa edizione, partendo da un singolo personaggio. Da Jared Leto a Emma Stone, da Dune a Cruella, Nina Viola ha segnalato alcune curiosità dei makeup candidati e del motivo per cui sono i migliori visti a Hollywood nell’ultimo anno.
HOUSE OF GUCCI – JARED LETO
È Göran Lundström, assistito da un’italianissima Federica Castelli, a realizzare i makeup di Jared Leto, abituato a calarsi nella parte sfruttando modificazioni corporee o indossando protesi (vedi: Suicide Squad, Mr. Nobody e Dallas Buyers Club). Era impossibile ricreare una copia del tutto identica di Paolo Gucci e in questi casi capita di restare imbrigliati nell’idea di creare un manufatto artistico, che dunque appaia solo bellissimo, quando invece la verosimiglianza si ottiene meglio attraverso i difetti.
In questo makeup i pezzi di silicone per modificare il naso, la zona del collo e della mandibola/guance sono otto in totale e hanno uno spessore dovuto al fatto che la fisionomia di Leto è più geometrica e per arrotondarla verso Paolo Gucci hanno dovuto creare protesi massicce.

La calotta è fatta in tre pezzi, non la procedura standard ma l’unico metodo possibile non potendo inizialmente fare affidamento sulla presenza dell’attore per il test e vista anche la quantità di capelli di Leto che rendevano la testa enorme. Anna Carin ha scelto l’opzione che si usa anche per la calotta su attrici con capelli molto lunghi: infilarli nei vestiti, coprendo la parte che esce con la parrucca e con un pezzo di silicone che simula il retro del collo direttamente attaccato alla calotta.
Ovviamente in questa pellicola nessun altro attore indossa makeup prostetico, quindi c’era la concreta possibilità che Leto potesse risultare strano, o ridicolo. La scelta è stata davvero azzardata e, per quanto Paolo Gucci non sia volto familiare, il risultato quasi parodistico mi ha leggermente infastidita.

DUNE – STELLAN SKARSGÅRD
L’head del makeup department, Donald Mowat, è il mio vincitore. Avendo già collaborato con Villeneuve e lavorato su progetti dal sapore più noir come Nocturnal Animals, Blade Runner 2049, 007: Skyfall e Millenium, non avevo dubbi che sarebbe stato in grado di rendere omaggio a un’atmosfera complessa come quella di Dune e, per farlo, si è avvalso nuovamente, come già per Millenium, degli artisti svedesi Love Larson e Eva Von Bahr e del loro studio The Makeup Designer.
Le ispirazioni sono state la struttura ossea del gorilla, la mimica di Marlon Brando e i colori del Doctor Moreau.

La trasformazione richiedeva sette ore per ogni applicazione. Che partiva dal silicone su volto collo e mani, per un totale di nove pezzi. Skarsgaard indossava la tuta refrigerante che occorre sempre in queste circostanze e subito dopo un’altra struttura imbottita con pads che replicava la forma dei muscoli e delle zone dell’adipe, infine la pelle, creata con una schiuma di lattice. Il risultato è stato impeccabile, la tuta grazie a un primo strato di imbottitura e alla pelle prostetica in foam latex, assorbiva il pigmento, ottenendo un effetto vischioso e molto simile a quello di una torba, utile a rendere il personaggio ancora più mostruoso.
Paul e la madre Rebecca invece hanno uno sviluppo estetico inverso durante il film, Paul matura e lo si vede nella durezza dei tratti, sicuramente enfatizzati dalle ombre del makeup, mentre Rebecca si libera delle costrizioni di Casa Atreides e appare ringiovanita. Una scelta stilistica coerente con la trama.

THE EYES OF TAMMY FAYE – JESSICA CHASTAIN
La head of makeup Linda Dowds collabora con Jessica Chastain dal 2011 ed è affiancata dal professionista degli FX Justin Raleigh, il quale ha dichiarato che il totale dei set di prosthetics per tutta la durata delle riprese si aggira intorno ai 90 pezzi.
Il makeup occhi sono stati il primo step di applicazione, seguito dal prosthetics, poi perfezionate nel blending con la base della Dowds e infine parrucche, abiti e per ultime le unghie. Anche la scelta dei prodotti usati non è scontata, non i soliti adoperati per la pelle nuda, avendo la Chastain numerose protesi.

La pellicola attraversa circa quattro decadi, quindi era importante sviluppare il makeup seguendo anche i trend e la moda delle varie epoche. Per le scene dagli anni ’60 a inizio ‘80 vengono utilizzate protesi alle guance leggere, un piccolo blender per il mento e un piccolo nose lift. Dal 1985 guance intere, collo, un chin blender diverso e più tondo, con l’aggiunta del labbro superiore alla protesi lift per il naso. Per gli anni ’90 è inserito all’interno del makeup anche l’originale tattoo per sopracciglia e il contorno labbra della vera Tammy Faye, che è particolarmente difficile da rendere con il makeup. Credo che siano state cucite delle sopracciglia più rade e corte e trasparenti all’interno della protesi e che siano poi state coperte con un tratto di matita che ricordasse l’inchiostro del tattoo.
Lo sviluppo cromatico segue la parabola discendente del personaggio, si parte con colori molto soft, che poi si incupiscono e seguono anche le ciglia, che piano piano diventano più cariche di mascara, incrostato con effetto ragno sulle ciglia finte, che sancisce poi la caduta finale dell’impero di Tammy Faye. Quello che trovo interessante di questa pellicola è lo scarso ricorso ai software di invecchiamento e al blurring delle luci per il ringiovanimento. L’Oscar sarebbe più che meritato.

CRUELLA – EMMA STONE
Il makeup per Cruella è l’unico che, al di là di eventuali ferite e lividi per le parti action, non presenta prosthetics. Nadia Stacey, porta all’interno della pellicola la sua ispirazione al barocco e al Rococò Dior di Galliano, che vediamo nella scena finale, quando Cruella ha il suo confronto con la Baronessa (non dimentichiamoci che sono suoi i makeup per La Favorita).
Ci sono riferimenti alla Union Jack e agli smokey eyes di Camden Town, la protagonista necessita di questo makeup ancora di più rispetto agli outfit, è così che passa da essere Estella a Cruella.
La maschera del ballo è composta da due strutture in resina leggera con incastonate pietre e piume, attaccate nella zona delle occhiaie, mentre il resto è composto dagli stessi applique, ma incollati direttamente alla pelle di Emma Stone.
Difficile da notare in pellicola, ma se date un’occhiata ai close up noterete che il volto è cosparso di polvere bianca, più simile dunque alle abitudini cosmetiche del 1700 che alla nostra cipria.

L’impianto del makeup occhi si sviluppa tutto in orizzontale e verso l’esterno, per rendere lo sguardo più intenso e cattivo, una sfida vista la struttura ossea di Emma Stone, molto delicata e dagli occhi rotondi.
I look di Cruella hanno avuto la sfortuna di uscire in un momento in cui il mondo del makeup era fiaccato e impigrito dalla pandemia e quindi non hanno avuto l’outcome che si meritavano o che hanno avuto quelli di Euphoria, che provengono dalla stessa radice stilistica, ma si evolvono con meno ampiezza.

COMING 2 AMERICA – EDDIE MURPHY
Questa pellicola non è solo un sequel delle vicende del primo film, ma è anche un passaggio di testimone tra un grande artista degli FX e il suo successore. È provvidenziale che il sequel sia affidato a Mike Marino, allievo di Rick Baker.
Ovviamente il personaggio più complicato è quello di Saul, un ebreo bianco, che quindi ha fisionomia caucasica e fototipo opposto rispetto a Eddie Murphy. La maschera è realizzata in silicone, l’applicazione inizia con il retro del cranio (fortunatamente Murphy ha i capelli rasati) che viene poi unito con solventi alla parte del petto e del collo. Poi si passa al volto, vengono applicati naso e labbro superiore in un pezzo unico e successivamente guance e zigomi arrivando fino alle tempie.

Le macchie e la texture della pelle sono realizzate a pennello con quelli che in gergo si chiamano skin illustrator, ovvero quelle shade fondamentali da avere per poter ricreare le discromie naturali della pelle. Fortuna di Mike Marino è stata anche quella di collaborare con un attore abituato ai prosthetics, aiutato dalle tecniche di regia che si sono affinate. I personaggi sono stati inseriti in motion control, con una definizione dell’immagine molto più alta rispetto al primo film.
Marino – che comunque ha alle spalle Birdman, Il Cigno Nero e dopo si è cimentato col nuovo Batman – non ha deluso, anche grazie a Carla Farmer e Stacey Morris dell’hair department.
