Guida ai makeup candidati agli Oscar 2022

Guida ai makeup candidati agli Oscar 2022

Tommaso Berra · 1 anno fa · Art, Design

In attesa di scoprire tutti i vincitori delle statuette 2022, Collater.al ha chiesto alla makeup coach Nina Viola Maggiorani di analizzare tutti e cinque i film candidati in questa edizione, partendo da un singolo personaggio. Da Jared Leto a Emma Stone, da Dune a Cruella, Nina Viola ha segnalato alcune curiosità dei makeup candidati e del motivo per cui sono i migliori visti a Hollywood nell’ultimo anno.

HOUSE OF GUCCI – JARED LETO

È Göran Lundström, assistito da un’italianissima Federica Castelli, a realizzare i makeup di Jared Leto, abituato a calarsi nella parte sfruttando modificazioni corporee o indossando protesi (vedi: Suicide Squad, Mr. Nobody e Dallas Buyers Club). Era impossibile ricreare una copia del tutto identica di Paolo Gucci e in questi casi capita di restare imbrigliati nell’idea di creare un manufatto artistico, che dunque appaia solo bellissimo, quando invece la verosimiglianza si ottiene meglio attraverso i difetti.
In questo makeup i pezzi di silicone per modificare il naso, la zona del collo e della mandibola/guance sono otto in totale e hanno uno spessore dovuto al fatto che la fisionomia di Leto è più geometrica e per arrotondarla verso Paolo Gucci hanno dovuto creare protesi massicce.

La calotta è fatta in tre pezzi, non la procedura standard ma l’unico metodo possibile non potendo inizialmente fare affidamento sulla presenza dell’attore per il test e vista anche la quantità di capelli di Leto che rendevano la testa enorme. Anna Carin ha scelto l’opzione che si usa anche per la calotta su attrici con capelli molto lunghi: infilarli nei vestiti, coprendo la parte che esce con la parrucca e con un pezzo di silicone che simula il retro del collo direttamente attaccato alla calotta.
Ovviamente in questa pellicola nessun altro attore indossa makeup prostetico, quindi c’era la concreta possibilità che Leto potesse risultare strano, o ridicolo. La scelta è stata davvero azzardata e, per quanto Paolo Gucci non sia volto familiare, il risultato quasi parodistico mi ha leggermente infastidita.
 

make-up | Collater.al

DUNE – STELLAN SKARSGÅRD

L’head del makeup department, Donald Mowat, è il mio vincitore. Avendo già collaborato con Villeneuve e lavorato su progetti dal sapore più noir come Nocturnal Animals, Blade Runner 2049, 007: Skyfall e Millenium, non avevo dubbi che sarebbe stato in grado di rendere omaggio a un’atmosfera complessa come quella di Dune e, per farlo, si è avvalso nuovamente, come già per Millenium, degli artisti svedesi Love Larson e Eva Von Bahr e del loro studio The Makeup Designer.
Le ispirazioni sono state la struttura ossea del gorilla, la mimica di Marlon Brando e i colori del Doctor Moreau

make-up | Collater.al

La trasformazione richiedeva sette ore per ogni applicazione. Che partiva dal silicone su volto collo e mani, per un totale di nove pezzi. Skarsgaard indossava la tuta refrigerante che occorre sempre in queste circostanze e subito dopo un’altra struttura imbottita con pads che replicava la forma dei muscoli e delle zone dell’adipe, infine la pelle, creata con una schiuma di lattice. Il risultato è stato impeccabile, la tuta grazie a un primo strato di imbottitura e alla pelle prostetica in foam latex, assorbiva il pigmento, ottenendo un effetto vischioso e molto simile a quello di una torba, utile a rendere il personaggio ancora più mostruoso.
Paul e la madre Rebecca invece hanno uno sviluppo estetico inverso durante il film, Paul matura e lo si vede nella durezza dei tratti, sicuramente enfatizzati dalle ombre del makeup, mentre Rebecca si libera delle costrizioni di Casa Atreides e appare ringiovanita. Una scelta stilistica coerente con la trama
.

make-up | Collater.al

THE EYES OF TAMMY FAYE – JESSICA CHASTAIN

La head of makeup Linda Dowds collabora con Jessica Chastain dal 2011 ed è affiancata dal professionista degli FX Justin Raleigh, il quale ha dichiarato che il totale dei set di prosthetics per tutta la durata delle riprese si aggira intorno ai 90 pezzi.
Il makeup occhi sono stati il primo step di applicazione, seguito dal prosthetics, poi perfezionate nel blending con la base della Dowds e infine parrucche, abiti e per ultime le unghie. Anche la scelta dei prodotti usati non è scontata, non i soliti adoperati per la pelle nuda, avendo la Chastain numerose protesi.

make-up | Collater.al

La pellicola attraversa circa quattro decadi, quindi era importante sviluppare il makeup seguendo anche i trend e la moda delle varie epoche. Per le scene dagli anni ’60 a inizio ‘80 vengono utilizzate protesi alle guance leggere, un piccolo blender per il mento e un piccolo nose lift. Dal 1985 guance intere, collo, un chin blender diverso e più tondo, con l’aggiunta del labbro superiore alla protesi lift per il naso. Per gli anni ’90 è inserito all’interno del makeup anche l’originale tattoo per sopracciglia e il contorno labbra della vera Tammy Faye, che è particolarmente difficile da rendere con il makeup. Credo che siano state cucite delle sopracciglia più rade e corte e trasparenti all’interno della protesi e che siano poi state coperte con un tratto di matita che ricordasse l’inchiostro del tattoo

Lo sviluppo cromatico segue la parabola discendente del personaggio, si parte con colori molto soft, che poi si incupiscono e seguono anche le ciglia, che piano piano diventano più cariche di mascara, incrostato con effetto ragno sulle ciglia finte, che sancisce poi la caduta finale dell’impero di Tammy Faye. Quello che trovo interessante di questa pellicola è lo scarso ricorso ai software di invecchiamento e al blurring delle luci per il ringiovanimento. L’Oscar sarebbe più che meritato.

make-up | Collater.al

CRUELLA – EMMA STONE

Il makeup per Cruella è l’unico che, al di là di eventuali ferite e lividi per le parti action, non presenta prosthetics. Nadia Stacey, porta all’interno della pellicola la sua ispirazione al barocco e al Rococò Dior di Galliano, che vediamo nella scena finale, quando Cruella ha il suo confronto con la Baronessa (non dimentichiamoci che sono suoi i makeup per La Favorita).
Ci sono riferimenti alla Union Jack e agli smokey eyes di Camden Town, la protagonista necessita di questo makeup ancora di più rispetto agli outfit, è così che passa da essere Estella a Cruella.
La maschera del ballo è composta da due strutture in resina leggera con incastonate pietre e piume, attaccate nella zona delle occhiaie, mentre il resto è composto dagli stessi applique, ma incollati direttamente alla pelle di Emma Stone.
Difficile da notare in pellicola, ma se date un’occhiata ai close up noterete che il volto è cosparso di polvere bianca, più simile dunque alle abitudini cosmetiche del 1700 che alla nostra cipria.

make-up | Collater.al

L’impianto del makeup occhi si sviluppa tutto in orizzontale e verso l’esterno, per rendere lo sguardo più intenso e cattivo, una sfida vista la struttura ossea di Emma Stone, molto delicata e dagli occhi rotondi.
I look di Cruella hanno avuto la sfortuna di uscire in un momento in cui il mondo del makeup era fiaccato e impigrito dalla pandemia e quindi non hanno avuto l’outcome che si meritavano o che hanno avuto quelli di Euphoria, che provengono dalla stessa radice stilistica, ma si evolvono con meno ampiezza.

make-up | Collater.al

COMING 2 AMERICA – EDDIE MURPHY

Questa pellicola non è solo un sequel delle vicende del primo film, ma è anche un passaggio di testimone tra un grande artista degli FX e il suo successore. È provvidenziale che il sequel sia affidato a Mike Marino, allievo di Rick Baker.
Ovviamente il personaggio più complicato è quello di Saul, un ebreo bianco, che quindi ha fisionomia caucasica e fototipo opposto rispetto a Eddie Murphy. La maschera è realizzata in silicone, l’applicazione inizia con il retro del cranio (fortunatamente Murphy ha i capelli rasati) che viene poi unito con solventi alla parte del petto e del collo. Poi si passa al volto, vengono applicati naso e labbro superiore in un pezzo unico e successivamente guance e zigomi arrivando fino alle tempie
.

make-up | Collater.al

Le macchie e la texture della pelle sono realizzate a pennello con quelli che in gergo si chiamano skin illustrator, ovvero quelle shade fondamentali da avere per poter ricreare le discromie naturali della pelle. Fortuna di Mike Marino è stata anche quella di collaborare con un attore abituato ai prosthetics, aiutato dalle tecniche di regia che si sono affinate. I personaggi sono stati inseriti in motion control, con una definizione dell’immagine molto più alta rispetto al primo film.
Marino – che comunque ha alle spalle Birdman, Il Cigno Nero e dopo si è cimentato col nuovo Batman – non ha deluso, anche grazie a Carla Farmer e Stacey Morris dell’hair department.

make-up | Collater.al
Guida ai makeup candidati agli Oscar 2022
Art
Guida ai makeup candidati agli Oscar 2022
Guida ai makeup candidati agli Oscar 2022
1 · 11
2 · 11
3 · 11
4 · 11
5 · 11
6 · 11
7 · 11
8 · 11
9 · 11
10 · 11
11 · 11
La fotografia eterea di Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin

Giorgia Massari · 3 giorni fa · Photography

“Ci sono ipotesi diverse su come siamo venuti al mondo, c’è chi dice dagli animali come conseguenza dell’evoluzione della specie e c’è chi dice per mano di Dio, ma di certo sappiamo che quando lasceremo questo pianeta, ciò che resterà di noi sarà solo polvere.” con queste parole il fotografo italiano Matteo Zanin (1986) riflette sul nostro destino attraverso una serie di scatti di nudo artistico. La polvere, le briciole, i detriti, le ceneri sono il punto di partenza del suo progetto fotografico POLVERE in cui la materia naturale e il corpo umano diventano una cosa sola.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

In un’ambiente arido, privo di vegetazione, una donna nuda, dall’aspetto candido e leggero vaga nel desertico paesaggio, mimetizzandosi e amalgamandosi ad esso. “La donna è l’essere vivente che più si avvicina alla natura, perché come lei è l’unica che può creare un’altra vita.” riflette Zanin.

Gli scatti appartengono ad una sfera eterea, che rimanda lo spettatore ad uno scenario quasi apocalittico. L’ultima donna sul pianeta, una ninfa solitaria, in cerca di acqua, di una fonte di vita. Con il tempo il suo corpo si congiunge alla natura, fino a diventare parte della stessa. Contorcendosi imita le sue forme, abbracciandola le dimostra il suo amore.

La passione per la Street photography e il suo approccio cinematografico, oltre alla sua esperienza nel campo della moda, emergono particolarmente nella serie POLVERE, capace di riassumere l’identità artistica di Matteo Zanin e di restituire una serie di sentimenti contrastanti. La natura può dare ma può anche togliere.

Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al
Matteo Zanin Polvere | Collater.al

Courtesy and credits Matteo Zanin

La fotografia eterea di Matteo Zanin
Photography
La fotografia eterea di Matteo Zanin
La fotografia eterea di Matteo Zanin
1 · 8
2 · 8
3 · 8
4 · 8
5 · 8
6 · 8
7 · 8
8 · 8
Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America

Anna Frattini · 4 giorni fa · Photography

Classe 1980, J. Jason Chambers è un fotografo americano che racconta l’America attraverso i suoi scatti, viaggiando di stato in stato e ispirandosi al New Topographics Movement. Scorrendo fra gli scatti del fotografo sembra di vedere un’America molto diversa da quella che ci immaginiamo. Insegne al neon luminose, stazioni di servizio e vecchie automobili sospese in un’atmosfera quasi cinematografica. Chambers sembra essere in continuo movimento, dalla California fino a Wall Street passando per il deserto. Le fotografie scattate a New York fanno da contraltare alle suggestioni desertiche del New Mexico e ai panorami texani di Marfa.

La riflessione di J. Jason Chambers su una nuova topografia influenzata dall’uomo si ispira a una mostra risalente al 1975 a Rochester, New Topographics. In questa occasione furono esposti 10 fotografi alle prese con l’arrivo del Concettualismo e del Minimalismo nella fotografia degli anni ’70. Il SFMoMA, nel 2010, ha deciso di riportare in vita questa mostra rivelando il ponte pre-esistente fra il mondo dell’arte contemporanea e quello della fotografia.

Il punto di incontro fra la fotografia di J. Jason Chambers e New Topographics sta nel rapporto fra l’uomo e l’ambiente. Stazioni di servizio, motel o parcheggi fanno ormai parte del nostro immaginario quando si parla di paesaggistica così oggi come negli anni ’70.

J. Jason Chambers

Per scoprire altri scatti di J. Jason Chambers qui il suo profilo Instagram.

Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
Photography
Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
Le fotografie di J. Jason Chambers raccontano l’America
1 · 7
2 · 7
3 · 7
4 · 7
5 · 7
6 · 7
7 · 7
Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain

Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Non possiamo dare niente e nessuno per scontato. Celebriamo ciò che di bello ci da la vita. Attraversiamo i momenti difficili e rimaniamo in piedi”. Con questa parole entriamo a contatto con la poetica del fotografo basco Andoni Beristain che, con oggetti semplici e paesaggi colorati omaggia la bellezza della vita. Le sue origini basche sono fondamentali nella sua ricerca e particolarmente evidenti nella sua estetica. Nelle sue fotografie still life, emerge la sua visione personale della vita: colorata, ottimista e ironica. 

Con questa serie di scatti di Andoni Beristain che vi proponiamo oggi, evochiamo l’estate in arrivo e la voglia di tutti di spensieratezza. Ma, nonostante i colori caldi, il mare, la spiaggia ed elementi come le sedie in plastica e i ventilatori, che immediatamente rimandano al periodo estivo, una certa nostalgia si cela dietro questi scatti. La leggerezza estiva è accompagnata da una vena di solitudine. Una sedia è sola in mare. Un gioco è trasportato dalle onde. Un uovo è appeso al sole. Un uomo galleggia solo nel mare. Tutte scene solitarie, che richiamano un certo senso di abbandono. Probabilmente, con questi scatti Andoni sceglie di richiamare alla mente il dualismo tipico dell’estate, da una parte la desideriamo ma dall’altra non riusciamo mai a godercela. Ed ecco che ritorna la frase di Beristain e la sua volontà di insegnarci ad assaporare il momento, ad essere in grado di condurre la classica slow life, oggi sempre più difficile da attuare.

Andoni Beristain | Collater.al
Andoni Beristain | Collater.al
Andoni Beristain | Collater.al
Andoni Beristain | Collater.al
Andoni Beristain | Collater.al

Courtesy Andoni Bernstein

Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain
Photography
Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain
Voglia d’estate con gli scatti di Andoni Beristain
1 · 9
2 · 9
3 · 9
4 · 9
5 · 9
6 · 9
7 · 9
8 · 9
9 · 9
Il cibo pixelato di Yuni Yoshida

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida

Giulia Pacciardi · 1 settimana fa · Photography

I pixel sono gli elementi più piccoli che costituiscono un’immagine, talmente minuscoli e numerosi da non poter essere visti ad occhio nudo.
Anzi, quando si vedono, non è affatto un buon segno.
In tutti i casi tranne uno, ossia, quando diventano protagonisti di un progetto.

È questo il caso di Pixelated, delle fotografie firmate dall’Art Director giapponese Yuni Yoshida in cui cibo e pietanze vengono sezionate in tanti quadrati perfetti che riprendono i colori degli ingredienti, della buccia o della polpa.
Una serie di immagini surrealiste ed attraenti che speriamo diventino molte di più di quante sono ora.

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 1 Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 2 Il cibo pixelato di Yuni Yoshida | Collater.al 3

Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
Photography
Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
Il cibo pixelato di Yuni Yoshida
1 · 3
2 · 3
3 · 3