Poche ed essenziali domande a Maurizio Strippoli, fotografo freelance milanese, desideroso di farvi accomodare nella dimensione onirica dei suoi scatti.
– Ciao Maurizio, da quanto tempo fotografi?
– Ciao! Fotografo da circa quattro o cinque anni.
– Come hai cominciato?
– Avevo la necessità di esprimermi liberamente senza i vincoli che il mio lavoro, seppur creativo, spesso impone. Ho trovato nella fotografia un ottimo mezzo per fare questo.
– Quali macchine fotografiche utilizzi al momento?
– Ricoh GXR e Polaroid SX70, al momento sono le due macchine che uso di più.
– Ritocchi mai le tue foto?
– Penso sia impossibile non postprodurre una fotografia digitale. Vivo il file che esce dalla macchina fotografica come qualcosa di non ancora completo e pronto per essere stampato o pubblicato.
– I tuoi scatti sanno di solitudine e malinconia, gli esseri umani sono perlopiù assenti, e quando appaiono sembrano quasi dei fantasmi. E’ questa la sensazione che vuoi dare o sto dicendo un sacco di cazzate?
– No, è esattamente questa la sensazione che voglio trasmettere! Le assenze, le presenze inquiete, le dimensioni oniriche, le memorie… sono tutti temi che mi affascinano e di conseguenza mi portano a continue ricerche. Vorrei riuscire a sviluppare una mia personale visione interpretativa nei progetti che costruisco intorno a questi soggetti.
– Il tuo scatto preferito (se ne hai uno)?
– In questo periodo mi piace molto tutto il lavoro di Rebecca Cairns.
– Sei un nostalgico dell’analogico o credi nelle nuove tecnologie?
– Dipende dai progetti. Non disdegno il digitale ma l’analogico ha un fascino incredibile, soprattutto le polaroid con i loro difetti e la loro unicità. Penso che, per quello che ho intenzione di fare in futuro, l’analogico sia l’unica strada percorribile.
– Cosa ne pensi del fatto che oggi tutti sono (leggi “si sentono”) fotografi (leggi “in grado di fare fotografie”)? Credi basti il vero talento per distinguersi dai tanti o serve qualcosa in più?
– Il bombardamento di fotografie a cui siamo sottoposti, senza un’adeguata educazione visiva che fornisca i corretti strumenti di lettura, destabilizza la nostra capacità di guardare e giudicare un’immagine. Di conseguenza emergere sarà sempre più difficile, ma mi piace pensare che ci sia ancora spazio, che chi ha talento prima o poi verrà apprezzato e riconosciuto per quello che fa.
– Grazie per le risposte e complimenti, davvero.