Neppure stavolta James Blake ha scritto un brano bello quanto Retrograde.
Eppure da Overgrown ad Assume Form sono passati sei anni, Blake ha pubblicato un altro album (The Colour In Anything) e collaborato con artisti lanciatissimi come Frank Ocean, Kendrick Lamar, André 3000 e Travis Scott.
Questi anni gli sono serviti a confermarsi come uno dei producer più interessanti al mondo, a perfezionare le sue sintesi elettroniche, a sviscerare uno ad uno i suoi momenti di dolore cieco tanto da guadagnarsi il titolo non richiesto di “sad boy” della musica contemporanea.
Non si può dire, certo, che sia un felicione perché l’universo sonoro che lo ha contraddistinto fino ad ora è fatto di melodie dolorosissime, megafono di conflitti interiori che abbiamo ascoltato per anni, commossi, impotenti e partecipi di quello stesso dolore.
E ancora c’è qualcuno che al quarto album ha la forza di scrivere: “sto ascoltando il nuovo album di James Blake e voglio morire”.
Beh, chiaro. Hai mica messo play all’ultimo di Alvaro Soler.
James Blake è in quella schiera di artisti di cui fanno parte tipo anche Bon Iver, Damien Rice, Giovanni Truppi che ascolti quando vuoi soffrire. Quando vuoi soffrire bene.
Il problema è che con quest’ultimo album non si soffre abbastanza. Si è un po’ persa la magia degli esordi dove anche una cover ci ha fatto gridare al miracolo e credere nell’esistenza di qualcuno che con pochi accordi cristallini di un piano e un falsetto devastante potesse mettere del sale e poi dei punti sutura alle nostre ferite.
L’approccio di Blake alla musica è cambiato perché è cambiato il suo approccio alla vita.
Come ha dichiarato in più interviste e anche su Twitter, Assume Form nasce dall’esigenza di raccontare una nuova linfa vitale
To @jameelajamil I love you and you are the reason this album exists, but now everyone else has it, so I’ll see you at home in 30 mins and we can talk shit about everyone.
— James Blake (@jamesblake) January 19, 2019
Il disco parla di un nuovo Blake che ha trovato l’amore e ha ritrovato anche la fiducia in se stesso. Di un Blake che non se ne frega più niente di quello che pensano di lui gli altri, perché può guardarsi felice allo specchio e danzare col suo ego e le sue ansie.
The world has shut me out
If I give everything I’ll lose everything
Everything is about me
I am the most important thing
And you really haven’t thought all those cyclical thoughts for a while?
Quel Blake un tempo sfocato, lontano e spennellato dei precedenti artwork è diventato un viso fiero e nitido in primo piano, ha preso forma ma ha perso musicalmente fuoco.
In questo nuovo album James Blake si è sporcato, si è lasciato contaminare dal mondo rap e trap per cui ha lavorato nell’ultimo periodo: ritroviamo in Assume Form la magistrale presenza di André 3000 (Where’s the Catch?), il feat meno riuscito di Travis Scott (Mile High), il tocco delicato di Moses Sumney (Tell Them) sulle ariose atmosfere di Metro Boomin e la collabo gipsy alza-hype con Rosalìa (Barefoot In The Park) che incastra il passionale new flamenco dell’artista spagnola con i beat crepuscolari e glaciali di Blake.
Attraverso queste collaborazioni si esplorano nuovi territori, meno genuini rispetto al passato che, in maniera paradossale rispetto al titolo, fanno del disco una massa amorfa di generi e tentativi che non si compattano in una forma assoluta e compiuta.
È come se nell’acquistare sicurezza, nel condividere questa conquista e nel seguire determinate tendenze, Blake avesse perso un po’ del suo autentico candore: lo ritroviamo sempre un maestro eccellente nella produzione che, però, si è spogliato di quell’insicurezza che ci emozionava e che lo rendeva così meravigliosamente Blake.
Fortuna che arrivano brani come Are You in Love?, Don’t Miss It o Lullaby For My Insomniac in cui finalmente possiamo soffrire come cristo comanda e avvolgerci nella stoffa di cui è fatto il vecchio Blake: malinconia profonda, vocoder e piano. Profuma come il maglione che hai rubato all’armadio di lui e porta le tracce di tutte le volte l’hai stretto perché ti è mancato.
È in quel maglione che vogliamo ritornare ogni volta che pubblichi un album nuovo, caro Blake.
Non abbiamo bisogno di fronzoli, a noi basti tu e tutte quelle tue meravigliose sfumature di grigio che hai smesso di dipingere più o meno due album fa.
In breve: torna a farci soffrire bene.