La parola giapponese “monozukuri” significa letteralmente “fabbricare cose”, ed è composta dalle parole “mono” (cosa) e “zukuri” (realizzare, fare, fabbricare). In italiano useremmo la parola artigianato ma in realtà ha un significato più profondo, che comprende anche il concetto di design e quello di estetica.
Questo termine in realtà è relativamente recente, ha poco più di 20 anni, e il professor Takahiro Fujimoto del Manufacturing Management Research Center dell’Università di Tokyo, lo descrive come “arte, scienza e mestiere di fare le cose”.
Il designer Junya Watanabe utilizza spesso la parola “monozukuri” per definire il suo lavoro, è una questione di cultura giapponese dove il termine risulta essere molto specifico.
Dopo l’ultima collaborazione tra Supreme e Junya Watanabe COMME des GARÇONS ho deciso di dedicare un approfondimento a uno dei più influenti designer contemporanei.
Una miscela di studio approfondito, sperimentazione e arte descrivono l’approccio, la filosofia e il lavoro di Junya Watanabe.
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Nato nella città di Fukushima nel 1961, Watanabe ha studiato e si è laureato presso il Bunka Fashion College di Tokyo, nel 1984 ha iniziato la sua carriera di designer come apprendista modellista con Rei Kawakubo in COMME des GARÇONS. La sua prima collezione personale è del 1992, sempre sotto l’etichetta giapponese, e la presentazione si è tenuta all’interno dell’atrio della stazione Ryogoku di Tokyo. La sua prima sfilata donna invece risale al 1993 presentata con uno show a Parigi.


La madre aveva un piccolo negoziato di abiti su misura ma in realtà quella non è stata, a detta sua, la scintilla che lo ha spinto a diventare un designer. Semplicemente è stato un primo approccio inconsapevole a quello che sarebbe diventato il suo mondo.
Il lavoro di Junya Watanabe ha influenzato in maniera permanente il modo in cui le persone pensano alla moda nel suo complesso. Il suo approccio si basa sulla sperimentazione e la rielaborazione di capi tradizionali – come camicie, giacche, gonne, etc. – attraverso costruzioni inedite. In un mondo come quello della moda dei nostri giorni, contraddistinto da reference di altre culture e diversi momenti storici, Watanabe rappresenta un unicum.
L’usuale si trasforma in inconsueto, un mai visto prima.


Una visione innovativa e differente che riguarda sia le forme che i materiali, che re-immagina i capi di uso quotidiano riformandone carattere, caratteristiche e significato.
Uno dei suoi primi punti di riferimento del designer giapponese è stato Pierre Cardin, con le sue forme senza compromessi e l’ossessione per le forme geometriche che caratterizzavano il lavoro del couturier francese, ma si è lasciato influenzare moltissimo anche da Issey Miyake: “Sono stato attratto dal fatto che gli stilisti prima di Miyake, come Dior e i grandi nomi, creavano abiti aderenti. Issey ha sovvertito totalmente questa idea. Questo approccio ha avuto un forte impatto su di me. Di farmi desiderare di creare qualcosa, l’idea di un abbigliamento molto diverso dagli stilisti precedenti”.


“Tutto inizia dentro la mia testa”. Comincio a cercare sequenze di idee che mi interessano. Da lì, trasformo le mie idee in parole. Lavoro insieme ai miei modellisti, cercando di mettere le mie parole in creazione e vederle effettivamente prendere vita. Fotografie, lavori di artisti, qualsiasi cosa che possa sembrare attinente a ciò di cui sto parlando e dopo aver osservato tutti gli elementi visivi, siiinizia a creare”.
In definitiva, Junya Watanabe amplia gli orizzonti della normalità cucendo insieme tradizione, attitudine pionieristica, visione anarchica e approccio ossessivo, caratteristiche che lo hanno reso un faro della nostra contemporaneità.