La nostra intervista a Leo Pari: l’EP “Live at Jedi Sound Studio”

La nostra intervista a Leo Pari: l’EP “Live at Jedi Sound Studio”

Cristiano Di Capua · 1 anno fa · Art

La dimensione del live show è una di quelle cose che continua a mancarci. Ma davvero.
Come un supereroe arriva in nostro aiuto Leo Pari, con il suo EP “Live at Jedi Sound Studio”, disponibile da oggi 15 ottobre su tutti i digital store. L’artista ci regala un respiro di normalità, con 4 pezzi tutti riarrangiati in chiave live.
Una musica intima, in grado di risvegliare la voglia di concerti; ma anche una celata critica pacifista alle istituzioni che continuano, direttamente o indirettamente, a piegare un mercato come quello della musica dal vivo.
Proprio per quest’occasione, Collater.al ha deciso di fare a Leo qualche domanda su questa release, proprio per capire meglio il messaggio che si cela dietro al suo ultimo progetto.

  1. Ascoltando “Live at Jedi Sound Studio” salta subito all’orecchio il mood introspettivo ed intimo che hai voluto rappresentare, quasi come fossero 4 carezze. Come vivi il rapporto tra la figura del cantautore e quella dell’autore, entrambi ruoli che ricopri? 

Per me il ruolo di autore e cantautore sono due facce della stessa medaglia. In realtà è meraviglioso potermi muovere tra queste due “discipline dello stesso sport”, perché quando scrivo pezzi per altri mi posso permettere di dire e di raccontare storie che magari dette da me sarebbero poco credibili, ma che invece cantate da una ragazza giovane o da un interprete maturo sono più adatti. Quando, invece, ritaglio il tempo per scrivere per me faccio sempre attenzione al fatto che le canzoni debbano essere apposta per me e quindi parlare di come mi sento, quello che provo, insomma essere intime e vere.

2. Sei nato a Roma, una città affascinante e unica. Com’è il tuo rapporto con la tua città? Si è evoluto nel tempo o la vedi ancora con gli occhi di quando eri bambino?

No, veramente Roma non la vedo affatto con gli occhi di un bambino. È un posto pieno di problemi che andrebbero risolti molto velocemente, adesso speriamo che le prossime elezioni portino una ventata di aria fresca. È una città che comunque purtroppo continuo ad amare.

3. Nei tuoi pezzi riesci ad esprimerti in maniera semplice ma efficace. Da cosa trai ispirazione per i tuoi brani?

L’ispirazione per i miei brani può essere presa davvero da qualunque cosa. Per dare una risposta riassuntiva prendo ispirazione dalla vita, da quello che mi succede o da quello che vedo succedere agli altri. Ecco molto spesso mi capita di scrivere dei versi ma proprio in maniera quasi automatica, come se mi sentissi obbligato a farlo, in certe situazioni non posso proprio resistere. Quando sento una storia che mi colpisce e che mi tocca emotivamente è lì che mi viene l’ispirazione.

4. Il Covid ha costretto tutti a stringere un rapporto con la propria solitudine. Come hai vissuto quel periodo? Pensi di esserne uscito come una persona migliore, o ha intaccato qualche aspetto della tua persona?

Io ho avuto molta pazienza durante il Covid e poi ho avuto in qualche modo anche la fortuna di “muovermi” perché per lavoro continuavo a girare, quindi non sono stato proprio segregato in casa. Sicuramente questa esperienza mi ha insegnato che è bello apprezzare anche i momenti di lentezza, di meditazione, di riflessione, che spesso nella frenesia della vita di ogni giorno mancano.

5. Siamo contentissimi che finalmente, anche se in modo lento, stanno ricominciando i live show. Abbiamo visto che hai già annunciato qualche tua data. “Live at Jedi Sound Studio” ha al suo interno 4 brani che rimandano alla dimensione dell’esibizione dal vivo, forse proprio per essere più vicino a chi ti segue. Come ci si sente ad essere di nuovo sul palco?

Guarda non so dirtelo perché in realtà devo ancora risalirci sul palco, ma già l’idea che lo farò a breve è molto emozionante. L’aspetto live per la musica almeno per come la concepisco io è fondamentale, è sia un modo per stare vicino alle persone che ti seguono e che hanno piacere ad ascoltarti, ma anche un modo per rivisitare alcune opere che si scrivono, che magari registrate in studio sono fatte in un modo, ma poi dal vivo c’è il piacere e a volte il dovere di sistemarle, arrangiarle e realizzarle in maniera diversa, così come ho fatto in “Live at Jedi Sound Studio”.

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Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti

Giorgia Massari · 6 giorni fa · Photography

Stati come il Perù, la Thailandia, l’India e la Giordania sono spesso sinonimo di vacanza per gli occidentali, Paesi in cui fare viaggi mozzafiato e di cui si conoscono solo due o tre località “da sogno”. Ma ogni nazione conserva la propria identità storica e culturale così come risvolti crudi e drammatici, spesso ignorati. È il caso della Giordania, meta turistica molto in voga negli ultimi anni e associata in primis a Petra, la suggestiva città scavata nella roccia. Ma cos’altro si conosce di questo stato arabo? Come vive il suo popolo? Ce lo racconta in esclusiva il fotografo italiano Federico Feliciotti attraverso una serie di scatti inediti realizzati in Giordania nel febbraio 2023. 

Il viaggio di Feliciotti in Giordania inizia proprio con intenzioni turistiche. Immediatamente però decide di uscire dalle zone più frequentate e scoprire le tradizioni, le abitudini e le condizioni attuali del popolo giordano.
La Giordania è stato il primo paese del medio Oriente che ho visitato. Paesaggi mozzafiato, deserto e città ferme nel tempo. Questo era quello che mi ero sempre immaginato tra una foto e l’altra nel web. Non immaginavo che fosse molto, ma molto di più.” – ci racconta il fotografo – “ad esempio, non sapevo che la Giordania ospitasse rifugiati da circa 20 anni. Parliamo di una popolazione totale composta da dieci milioni di persone, fra cui mezzo milione di siriani rifugiati.

Federico Feliciotti mette il luce gli effetti che la crisi economica e il cambiamento climatico hanno avuto sulla vita del popolo giordano. I suoi scatti racchiudono l’essenza delle persone che ogni giorno si sforzano di sopravvivere, in mancanza di acqua, di cibo e di una casa confortevole in cui abitare. Il velo di nebbia che avvolge alcune fotografie concorre nel creare un’atmosfera drammatica, in altre invece il cielo azzurro e la luce gialla del sole illuminano la composizione, evidenziando la capacità delle persone di apprezzare la vita nonostante le difficoltà. La felicità e la spensieratezza si vede sui volti dei bambini ritratti da Federico: alcuni giocano a pallone in strada, altri lo guardano divertiti.
L’alternanza emotiva che i suoi scatti propongono crea una sensazione pesante, che stringe il cuore dello spettatore, ora perso con la mente nelle lande aride e desolate della Giordania.
Federico Feliciotti è stato ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas

Oltre Petra, la Giordania attraverso le foto di Federico Feliciotti
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La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson

Tommaso Berra · 5 giorni fa · Photography

C’è qualcosa nelle foto di Tom Johnson che porta i soggetti ad essere sempre protagonisti fieri del momento immortalato. Che si tratti di progetti commerciali o di produzioni personali, il soggetti rappresentati dall’artista inglese sono sempre celebrati nella loro quotidianità e unicità.
Partito come fotografo per l’agenzia Magnum, ora Tom Johnson è un apprezzato fotografo con pubblicazioni e progetti internazionali, nei quali porta la sua predilezione per ambienti isolati come nuclei unici per i quali vale la pena raccontare storie al singolare.
Questa ricerca di imprimere storie autentiche si trasmette anche attraverso la narrazione dei momenti davanti ai quali si trova l’autore. Sul suo profilo Instagram con qualche riga ti testo è spiegato il momento in cui si è trovato davanti un buffo ragazzino con una cuffia da nuoto in testa, lo sguardo in camera di un signore che tiene in braccio un’oca finta o i passatempi di due gemelle vestite interamente di rosa.
Il movimento è senza dubbio un altro degli aspetti che non manca mai nelle fotografie di Johnson. Di questo prende l’espressività imprevista che crea nei soggetti e il momento, ancora una volta, unico, che non si ripeterà con la stessa esattezza o inesattezza, ma resterà una storia autentica.

La quotidianità autentica delle foto di Tom Johnson
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Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 

Giorgia Massari · 2 giorni fa · Photography

Tra meno di un mese, il 14 aprile 2023, a Londra inaugurerà l’annuale mostra di fotografia Sony World Photography Awards, giunta alla sua 16° edizione. Il progetto nasce da una collaborazione tra Sony e World Photography Organisation con l’obiettivo di celebrare i migliori fotografi provenienti da tutto il mondo, dagli emergenti ai professionisti. In attesa dell’inaugurazione che si terrà da Somerset House, SWPA annuncia i vincitori della categoria Open Competition, che concorreranno per aggiudicarsi il premio di Open Photographer of the Year 2023 e i cinque mila dollari in palio.
I giudici del concorso Open hanno ricevuto più di 200 mila immagini, il più alto numero di iscrizioni ricevute in sedici anni. Tra i numerosi scatti ne sono stati selezionati dieci, uno per ogni categoria stabilita. Natura e fauna selvatica, Ritrattistica, Street photography, Travel, Architettura, Lifestyle, Motion, Object, Natura morta, Paesaggio e Creatività sono i temi affrontati quest’anno.
Non dev’essere stata una scelta facile per i giudici e in particolare per Eric Scholsser, direttore artistica della Tbilisi Art Fair, giudice della competizione Open. Il risultato delle difficili scelte prese è la presenza di una varietà di stili, di luoghi e di colori che caratterizza ogni fotografia.

Tra i nomi internazionali in concorso c’è Giorgos Rousopoulous, che vince il premio per il miglior paesaggio, trasportando lo spettatore in Grecia, più esattamente nel Parco Nazionale di Pindus. Il miglior scatto Lifestyle di Azim Khan Ronnie mostra invece dei bambini di un villaggio in Bangladesh, ritratti in un momento di spensieratezza. Il premio per la categoria Architettura è vinto invece dal fotografo inglese Mark Benham con lo scatto The Silos, dai colori caldi e l’atmosfera metafisica.
Sono quattro gli scatti in bianco e nero che si aggiudicano i premi di categoria: Max Vere-Hodge con Ghosts (Viaggi), Dinorah Graue Obscura con Mighty Pair (Natura e fauna selvatica), Boris Eldagsen con Pseudomnesia (Creatività) e Andreas Mikonauschke con lo scatto Exhausted per la categoria Street Photography. Il bianco e nero si riconferma autentico e ribadisce che “una buona immagine non ha bisogno di colore”.
Sono invece preponderanti e brillanti i colori dello scatto vincitore della categoria Motion, aggiudicatosi da Zhenhuan Zhou, in cui il fotografo ritrae una cowgirl in sella a un cavallo in corsa, intento a frenare bruscamente per affrontare la curva. Dall’armonia cromatica sulla scala dei marroni è il ritratto di Charlie realizzato da Sughi Hullait (Ritratti) che racconta la storia di un gruppo di ragazzi inglesi che durante la pandemia costruirono uno skate park fai da te.
Il tema del riciclo e del rispetto ambientale è affrontato da Mieke Douglas nello scatto Recycled, vincitore della categoria Oggetto. Il suo scatto fluttuante ed etereo raffigura dei fiori fatti di carta e nastri che probabilmente galleggiano negli abissi, mettendo in luce una tematica delicata e attuale.
Il vincitore assoluto di questo concorso verrà annunciato il 13 aprile 2023 e darà il via alla mostra fotografica dell’anno, visitabile fino al primo maggio. 

Le migliori fotografie dell’anno secondo Sony 
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Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili

Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili

Giorgia Massari · 1 giorno fa · Photography

Nelle fotografie di Miloš Nejezchleb (1978) nulla si muove, tutto è immobile e statuario. Il fotografo ceco, vincitore di numerosi premi tra cui il Fine art Photographer of the year 2021, ha un approccio  fotografico concettuale e narrativo. I protagonisti sono spesso gruppi di persone, ritratti come manichini e tutti nella stessa posa rigida, come se fossero parte di una coreografia sincronizzata. Nella maggior parte dei casi i volti non sono visibili, privando i soggetti di una personalità e di caratteristiche specifiche. Questa scelta trasforma i corpi in sola materia, con l’unica funzione di comunicare attraverso le pose che Miloš decide di fargli assumere. Miloš Nejezchleb realizza infatti diversi scatti degli stessi soggetti, facendo loro cambiare posizione e creando così una narrazione in serie. Attraverso le fotografie, Miloš affronta argomenti sociali attuali e racconta storie personali ed emotive. Ne è un esempio la serie Stronger in cui Miloš mostra la rinascita della protagonista, a seguito di un momento di intenso dolore: le due versioni della stessa persona sono ritratte nell’atto di guardarsi negli occhi, scoprendosi e ricordandosi.  

Se da una parte la staticità degli scatti risulti asettica, dall’altra accentua la drammaticità del silenzio e colloca lo spettatore in un preciso momento sospeso nel tempo. I colori brillanti bilanciano la sensazione di inquietudine, donando un aspetto pop alle opere. L’estetica e l’armonia è ricercata quasi maniacalmente da Miloš, che cura ogni dettaglio in prima persona: dalla scenografia allo styling, dalla scelta dei luoghi alla post produzione.

Miloš Nejezchleb è stato recentemente ospite della mostra collettiva ImageNation a New York, dal 10 al 12 marzo 2023 a cura di Martin Vegas.

Il fotografo Miloš Nejezchleb invita a stare immobili
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