Osservando un lavoro di KangHee Kim – artista di origini coreane con base a Brooklyn – si ha l’impressione di avere di fronte a se uno scatto superficiale, realizzato da chi non presta in fondo troppa attenzione alla forma ma coglie un dettaglio nella speranza di fare un bel figurone per l’originalità del soggetto. Ma il primo sguardo sa ingannare molto bene perchè in realtà dietro a questa finta attitudine amatoriale si nasconde una padronanza del mezzo fotografico eccelso e una ragione ben precisa.
Gli scatti di HangHee Kim giocano con la realtà, quella più sporca, più cittadina, fatta di asfalto, scarti edilizi e pochi barlumi di natura cercando vie di fuga attraverso l’immaginazione. Grazie a un suo grandissimo alleato, la luce, l’artista coreana gioca con queste immagini attraverso manipolazioni impercettibili ma sognanti dove cieli dalle diverse sfumature si intrecciano tra i fili dell’elettricità di LA.
Un tentativo di fuga dai colori cupi verso una realtà altra. Non c’è da stupirsi che sia così considerando che KangHee Lee non ha possibilità di lasciare gli Stati Uniti per via di alcune restrizioni sul suo visto. L’unica via d’uscita per lasciare quella terra sembrano essere i suoi scatti.