In viaggio con gli scatti di Linda Pezzano

In viaggio con gli scatti di Linda Pezzano

Giulia Guido · 3 anni fa · Photography

Un viaggio silenzioso lontano del caos. Scoprire la fotografia di Linda Pezzano è stato esattamente così. 

Classe 1992, Linda ha studiato molto, prima presso il Centro Romano di fotografia e cinema, poi alla DOOR, specializzandosi non solo in fotografia, ma anche in regia, come attesta il suo cortometraggio “Basta Poco” di qualche anno fa. 

Oggi, Linda Pezzano lavora come fotografa e video-maker freelance e spesso i suoi progetti la portano ad affrontare lunghi viaggi, in paesi freddi come l’Islanda, sempre armata di macchina fotografica. 

Una selezione dei suoi scatti sarà esposta dal 27 novembre a Torino, per Ph.ocus – About photography nella sezione “Please, Stay Home” e per l’occasione ci siamo fatti raccontare da lei il suo lavoro. 

Non perderti l’intervista qui sotto!

Come ti sei avvicinata alla fotografia?

Sono nata a Trani, un piccolo paese sul mare, il 5 giugno 1992. 

Il mare era ovunque; a pochi metri del balcone della nostra cucina o quando accompagnavo mia mamma al lavoro. L’ho visto ogni giorno, per molti anni. Cambiava colore di continuo. Ho cominciato a chiedermi sempre più spesso come fosse racchiudere e “bloccare” tutti quei colori, ma niente di più. 

Un giorno, dopo aver letto il libro “Ritagli di cielo”, ho cominciato a scattare fotografie con gli occhi, insieme a mia madre; ci mettevamo sul balcone la sera, con gli occhi puntati verso il cielo e stringendo gli occhi, click, scattavamo una fotografia. E, alla fine, quando ho avuto la mia prima macchina fotografica in mano, mia madre è stata la prima persona che io abbia mai fotografato nella mia vita, è partito tutto da lei. 
Per il resto, sono cresciuta anche ripresa da una vecchia Canon di mio padre nei nostri numerosi viaggi. Non c’è una cosa che non abbia documentato durante la nostra infanzia, credo che abbia scattato fotografie in maniera quasi ossessiva. 
Ho preso da lui la passione per l’arte e per i viaggi.  
E la prima Kodak usa e getta me l’ha comprata proprio lui. 

Cosa ti piace raccontare attraverso i tuoi scatti? 

Ci sono dei momenti in cui guardo qualcosa e ho bisogno solo di osservare, fermare quell’attimo nei miei occhi, nella mia mente. Di questi anni porto con me tante fotografie, ma molte le ho scattate solo con gli occhi. 
Fino a quando scattare una fotografia diventa quasi un’esigenza, come un uragano che ti travolge, arrivando in maniera naturale e inaspettata. 

L’autoritratto lo vedo come una cura (d’altronde la fotografia mi ha salvato un bel po’ di volte). Fotografare me stessa e le persone che amo è la cosa che mi è sempre riuscita meglio insieme ai paesaggi. Questo perchè ho bisogno di creare legami, di immergermi nelle cose e di non restare in superficie.

Ci sono luoghi dove c’è un silenzio assordante e vedi la luce filtrare dagli alberi: lì per me è il momento di scattare una fotografia. Ci sono luoghi e persone che lasciano il segno dentro di noi. Il mio è un modo per dire che c’è tanta bellezza al mondo, ma personalmente fotografo solo ciò che mi tocca da vicino, in modo “diretto”.

Qualche anno fa per il progetto “Til Norðurs” hai fatto un viaggio in macchina da Roma a Reykjavik, documentando tutto con la macchina fotografica. Quali sono i principali ostacoli della fotografia di viaggio? Qual è l’attrezzatura necessaria? 

Si, io e Andrea Roversi siamo partiti da Roma in jeep arrivando fino in Islanda, passando per Austria, Germania, Danimarca e Isole Faroe. Al nostro ritorno il contachilometri segnava 10510 km. È stato un viaggio bellissimo. Prendere e partire senza sapere chi incontrerai e perché, quali posti vedrai, accompagnato da un vento che via via diventa sempre più gelido, credo che sia difficile da spiegare a parole. Tra l’altro ci sono luoghi che si può provare a raccontare attraverso una fotografia, ma che andrebbero visti e toccati con le dita per capire quanto siano meravigliosi. È una cosa del tutto soggettiva. 
Personalmente non ho incontrato alcun tipo di ostacolo. Ogni persona che abbiamo incontrato lungo la strada ci ha lasciato letteralmente un pezzo di sé. 

Vi faccio un esempio: un giorno eravamo a Funningur, un paesino vicino alla vetta più alta delle Isole Faroe, dove si narra che i vichinghi attraccarono le loro navi, fondando le isole. Ho cominciato a camminare e ho incontrato un signore che dava da mangiare alle proprie pecore.

Abbiamo cominciato a parlare, ma poco, in quanto avevo delle difficoltà a capirlo. Ma alla fine siamo riusciti ugualmente a comunicare. Mi ha portato in una casa, una delle prime mai costruite sull’isola, per farmela vedere, lasciandomi le chiavi in modo che io potessi avvisare anche Andrea. Lui sarebbe ritornato tranquillamente al proprio lavoro, con l’unica richiesta di lasciare le chiavi sotto la porta, una volta che fossimo andati via. Ecco, non credo che, purtroppo ormai, sia una cosa che capiti tutti i giorni. 

Personalmente ho sempre usato la Canon 6d e il 50 1,8 e con questa stessa attrezzatura sono partita. Insieme a una polaroid e alla vecchia cinepresa di mio padre. 

Da un punto di vista creativo e lavorativo come hai vissuto il periodo del lockdown?

Ho trascorso i mesi di lockdown a L’Aquila, con Filippo, il mio ragazzo (che l’anno prossimo sarà anche mio marito). E sono stati mesi a loro modo stranamente quasi belli, lenti, accompagnati da una dolcissima musica di pianoforte in sottofondo. Il Covid fortunatamente non ci ha direttamente toccati: abbiamo vissuto l’accaduto osservandolo da fuori e vedendolo sulla pelle di qualcuno che invece ci era vicino. Questa per carità, è stata una fortuna. Ho cominciato a scattare una fotografia alla stessa montagna che vedevo dal balcone, ogni giorno: con la neve, il sole, le nuvole rosa, la pioggia e la nebbia. Ho cominciato a fotografare Filippo, nei momenti più nascosti, ma non con la macchina fotografica, ma con gli occhi, ho cominciato a osservarlo piano. 

Alla fine sono nati gli autoritratti con Filippo, sono stati quasi un’esigenza. Sono arrivati in maniera naturale e spontanea; abbiamo provato a ricreare il mondo che avevamo costruito per noi, in una foto.
Volevamo che in quelle fotografie si percepisse la lentezza, il senso del lasciare andare il tempo, il senso del lasciare andare tutto, in generale. E quando parlo di lentezza, non mi riferisco a questa parola in senso negativo, anzi.

«Volevamo che in quelle fotografie si percepisse la lentezza, il senso di lasciare andare il tempo, il senso di lasciare andare tutto…»


Andiamo sempre di fretta, spesso non ci fermiamo nemmeno un attimo a guardare ciò che c’è attorno a noi. Guardiamo davanti a noi, ma quasi mai alziamo gli occhi al cielo o ci rivolgiamo a chi ci sta accanto. Filippo mi ha insegnato a fermarmi, a respirare, a stringere le mani un pò di più, ad allungare il tempo che non è infinito, ma si può benissimo provare ad allungarlo, perchè no.
E gli sono grata per questo, più di quanto si possa dire a parole.
In realtà ho deciso che ogni tot di tempo scatterò dei miei autoritratti insieme a lui. Vorrei che questo diventasse un progetto più ampio. Continuare a scattare fotografie mie e di Filippo per me sarebbe un modo molto semplice, reale e naturale di continuare a raccontare una storia.
Ho cominciato ad essere grata, nonostante la pandemia. Ho pensato di rientrare, nonostante tutto nella schiera dei fortunati.
Il segreto è pensare, ogni volta, che c’è qualcuno che non ha quello che abbiamo noi. Che ciò che per noi è una sfortuna, per qualcun altro è ancora peggio. Che finchè avremo il cielo sopra la testa, saremo sempre liberi.

Anche lavorativamente, ovviamente, è andato tutto a rilento.
Non ti nascondo che i momenti di sconforto non sono mancati, anche ultimamente, davanti a un’Italia che racchiude i teatri e i cinema all’interno del “tempo libero”.

Quando in realtà le fila di questo “tempo libero” vengono mosse da migliaia e migliaia di lavoratori, da ragazzi ed esseri umani pieni di sogni e di speranze, desiderosi solo di diffondere cultura.
Questo, in realtà, mi fa rabbia e non poca.

È dura a volte dover ricordare di esserci e quasi pretendere un riconoscimento che in realtà non dovrebbe esistere, perché l’arte di per sé è una cosa semplice e andrebbe vissuta senza alcuna complicazione. 

Se dovessi scegliere una fotografia alla quale ti senti più legata, quale sceglieresti? Perchè? 

Questa. È mia madre. Ho altre mille fotografie di lei e con lei, ma questa per me è diversa.

Ricordo tutto di quel giorno; eravamo sul balcone di casa a Trani, parlavamo, lei non voleva che le scattassi delle foto, si è commossa per una lunga storia e io poco dopo ho scattato questa fotografia. 
Non era un giorno come gli altri, o forse si, ma per noi era diverso.

Fa parte di un progetto, Echo, sul mio non – sentire e sul mio modo di interpretare e vivere il mondo (ho un’ipoacusia neurosensoriale bilaterale dalla nascita).
Mi serve per ricordare a mia madre che per molte cose non è colpa sua, a differenza di quanto possa ancora pensare lei. 

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Swatch rende omaggio al mondo dei Simpson

Swatch rende omaggio al mondo dei Simpson

Collater.al Contributors · 2 giorni fa · Style

I donut dei Simpson, i preferiti di Homer, sono entrati nel nostro immaginario come le ciambelle iconiche per eccellenza. Tanto da convincere Swatch a riprodurle su un orologio. SECONDS OF SWEETNESS é un omaggio al mondo dei Simpson e ai donut tipicamente americani amati da Homer. Insomma, questo Swatch ci fa subito venir voglia di fare il rewatch del diciannovesimo episodio dalla nona stagione dei Simpson dove Homer viene processato da Giant Donut.

Parliamo dell’orologio. Si tratta di un oggetto che gioca con il tema donut diventando immediatamente riconoscibile per gli amanti della serie tv. Il quadrante a forma di ciambella morsicata aggiunge un tocco divertente al modo in cui indossiamo Swatch, in questa occasione vestito di zuccherini. In più, l’orologio é disponibile anche con la funzionalità SwatchPAY!, utilissima nella vita di tutti i giorni.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è The_Simpsons_and_Swatch_Seconds_of_Sweetness_PR_2-1024x1024.jpg

Disponibile a partire dal 2 novembre, proprio in concomitanza con l’arrivo della 35esima stagione dei Simpson. Ma le sorprese non finiscono qui, i fan di Swatch e della serie animata saranno sorpresi da altri progetti che coinvolgeranno tutti i protagonisti della serie tv. Questo orologio arriva insieme al lancio di altri due prodotti sempre ispirati al mondo dei Simpson: WONDROUS WINTER WONDERLAND e TIDINGS OF JOY. Il primo riunisce i personaggi del cartone in versione pan di zenzero mentre danzano sul cinturino tempestato di neve, mentre il secondo immortala la famiglia Simpson mentre canta insieme in occasione della stagione natalizia. I due modelli sono già disponibili nei negozi Swatch e sul sito.

Swatch rende omaggio al mondo dei Simpson
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Tutti vogliono le Jadon di Dr. Martens in collaborazione con Ganni

Tutti vogliono le Jadon di Dr. Martens in collaborazione con Ganni

Anna Frattini · 2 giorni fa · Style

La scarpa Jadon compie 10 anni e Dr. Martens e ha deciso di festeggiare con una partnership inaspettata con Ganni. Ribellione e coolness insieme in uno stivale che, rivisitato, diventa ancora più iconico. Lo scatto che annuncia questa partnership, realizzato da Grant James-Thomas, é un chiaro segno della fusione di questi due marchi iconici. Disponibile dal 1 dicembre, scopriamo qualcosa in più su questa collab.

GANNI è un brand che ha fatto irruzione nei feed di tutti per i look bon ton ma anche smart, dimostrando un dinamismo unico nel suo genere. La componente giocosa e positiva delle sue collezioni assume un carattere progressista che ha permesso al brand danese di farsi conoscere diventando un fenomeno globale. Insomma, c’é tutto. Anche il logo a farfalla di GANNI. Uno degli aspetti più interessanti di questa scarpa, però, sta nel materiale: una combinazione di poliestere e materiali privi di pellame. Ci troviamo quindi davanti a una scarpa che – con ogni probabilità – andrà subito sold-out.

Il prezzo é di 285€ disponibili nelle taglie EU36 – 48 su ganni.com e drmartens.com, oltre che in alcuni negozi selezionati.

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Moncler sposa il futurismo di Rick Owens

Moncler sposa il futurismo di Rick Owens

Anna Frattini · 1 giorno fa · Style

La collaborazione annunciata oggi fra Moncler e Rick Owens ci porta in una dimensione nuova, vestita di capi meticolosamente progettati per adattarsi all’ambiente ricreato da Owens. Uno scenario sicuramente innovativo e fuori dal comune, uno “Sleep Pod” che fa da sfondo a tutti i look della campagna di lancio. Dalle foto sembra di vedere una tenda dal carattere arrivata dal futuro, un backdrop confortante e straniante allo stesso tempo.

Moncler x Rick Owens: i dettagli della collezione

Un progetto intimo, fortemente introspettivo, che ritroviamo nel concetto di silent sleeping pod ricreato da Owens. «A metà fra un meat locker e una tomba egizia» si legge sul comunicato stampa rilasciato dal designer americano. Un concept sicuramente accattivante che arriva con outfit matchy-matchy da indossare all’interno di questa realtà isolata da tutto ma non solo. In più, sullo sfondo delle foto di campagna è possibile intravedere il logo co-branded che vedremo su tutti i capi.

Usciamo un attimo da questo Sleep Pod e parliamo della collezione: le silhouette sono allungate e le imbottiture presentano un motivo a raggera interessantissimo. La palette, chiaramente, gioca su toni scurissimi con l’aggiunta di denim in cotone tinto e jersey di cotone organico insieme a nylon e cashmere sfumati dal blu al giallo acido. La varietà dei capi rimane uno degli aspetti più interessanti: flight jacket, puffer e piumini insieme a cappotti extra lunghi accompagnano gonne, pantaloni corti e top. Il denim, invece, è tagliato per realizzare tuniche, abiti e gonne, sciarpe ad anello e stivali shaggy insieme a una coperta trapuntata. Insomma, c’é tutto quello che potevamo aspettarci da una collaborazione di questo calibro in questa collezione.

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Tutti vogliono le UGG Palace Tasman per Natale

Tutti vogliono le UGG Palace Tasman per Natale

Collater.al Contributors · 6 ore fa · Style

Abbiamo già parlato tantissime volte di UGG negli ultimi tempi. Prima in occasione della collab con Collina Strada poi per raccontarvi la partnership con Seth Rogen e The Elder Statesman fornita di dettagli cozy luxury irresistibili. Torniamo quindi a parlarvi del brand per una buonissima ragione: il drop della seconda collaborazione con Palace lanciato proprio oggi. Da un primo sguardo alle immagini non si può che sognare di indossare le UGG Palace Tasman insieme ai Mitten e portarsi a casa il tappeto pensato con l’iniziale del brand di skateboard per eccellenza. Insomma, vogliamo tutto.

Le grafiche ricamate su tutte le componenti di questa collab sono tutte divertentissime, pop e ci fanno subito pensare a Palace. In occasione di questo lancio pre-natalizio, il brand londinese ha pensato a tutto, anche a un cortometraggio diretto da Adam Todhunter dove Alexis Taylor si cimenta in qualche canzone natalizia mentre attorno a lui i componenti dello skate team di Palace si scambiano regali di natale. Ci sono tutti: Lucien Clarke, Dino da Silva, Lloyd Hodgson e Cece Asembo.

La collab sarà disponibile nei negozi Palace e online su PalaceSkateboards.com.

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