Lorenzo Cereda ha lavorato nel laboratorio dello zio per 20 anni da quando ne aveva appena 14. Durante questo lungo viaggio è diventato interior designer ed ha iniziato a collaborare con importanti marchi di moda (Luis Vuitton, Saint Laurent, Chanel) senza dimenticare il suo primo amore : i metalli. Ama saldare e creare con le proprie mani ogni singolo prodotto lavorando sui dettagli e cercando di trovare il giusto equilibrio tra tinte, patterns e materiali.
Crescere praticamente giocando gli ha permesso di realizzare tutte le sue idee fino ad arrivare ad una concezione della progettazione più concettuale. I suoi spazi sono ”luoghi dove si è in grado di prendere fiato e ritrovarsi” nei quali ogni semplice forma è connessa con l’altra e unita dal colore.
Alle sue precedenti collezioni limited edition quest’anno aggiunge una serie di sgabelli dalle forme geometriche.
Parlaci un po’ di te, cos’hai imparato lavorando i metalli e cosa ti ha spinto ad estendere il tuo lavoro all’interior design?
Mi chiamo Lorenzo Cereda e sono un designer autoproduttore. Ho messo per la prima volta piede nell’officina di mio zio 20 anni fa iniziando a produrre piccoli pezzi per la mia casa e l’ambiente che mi circondava. Ho sempre amato i metalli: dal ferro all’acciaio, ottone e rame. Ho sviluppato una forte attenzione alle dinamiche e agli stili di vita, a come si interagisce con lo spazio e come lo spazio influenza i nostri sentimenti.
Perchè hai scelto di trasferirti e lavorare a Londra?
Mi sono laureato al politecnico di Milano nel 2010 ed ho iniziato a lavorare come interior designer tra l’Italia e Londra. Londra la sento veramente come seconda casa perché ci ho passato tanti anni della mia vita. La trovo una città che se presa a piccoli bocconi non ha rivali perché quello che offre da un punto di vista artistico, culturale e professionale è unico nel suo genere.
Hai appena partecipato al London Design Festival, parlaci del tuo progetto.
Si ho appena partecipato al LDF esponendo una collezione di quattro coppie di sgabelli presso Mad Atelier all’interno dell’esposizione collettiva: Reconstructing Lord Cecil. I proprietari della galleria, che un tempo era un vibrante pub, hanno voluto portare alla ribalta i fasti del passato in chiave contemporanea. I miei nuovi sgabelli si vanno ad aggiungere alle due precedenti collezioni.
Da cosa ti senti ispirato?
Gli oggetti che creo hanno in comune il fatto di avere forme primitive, volumi semplici , colori pieni. Per la maggior parte li produco usando ferro naturale e colorato ed acciaio inox lucido. Saldo, molo, freso, lucido vernicio. Ho un approccio al progetto più simile a quello di un artista che a quello di un designer. Mi lascio ispirare dalla materia e dalle linee che mi circondano. Oltre a saper lavorare i metalli ho allestito un piccolo laboratorio di ceramica. Lo trovo un approccio differente alla materia molto più calmo e delicato.
Nella sezione ”inspiration” del tuo sito abbiamo notato molti nomi interessanti. Prendendo quelli più importanti, cosa in particolare questi ti hanno trasmesso?
Tra le mie maggiori ispirazioni ci sono: Joe Colombo per la sua avanguardia, Ettore Sottsass per la visione della vita, James Turrel per il fatto di riuscire a riportarci a casa.
Un dream project?
Il mio dream project è quello di disegnare e realizzare in ogni sua parte un’abitazione. In attesa dell’occasione sto costantemente lavorando allo spazio in cui vivo.
Consigliaci un libro:
”The suble art of not giving a f*ck” di Mark Manson.