Vivere al limite tra realtà e sogno dev’essere come guardare gli scatti di Mino Pasqualone.
Mino Pasqualone, giovane molisano, è approdato nel mondo della fotografia passando prima da quello del design e dell’interior design. La macchina fotografica è il mezzo attraverso il quale Mino si racconta e dà vita a scenari e attimi intimi e surreali.
Alcuni scatti di Mino Pasqualone saranno esposti per Ph.ocus – About Photography nella sezione “Please, Stay Home”. Per l’occasione noi gli abbiamo fatto qualche domanda e ci siamo fatti raccontare nel dettaglio alcuni aspetti della sua fotografia.
Non perderti l’intervista qui sotto!
Come ti sei avvicinato alla fotografia e qual è stato il percorso che ti ha portato dove sei ora?
La passione per la fotografia nasce in tempi troppo lontani per poterne avere un vivido ricordo. Probabilmente avevo 6 anni quando mi fu regalata la prima Polaroid. La mia carriera, invece, parte più tardi, nel 2016, dopo aver completato gli studi ed aver conseguito la Laurea in Interior Design. Ho iniziato a lavorare come progettista freelance e contemporaneamente ho collaborato alla realizzazione di campagne pubblicitarie in quanto la fotografia è stata sempre un mezzo essenziale per comunicare al meglio i miei progetti. Da quel momento, realizzando ritratti ad amici e conoscenti ed iniziando a raccontare storie attraverso immagini sui miei canali social, ho riscontrato un grande apprezzamento da parte del pubblico che, nel giro di appena un anno, mi ha portato a cambiare rotta, ad iscrivermi ad un master di fotografia di moda e a trasformare quella che era una passione in un lavoro a tempo pieno.
Che cos’è per te la fotografia e cosa vuoi raccontare con i tuoi scatti?
La fotografia per me è ciò che non ha un nome e che si trova esattamente al centro tra la realtà e il sogno. Trovo che la fotografia sia il miglior mezzo per trasmettere sensazioni, emozioni, stati d’animo, non solo dei soggetti ritratti, ma soprattutto personali, di colui che è dietro l’obbiettivo.
Le mie fotografie raccontano sempre della mia vita, attraverso storie e personaggi fittizi, spesso fuori dal tempo, in dimensioni oniriche.

Parlano delle mie paure, parlano della mia storia, dell’amore, ma anche della felicità. Le location e i props giocano un ruolo essenziale nei miei racconti, infatti vengono scelti in base a quello che mi trasmettono, ancor prima dell’estetica, e spesso in base al filo rosso che mi lega ad essi.
Spesso, guardando le tue fotografie, abbiamo la sensazione di spiare i soggetti immersi nella loro intimità. Come avviene lo scatto?
Credo che la buona riuscita di una fotografia sia dettata dall’intimità che deve necessariamente instaurarsi tra chi scatta e chi posa. Una delle mie prerogative è quella di incontrare più volte i miei modelli prima degli shooting, per conoscerli, capire meglio della loro vita, dei loro drammi, delle loro debolezze, della propria identità.
Tutto ciò che traspare dalle mie fotografie è vero, non ha filtri, è semplicemente la resa in immagini di quello che i soggetti provano in quel preciso istante, senza essere influenzati dalla mia presenza. I miei racconti fotografici sono essenzialmente l’incontro di due storie: la mia e quella di chi posa per me.

Da un punto di vista personale e lavorativo, come hai vissuto il periodo del lockdown? Come è possibile trovare l’ispirazione rimanendo tanto tempo isolati?
Il periodo del lockdown della scorsa primavera è stato davvero triste. Viaggi cancellati, mostre chiuse, lavori posticipati a chissà quale data.

Ero molto provato e lo sono ancora oggi, ma ho comunque dovuto ingegnarmi affinché la depressione non prendesse il sopravvento. L’ispirazione, in certi momenti, nasce dalle proprie passioni, da quei pensieri e desideri che in altri momenti mai avremmo potuto realizzare. Quei progetti che spesso tieni da parte, ma a cui pensi sempre e non hai mai tempo da dedicare. Il mio personale progetto svolto durante i mesi di isolamento è nato proprio così. Essendo solo e non avendo a disposizione modelli, ho dovuto attingere a quello che mai avrei pensato di utilizzare come soggetto: me stesso.
È nata così una serie, lontana dai miei standard, ma ricca di significato. Una serie che mi ha portato a ricreare quasi tutte le tele di Caravaggio attraverso la fotografia (con una media di una ogni due giorni), ma nelle quali l’unico soggetto sono io. Può sembrare una celebrazione al mio ego, ma non è così. È invece un progetto dettato dalla costrizione all’isolamento e dalla voglia di evadere e non pensare all’emergenza sanitaria in corso.
Dopo un attento studio delle tele, attraverso l’auto scatto e la post produzione digitale, le opere hanno preso vita, in chiave quasi ironica, ma che lascia riflettere su come il virus abbia condizionato la nostra quotidianità e sul potere indiscutibile dell’arte e dei nuovi modi di comunicare.
L’estremo senso di solitudine che salta all’occhio guardando le foto, essendo io stesso l’unico soggetto degli scatti, è il segno tangibile di quei terribili ed infiniti giorni.
Una macchina fotografica, un cavalletto, abiti e stoffe trovate in casa e la luce, vera essenza del tutto. Quella stessa luce che in quei giorni sembrava essersi spenta, ma che necessitava solo di un click per riportare nelle nostre vite bellezza. In conclusione, credo che il lockdown sia stato un momento di profonda riflessione e che abbia incentivato i creativi a portare alla luce quello che durante un periodo di normalità, non avrebbe mai preso vita.

Lavorativamente parlando, ahimè, il nostro settore è stato duramente colpito e credo sia difficile fare, in questo momento, un concreto bilancio dei danni.
Quali sono le tue influenze? Chi sono gli artisti e i fotografi che segui?
Prima ancora dei fotografi, trovo la mia ispirazione e dedico il mio tempo alla consultazione di libri e pagine d’arte. A mio personale avviso, ciò che un fotografo, ma anche un amatore, deve fare per affinare la propria tecnica e la propria creatività, è studiare un manuale di pittura del ‘600. D’altronde, i diretti predecessori della macchina fotografica erano senz’ombra di dubbio il pennello e la tela. Parlando di fotografi, sicuramente seguo con piacere ed ammirazione le creazioni di Nicholas Fols, Alessio Albi e Tim Walker. Forse perché più vicini alla mia idea di immaginario fotografico ed armonia di forme e colori.




