Ricordate quella vecchia pubblicità inglese della Coca Cola girata da Nagi Noda? Un minuto e cinquanta secondi di surrealismo. Un finto stop motion senza effetti speciali in cui una ragazza, vestita di un tradizionale “rosso bevanda gassata”, usciva di casa lasciando dietro di sé scie di se stessa, scie composte da altre ragazze, rimaste immobili nella posa prestabilita dal passaggio della donzella, vestite e pettinate come la protagonista, che illudevano così l’occhio, troppo soggiogato dal gioco ottico per notare i particolari che avrebbero svelato la magia.
Osamu Yokonami, fotografo giapponese annata 1967, dopo una carriera fotografica incentrata sulla moda, le pubblicità e i ritratti, ha creato quest’anno questa serie personale incentrata sulla stessa illusione ottica.
Il progetto, basato sul tema della collettività e dell’individualismo, ha portato Osamu a fotografare un gruppo di ragazze di simile costituzione, vestite e pettinate nello stesso modo, in spazi selvaggi e naturali. In movimento nello scatto, pronte a correre tra verdi campi, a scalare montagne innevate, a osservare il mare, ogni ragazza sembra rappresentare un dato secondo del movimento di un’unica figura.
Stiamo guardando un gruppo di ragazze molto simili pronte a giocare tra di loro o un’unica ragazza e i suoi spostamenti solitari?
Punto cruciale del lavoro, come afferma lo stesso Osamu, è proprio questo: arrivare, osservando lo scatto, al momento in cui la personalità del singolo individuo scompare e appare l’esistenza del gruppo, che secondo il fotografo, è più portata ad esprimere la forza e la bellezza, rispetto al singolo individuo, essendo la collettività un fattore naturale.
L’espressività di questo giovane gruppo di fanciulle, un po’ vergini suicide nella loro attitudine, si manifesta in questi spazi liberi e sconfinati, filtrati da una leggera patina di nostalgia, colori ovattati, desaturizzati, movimenti spensierati ma malinconici. E a vedere queste ragazze che nella loro collettività esprimono solo che grazia, ci si pongono domande sul rapporto tra la singola personalità e il gruppo e sulla loro reciproca influenza. Insomma, Osamu, ora io mi sto chiedendo, davvero l’unione fa la forza?